Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Sistema Territorio

dove ci porta LA VIA FRANCIGENA?

Immagine tratta dal film

Chi ha ammirato l'Armata Brancaleone, uno dei film capolavoro del cinema italiano, ricorda sicuramente il Monaco Zenone, interpretato da Enrico Maria Salerno, che seguito da una schiera di pellegrini si dirigeva alla volta del Santo Sepolcro a Gerusalemme pronunciando il motto catartico «Sarai mondo se monderai lo mondo!».
L'eterogeneo e cencioso gruppo di pellegrini seguaci del Monaco Zenone rappresenta, con una certa aderenza alla realtà storica, un fenomeno sociale e religioso che nella storia del Medioevo europeo ebbe una notevole e articolata diffusione, quello delle tre peregrinationes maiores.
Tre infatti erano le destinazioni di maggior prestigio per questa umanità migrante: Roma, luogo del martirio dei Santi Pietro e Paolo, Santiago de Compostela, alla volta della tomba dell'apostolo San Giacomo e Gerusalemme, la Terra Santa. Tre simboli accompagnavano i viandanti, la croce per quelli diretti a Gerusalemme, la chiave per Roma, la conchiglia per Santiago de Compostela.
Il percorso che il pellegrino percorreva per raggiungere Roma prese il nome di Via Francigena, cioè dei francesi, anticamente chiamata Via Francesca o Romea e detta talvolta anche Franchigena. È il tragitto di un pellegrinaggio compiuto per la prima volta da Sigerico arcivescovo di Canterbury nel 990, che narrò le vicende del suo viaggio da Canterbury in Inghilterra a Roma, dove venne ricevuto da Papa Giovanni VI. Sigerico impiegò 79 giorni per compiere tutto il tragitto, percorrendo ogni giorno la distanza media di circa 20 chilometri.
Il percorso si sviluppa per la lunghezza di circa 1.600 chilometri: da Canterbury si giunge a Dover per attraversare la Manica; da Calais si attraversa la Francia e la Svizzera per giungere fino alle Alpi, che vengono attraversate al colle del Gran San Bernardo. Sul territorio italiano la via Francigena si sviluppa per circa 900 chilometri partendo dalla Val d'Aosta, scendendo poi verso Vercelli e attraversando Pavia, Piacenza e Parma. Valicati gli Appennini, da Pontremoli si scende a Lucca, San Gimignano, Siena e Viterbo, per giungere a Roma.
Nei secoli successivi, a causa degli ostacoli naturali e dei pericoli presenti sulle strade medievali, si svilupparono itinerari alternativi, il tracciato o, meglio, i tracciati della Via Francigena divennero parte di una rete di percorsi che caratterizzava l'Europa dei pellegrinaggi e metteva in relazione tutti i maggiori centri della spiritualità medievale.
I sentieri attraversati dai pellegrini facilitarono il transito di culture e di esperienze, bagaglio di persone provenienti da luoghi distanti e sconosciuti. In un'epoca di grande difficoltà nelle comunicazioni il passaggio dei pellegrini da un angolo all'altro del Vecchio Continente portò alla diffusione delle diverse tradizioni europee, influenzando la letteratura, l'arte, l'economia e la politica.
Il termine pellegrino proviene dal latino peregrinus, da per + ager (campo), inizialmente usato per designare coloro che vivevano in contesti extraurbani, quindi ai margini delle trasformazioni socioculturali, in seguito per indicare chi intraprendeva un viaggio spesso pericoloso e difficile per conseguire benefici spirituali.
La preparazione per la partenza assumeva la dicotomia di un viaggio che i pellegrini affrontavano su piani diversi, quello spirituale e quello materiale.
Prima di intraprendere il cammino veniva celebrata una messa per benedire il viandante, il quale chiedeva perdono a tutti coloro che aveva offeso, dopo la confessione disponeva del testamento fissando un termine oltre il quale poteva essere considerato morto; spesso i ricchi effettuavano donazioni di beni alla Chiesa con condizione di ricevere un usufrutto in caso di ritorno, a sua volta la Chiesa si impegnava anche a dare una sorta di pensione alla vedova e agli orfani del pellegrino morto in viaggio.
Completati i preparativi spirituali si passava all'aspetto pratico del viaggio. Contrariamente agli antichi penitenti che percorrevano il viaggio scalzi o addirittura con catene e altri strumenti di penitenza, i pellegrini, pur nella semplicità, si differenziavano dai normali viaggiatori per la specificità dell'abbigliamento: l'immancabile bordone, bastone con la punta in ferro, valido supporto per il viaggio ma anche arma di difesa; la bisaccia, borsa di piccole dimensioni perché il pellegrino doveva far ricorso necessariamente alla pratica dell'elemosina; la schiavina, veste di panno ruvido che poneva al riparo dalle intemperie unitamente a un corto mantello e un cappello a tese larghe.
