RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Storia locale

L’economia vitivinicola ai Castelli: storia e tradizione, alla scoperta di cosa “sta dietro” alle feste e sagre dell’uva e del vino

“Terreno fertile” per le feste dell’uva…

Parte seconda: Dalla concessione di terre alla repressione fascista

Stand espositivo del Comune di Lanuvio

La Commissione per le assegnazioni dei terreni ai reduci castellani (concessi nel 1919 con il decreto Visocchi) lavora con lentezza.
Dal canto loro i latifondisti, anche per far fronte all'eccessiva riduzione del prezzo del vino sul quale è stata appena introdotta una sovrattassa, e rassegnati all'atteggiamento di distanza dello Stato, si sentono autorizzati a cercare autonomamente un modo per difendere i propri interessi: nelle loro vigne ricorrendo ad una vigilanza privata, nei confronti della sovrattassa sul vino facendo in modo di "aggirare" la legge. Nel 1920 fondano l'Unione tra i viticultori della Provincia di Roma.
Mentre i piccoli proprietari, privi di precisi riferimenti sul piano sindacale o politico, lamentano il fatto di dover essere i soli ad applicare con rigidità contratti che i latifondisti mai rispetteranno, e cercano anch'essi soluzioni di convenienza, emergono divisioni nello stesso movimento contadino, per la precarietà delle conquiste compiute e l'incapacità delle leghe di costringere gli agrari a rispettare i patti stabiliti: il problema disoccupazione riaffiora drammaticamente, e il collocamento è ancora una conquista instabile e poco efficace, cui viene spesso preferita la trattativa privata. A ciò si aggiunge la crisi vinicola che si prospetta per il 1922... mentre si torna a scioperare per salari e orari di lavoro, dalle regioni più vicine si proietta l'ombra delle azioni squadriste, impegnate dal padronato per produrre una "pacificazione" che sa di punizione per il movimento contadino.
Le iniziative del "biennio rosso", per quanto organizzate, non hanno rappresentato una vera e propria 'rivoluzione'. In nessuna delle occupazioni delle terre ad Ariccia, Genzano, Albano, Velletri, Grottaferrata, Frascati vi è mai stato un vero e proprio disegno politico di sovvertimento dell'ordine esistente: si è quasi sempre puntato ad intese concrete con i proprietari per la difesa dei salari e dell'occupazione, più che alla conquista di una socializzazione della terra.
Il mondo contadino castellano nel suo complesso ha un forte interesse alla formazione di una proprietà individuale piuttosto che collettiva, e guarda ai vari leader socialisti - poi affiancati, dal 1921, anche dai comunisti - più che altro come un "bastone" a cui sorreggersi nei momenti di difficoltà, pur contando i Castelli - soprattutto a Genzano e Albano - rappresentanti di spicco e grande impegno politico, che metteranno più volte a repentaglio per la causa la propria stessa vita.
Le masse continuano a regolarsi secondo ciò che più conviene loro di volta in volta, al di là dell'orientamento rivoluzionario o riformista del leader di turno. E questa tendenza si conserverà anche dopo la guerra, contribuendo a rallentare la presa del fascismo.
Episodi di violenza squadrista nei Castelli Romani non si verificano, infatti, prima della marcia su Roma, con un ritardo cioè di almeno due anni rispetto al resto d'Italia (e del Lazio). Cessano comunque a partire dal 1923 le occupazioni di terre e le proteste contro i proprietari. Il patto agrario di Lomellina abolisce il diritto di sciopero, demandando la composizione delle controversie economiche ad una commissione arbitrale presieduta da un rappresentante del partito Fascista. Un nuovo decreto abolisce inoltre il precedente (Visocchi) sulle concessioni di terre. La Federterra a Roma viene assaltata e chiusa. Le amministrazioni comunali liberamente elette vengono costrette alle dimissioni.
Le aggressioni e i disordini dovuti allo squadrismo si diffondono a macchia d'olio tra il 1924 e il 1925, con l'appoggio delle forze dell'ordine, senza particolari resistenze, fatta eccezione per Albano e Genzano, dove culminano nell'uccisione di Salvatore Buttaroni. In molti casi le violenze, per timore di vendette e sfiducia negli organi di polizia, non vengono neppure denunciate. Ciò ridà forza ai proprietari, che nelle campagne per lo più riescono a reimporre condizioni di lavoro semifeudali.
Nell'animo della gente, prostrata fisicamente e moralmente, si diffonde l'antifascismo. Il governo, per trovare nuovi consensi, il 12 settembre abolisce la soprattassa sul vino. Seguono una serie di misure per contenere l'aumento dei prezzi, in particolare su farine, pane e pasta.
È in questi duri anni che Leone Ciprelli (al secolo Ercole Pellini), poeta e commediografo romanesco di famiglia marinese, ha l'idea di far versare dalle boccole della fontana marinese "dei quattro mori" il vino di Marino: è il 1924, si ha bisogno di speranza, e di "aria nuova" per l'economia vitivinicola di queste terre. La prima edizione "ufficiale" della Sagra dell'Uva - prima in Italia - si ha a Marino nel 1925. Non è un caso che, probabilmente sulla scorta del successo della sagra marinese, l'anno successivo il Ministero dell'Agricoltura promuova l'organizzazione di "Feste dell'uva" sull'intero territorio nazionale, con l'intento di facciata di esaltare la fatica dei viticultori e valorizzarne il prodotto, in realtà per potenziare l'enologia riacquisendo consensi specie tra i contadini. Nel 1930 lo stesso Ministero suggerisce ai vari "Dopolavori Comunali" italiani l'organizzazione di "Feste della vendemmia", con carri preparati dalle singole fattorie o frazioni. Tutto ciò ben si concilia con l'ideologia fascista che si serve volentieri della rivalutazione delle antiche tradizioni di Roma (feste dei bacchanalia, dei vinalia...).
Dallo spunto geniale di un artista, dunque, l'idea di una bandiera da esibire.
Scopo forse non così nobile, ma che ha comunque l'effetto di ridare un forte impulso all'economia dei nostri territori. È di questi anni (1930) anche la prima edizione della Festa dell'Uva e del Vino a Velletri (mentre per quelle di Colonna e Lanuvio si dovrà attendere la fine degli anni Cinquanta). Singolare una notizia di "Festa dell'uva" organizzata nel 1932 a Villa Borghese, a Roma, dal governo fascista, di cui pubblichiamo una foto raffigurante lo stand di uva dei lanuvini; molti paesi della campagna romana - raccontano gli anziani di Lanuvio - vennero invitati in rappresentanza a Roma in quell'occasione ad esporre i propri prodotti.
Nonostante tale "floridezza" di facciata, lo sforzo per organizzare queste feste è immane. Nel corso degli anni Trenta i contadini dei Castelli, prostrati dalla crisi vinicola e dalla crescente disoccupazione, non più padroni dei propri prodotti perché obbligati a portarli agli ammassi, cercano di trarre dalla terra almeno il necessario per la sopravvivenza; le donne oltre che lavorare nei campi si improvvisavano sarte, raccoglitrici di fiori, balie, donne di servizio...

Per la rubrica Storia locale - Numero 66 novembre 2007