RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Teatro

Un “Festival di Festival”

Tra le poche belle novità nell'ambito della cultura indipendente romana di questi ultimi anni c'è da registrare l'eccezionale lavoro condotto dai ragazzi dell'associazione culturale Semintesta a Frascati, ideatori e organizzatori dal 2001 del festival Frammenti. Di festival culturali in Italia, soprattutto d'estate, ve ne sono a centinaia, cosa ha Frammenti di particolare? Personalmente sono attratto da una concezione non settaria e non rigorosamente monodisciplinare delle arti, ed assistere ad un'iniziativa che riesce a coniugare teatro e cinema e arti visive e musica e letteratura non può che farmi un immenso piacere. Contemporaneamente la programmazione dei vari eventi all'interno del Festival acquista ora una fisionomia più marcata portando Frammenti ad essere "festival di festival".
I tre spettacoli andati in scena rappresentano significativi spaccati del teatro indipendente, anzi direi della fisiologica evoluzione dell'indipendenza teatrale. Troviamo infatti una compagnia molto giovane, la Bluebox Project, che con lo spettacolo Venti palesa tutto l'entusiasmo, la voglia di stravolgere linguaggi e tradizioni, ma anche tutta l'inesperienza tipica delle compagnie giovanili. Si è trattato di un lavoro potenzialmente interessante, ma anche segnato, a mio avviso, da una specie di "affanno", alla destrutturazione narrativa che ha messo a dura prova l'attenzione del pubblico. Poi una compagnia più matura, Opera Decima Teatro, che con Il neonato refrattario, si confronta con un genere drammaturgico particolarmente delicato, il teatro dell'assurdo. In questo caso l'operazione riesce, il lavoro è certamente tipico del teatro dell'assurdo, mi sembra, però, che la messa in scena denunci una vocazione quasi didattica, calligrafica, accademica, nell'affrontare qualcosa che è "genere" solo nei manuali di storia del teatro ma che sul palco dovrebbe sapersi slegare dalla necessaria adesione a cliché tutto sommato scontati. Infine Andrea Trapani che in coppia con l'autrice e regista Francesca Macrì calca da tempo i palcoscenici romani (e non solo) con l'alias di Biancofango. In punta di piedi è un monologo-dialogo tra due personaggi - il "Mister" di una squadra di calcio e "Mastino", un giovane relegato dal Mister in panchina-, condotto con un profilo minimalista, senza scenografia, poche luci, pochi colori. Un bel lavoro, accurato, ben scritto, ottimamente recitato, che non annoia mai e che riesce con acume ad entrare nella psicologia dei personaggi narrati.

Per la rubrica Teatro - Numero 76 novembre 2008