Con questa definizione Giovanni Ragone, nel bel libro L’editoria in Italia. Storia e scenari nel XXI secolo, disegna il profilo dell’attuale fase storica dell’editoria caratterizzata dall’integrazione dei processi digitali: le tre generazioni precedenti vengono raccontate nel libro dallo stesso autore, che mette in evidenza come fare la storia dell’editoria significhi “indagare sui processi culturali, comunicativi e di mercato che cambiano la nostra mente, in un passaggio rapido ed epocale dalla modernità alla società delle reti.”
E’ inutile sottolineare l’estremo interesse che questo libro ha per il mondo delle biblioteche e per tutti i soggetti che girano intorno ai media: ci piace pertanto riportare alcune delle considerazioni emerse all’interno del vivace dibattito che si è svolto a Roma in occasione della presentazione del libro, il 31 maggio presso la Discoteca di Stato.
Le nuove modalità di produzione di contenuti attraverso le nuove tecnologie tendono sempre di più a smaterializzare gli oggetti, trasportando i contenuti in spazi virtuali, dando vita ad un forte rinnovamento nella fruizione del prodotto culturale. I new media ci hanno abituato all’integrazione tra immagini suoni e testi, sviluppando nuove forme d’espressione e ampliando le possibilità di integrazione tra le arti.
Ogni nuova tecnologia nel momento in cui viene introdotta nella società e diviene uso di massa, provoca inevitabilmente reazioni di rifiuto e di paura da una parte, mentre dall’altra ne vengono esaltate le potenzialità e l’utilizzo. Ma la storia ci insegna che quando critici, sociologi, esperti del settore abbassano i toni, la società ha già iniziato a fagocitare il nuovo mezzo, ridisegnandone il profilo e l’identità.
La radio la si dava per spacciata con l’ingresso della tv, ed oggi invece il piccolo mezzo ha riacquistato una popolarità inaspettata, conquistando un pubblico soprattutto giovanile che si entusiasma all’ascolto di bravi conduttori e preferisce Fiorello su Radio Due ad Amici di Maria De Filippi. Pronte, le industrie di software, ci hanno consegnato tra le mani quella tecnologia nana che è l’iPod, permettendoci di scaricare programmi radio e ascoltarli a piacimento attraverso i podcasting.
Le nuove tecnologie sembrano perciò rispondere ad un’esigenza forte espressa dagli utenti: l’essere attivi, partecipare al contesto, lasciare la propria impronta, rifiutando la passività; la parola d’ordine è l’interattività.
Il blog, Music Space sono il frutto di una società che ci chiede di saper interpretare positivamente un termine storicamente usato con accezione negativa: l’individualismo, per la sua capacità di esprimere e interpretare emozioni ed idee, inventando nuovi spazi di condivisione e nuove comunità, che pur virtuali stimolano le persone alla socialità e all’intraprendenza.
In tale scenario la questione libro, che dall’avvento del digitale e dall’arrivo di tecnologie quali print on demand, o prodotti come l’e-book è protagonista ancora una volta di accesi dibattiti, che evocano quelli di anni lontani tra apocalittici e integrati: medium da conservare o da trasformare? La cultura del libro non scomparirà, ma non è detto che non si debba modificare (Giovanni Ragone), e su questo la nuova e vecchia industria editoriale dovrebbe iniziare a riflettere. Che ci sia un’evidente discrepanza tra la domanda di contenuti culturali e l’offerta è evidente, oggi l’editore non riesce a soddisfare quello che nuove figure professionali, quali i content provider, riescono invece a fare, offrendo ambienti digitali e multimediali flessibili che organizzano servizi rivolti all’informazione, alla cultura, all’intrattenimento.
Il modo di fare editoria tradizionale non guarda ai nuovi utenti e il mercato editoriale continua ad essere dominato dai grandi gruppi, mentre i piccoli e medi editori rimangano strozzati dalle difficoltà del sistema distributivo e dal diritto del libraio alla resa del libro.
L’esperienza della casa editrice svedese che ha utilizzato il print on demand, ossia la stampa su richiesta in tempo reale, è emblematico, e rappresenta l’esempio di un piccolo editore che rischiava di scomparire e che è invece emerso costruendosi un mercato di nicchia.
La figura dell’editore, nello scenario che stiamo raccontando, deve acquisire nuove competenze, deve ridisegnare il suo profilo recuperando un ruolo antico che l’editore aveva: quello di mediatore di conoscenza. La produzione di ambienti digitali articolati in servizi che supportano il libro, offrendo al lettore la possibilità, per esempio, di scaricarlo, stamparlo richiederlo, è una delle tante potenzialità che l’integrazione tra il medium libro e le nuove tecnologie possono offrire. Nell’incontro di Roma si è evidenziata però l’esigenza che la tecnologia la si deve conoscere, e ciò richiede l’ingresso dentro il mondo editoriale anche di nuove figure professionali. Ma il mondo dell’editoria non risulta essere unanime nell’analisi e nelle prospettive: da una parte si è espressa la perplessità di fronte al cambiamento, mettendo in risalto che l’ editoria on line, la stampa in tempo reale rischia di dequalificare i prodotti, e che si potrebbe arrivare ad una omologazione culturale; dall’altra invece sono emerse posizioni che guardano con interesse al cambiamento, alla trasformazione che il digitale potrebbe comportare per l’industria editoriale, prefigurando finalmente una concorrenza sana tra la piccola e media editoria e i grandi gruppi.
L’editore che guarda in avanti, in tale scenario, mette in discussione anche il proprio profilo professionale, ponendosi la domanda cosa produco, come lo produco, ed è portato ad orientare la filiera produttiva più sull’offerta di servizi che sul prodotto in sé.
Rispondere alla domanda di contenuti attraverso servizi multimediali, flessibili, volti ad un target particolare è la posizione espressa da quegli editori propensi alla trasformazione dell’industria editoriale in un’ industria di servizi, che efficacemente utilizza le nuove tecnologie per ottimizzare tempi e costi di produzione: è tale processo di trasformazione, già in atto, che Ragone definisce editoria di quarta generazione.
In un periodo di grande trasformazione editoriale, dove il digitale subentra al cartaceo, dove le case editrici diventano più fornitrici di servizi che industrie della carta stampata, noi bibliotecari, oltre a riflettere sul dibattito in corso ospitando l’articolo di primo piano, non rinunciamo a suggerire letture per l’estate, perché sfogliare un buon libro, sentire l’odore della carta nuova od usata, tornare indietro a rileggere le frasi che più ci hanno colpito, è uno dei piccoli grandi piaceri che possiamo continuare a concederci oltre l’uso delle nuove tecnologie e soprattutto d’estate, quando i tempi sono più dilatati ed il libro, caro compagno di languide letture sotto l’ombrellone, ci schiude in tutta il suo calore i suoi universi di ricchezza.