Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Archeologia

Velletri antiquaria d’eccellenza

Dopo aver avuto occasione di richiamare alla memoria, in un precedente numero, la grande ricchezza storico-artistica di Velletri in epoca romana, è sembrato opportuno utilizzare questo appuntamento per sottolineare come l'antica cittadella laziale, grazie alla riscoperta dei monumenti del suo florido passato, venne a costituire, tra XVII e XVIII secolo, un centro di studi antiquari d'eccellenza.
Per tutta l'epoca moderna gli scavi nel territorio veliterno, ricco di lussuose ville di nobili famiglie e di facoltosi romani della tarda repubblica e di età imperiale, non smisero di restituire ingenti quantità di opere il cui eccezionale pregio artistico attirò costantemente l'attenzione di eruditi, di collezionisti e di semplici appassionati di antichità. Grande eco suscitò, ad esempio, il riaffiorare dal sottosuolo, nel 1625, della statua di Higieia, così come anche la scoperta della Leda con cigno, copia di un originale greco attribuito al grande scultore Timotheus, ben presto confluita nella collezione del marchese Giustiniani. L'acceso interesse dei Borgia così come degli Albani e dei Braschi sappiamo si appuntò invece intorno alla statua dell'Ermafrodita, rinvenuta nella contrada Colonnella nel 1794, mentre un numero notevole di opere classiche rinvenute in territorio veliterno andò ad adornare il palazzo del principe Ginnetti, che possedeva, tra i suoi preziosi pezzi scultorei, il gruppo delle Muse con l'Urania, copia romana di un originale prassitelico, ora conservata ai Musei Vaticani. Ma senza dubbio la scoperta che fece maggior scalpore fu il rinvenimento, nel 1784 presso la chiesa di S. Maria delle Nevi, delle lastre architettoniche in terracotta, immediatamente entrate a far parte del ricco museo di casa Borgia, creato sulla scorta dell'instancabile attività del Cardinale Stefano, allora prefetto della congregazione di Propaganda Fidae (organismo per le missioni all'estero). Si trattava di un museo all'avanguardia per l'epoca, organizzato per classi, tra cui spiccavano per ricchezza le sezioni etrusca e volsca. Tappa ineludibile durante il Grand Tour, il Museo Borgiano con i suoi preziosi pezzi fu dallo stesso Cardinale dichiarato a disposizione di tutti gli studiosi interessati al mondo antico. E a disposizione dei curiosi e degli antiquari vi erano in primo luogo le succitate terracotte volsche così come la preziosa testimonianza epigrafica della tabula veliterna, un documento inciso su 4 linee con alfabeto latino, ma in lingua volsca. Alla morte del Cardinale la collezione di manoscritti passò alla Biblioteca della congrega, mentre gli altri beni furono oggetto di trattative tra l'erede Borgia, il principe di Danimarca e il Regno di Napoli, dove trovarono posto nel Reale Museo Borbonico.
In linea generale le scoperte di antichità in territorio laziale e in modo specifico quelle in territorio veliterno ebbero il merito di mantenere vivo l'interesse per il patrimonio storico e al contempo diedero un impulso decisivo alla nascita di importanti associazioni scientifiche, tra cui si deve citare l'Accademia Volsca Veliterna, fondata da Clemente Erminio Borgia e Domenico Antonio Cardinali nel 1755. Nata inizialmente come società letteraria, sotto la guida di Stefano Borgia l'Accademia divenne centro di aggregazione dai nomi emergenti dell'archeologia (Carlo Fea e Ennio Quirino Visconti), della numismatica (Domenico Sestini) e delle altre discipline dell'antichità raggiungendo il suo massimo sviluppo. Essa infatti, assieme all'Accademia Etrusca di Cortona, istituzione di cui era "Lucumone" il medesimo Cardinale a partire dal 1796, divenne un centro di cultura antiquaria tra i più importanti d'Europa e la scoperta della Pallade di Velletri nel settembre 1797 ne accrebbe ulteriormente la fama. I documenti pubblicati per le celebrazioni di questo ritrovamento evidenziano l'eccezionale livello di comprensione dell'arte antica cui si era pervenuti: ben acquisita si dimostra, ad esempio, la coscienza della policromia dei marmi antichi, così come la consapevolezza di possedere copie romane in marmo di originali greci in bronzo. Velletri divenne, con la sua Pallade, il centro delle celebrazioni degli antichi splendori romani e Stefano Borgia venne onorato quale novello Augusto di Velitrae. La statua più celebrata tra le numerose rinvenute nel territorio, oggi al Louvre, è a grandezza maggiore del vero (h. 3.05 m) ed è una copia in marmo (ascrivibile alla metà del II secolo d.C.) di un originale in bronzo di pieno V secolo, probabile opera di Kresilas. Questo capolavoro divenne oggetto di visite costanti da parte di estimatori italiani e stranieri e tale rimase almeno sino all'aprile del 1798, quando venne sequestrato dai francesi e ricoverato, per i restauri, a Roma, a Palazzo Farnese. Nel 1802 la statua, dopo varie vicissitudini, lasciava il porto di Napoli per il territorio francese: lo stesso Napoleone Bonaparte, che di lì a poco ne avrebbe fatto il nume tutelare del suo impero, veniva informato del successo della spedizione.
La riscoperta della Pallade costituì uno dei momenti più importanti della storia dell'antiquaria in Italia e diede nuovo impulso agli scavi da parte dei singoli proprietari di fondi in zona veliterna. Se ciò portò alla scoperta di nuove opere d'arte ciò si accompagnò ad una sistematica distruzione delle strutture architettoniche relative alle ville suburbane i cui resti oggi risultano troppo spesso inintelligibili o completamente perduti.

Per la rubrica Archeologia - Numero 78 febbraio 2009
Maria Barbara Savo |
Per la rubrica Archeologia - Numero 78 febbraio 2009