Una volta partito il pellegrino doveva affrontare le fatiche di un viaggio lungo, scomodo e rischioso, difficoltà proprie di tutti i pellegrinaggi, ma particolarmente accentuate in quello che era considerato il percorso più prestigioso, la Via Francigena del Sud che da Roma scendeva verso il basso Lazio, attraversando la Campania e la Puglia, giungendo a Brindisi e da lì, via mare e nuovamente via terra, fino a Gerusalemme.
Dopo l'interesse suscitato dalla "riscoperta" del Cammino di Santiago de Compostela negli anni '70, anche in Italia nacque l'interesse per la Via Francigena. Ovviamente l'antico percorso giaceva quasi interamente sotto l'asfalto delle moderne vie di comunicazione che, nel corso dei secoli, si erano sviluppate sul tracciato di quelli che furono i principali assi stradali dell'età romana e del Medioevo.
Da oggetto di studio questo antico itinerario dello spirito è divenuto meta di neopellegrini e di amanti della Francigena che, con vernice e pennello, hanno cominciato a segnalare sentieri e percorsi. Dove possibile si è ricalcato il tracciato originario, ma non sempre è stato possibile ricostruire un itinerario che nel corso dei secoli ha subito modifiche a volte rilevanti per via della crescente urbanizzazione dei territori europei. In seguito alle esperienze positive per i paesi coinvolti nel fenomeno di riscoperta e rivalutazione del Cammino di Santiago de Compostela, il Consiglio d'Europa ha riconosciuto nel 1994 la Via Francigena come Itinerario Ufficiale del Cammino d'Europa, considerandola un prezioso patrimonio storico, culturale e turistico.
Sulla scia di questa azione di recupero delle potenzialità turistiche ed economiche delle grandi vie storiche e degli antichi percorsi di pellegrinaggio, la Regione Lazio ha individuato deflle strategie atte a favorire la presentazione di progetti, da parte delle API (Aree di Programmazione Integrata) mirati a valorizzare il patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale dei territori attraversati dai percorsi dell'antica via.
Per l'attivazione delle risorse stanziate dalla Giunta regionale è stato scelto il criterio di favorire un processo di maggior cooperazione programmatica tra i diversi soggetti capofila di API; per questo la Regione ha promosso un Piano di valorizzazione integrata che ha come oggetto la valorizzazione dell'antico tracciato della Via Francigena a Sud di Roma, che attraversa anche il territorio dei Castelli Romani. Su questo tema si è riunito un tavolo di lavoro che vede cooperare, per la realizzazione di un unico ma articolato progetto, le seguenti API: Castelli Romani, Monti Lepini, Latina Tellus, Monti Ausoni, Golfo di Gaeta - Monti Aurunci - Isole Pontine.
Il coordinamento delle API dovrà realizzare degli itinerari storico-culturali di valenza europea che abbiano come meta il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

  • la valorizzazione del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale;
  • la rilettura dell'unità del territorio regionale per concentrare investimenti infrastrutturali e promozionali;
  • il sostegno di quelle forme di pellegrinaggio contemporaneo di tipo culturale, religioso, turistico e ambientalista, realizzando itinerari pedonali, ciclabili e automobilistici;
  • costituire una rete di fruizione che valorizzi anche il patrimonio fisico e immateriale meno conosciuto dislocato nei territori interessati.

Il Piano di valorizzazione integrata ha sicuramente una positività di fondo, quella di far dialogare e cooperare tra loro realtà territoriali vaste e complesse, esigenza sempre più necessaria in un mondo che vede la diminuzione progressiva delle distanze temporali e culturali.
Resta una considerazione da fare: se l'eredità del passato ha il fondamentale compito di ricordarci da dove veniamo e di quali siano le radici della nostra storia, nondimeno è necessario progettare lo sviluppo del futuro del nostro territorio sapendo dove vogliamo andare.

Per la rubrica Sistema Territorio - Numero 69 marzo 2008