Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Cinema

Un mito romantico duro a morire

Riflessioni sui temi di Non ti muovere (libro e film)

Di che cosa parla, che cosa ci racconta Non ti muovere, il film di Castellitto tratto dall'omonimo romanzo di Margareth Mazzantini, ancora oggi in testa alla classifica dei libri più venduti di narrativa italiana? A che cosa dobbiamo tanto successo di pubblico per il libro come per il film?
Non voglio entrare qui nel merito letterario del testo, o nel giudizio critico sul film. Mi va di soffermarmi sui contenuti, sulla storia raccontata, sui personaggi...perché ci ho messo un po' di tempo a capire cosa mi avesse disturbato nella storia letta e vista, per interpretare quel senso di frustrazione, di sconfitta che ho sentito insinuarsi in me e al quale lì per lì non sono riuscita a dare una spiegazione.
Che cosa ci raccontano dunque la Mazzantini e Castellitto?
Una storia d'amore, mi hanno risposto in molti, anzi qualcuno mi ha addirittura risposto che il film parla d'amore, tout cour! Forse è vero mi sono detta e già qui si potrebbe scovare una ragione del suo grande successo. Le grandi storie d'amore non finiscono mai di appassionare, di sedurre di coinvolgere...Ma di quale amore ci hanno raccontato gli autori?
Di un amore impossibile, oltre che molto improbabile, spezzato ancora prima che i due protagonisti lo potessero vivere fuori della violenza, della clandestinità, dell'ipocrisia, della sofferenza...
Perché ad Italia, protagonista-eroina della storia, tutto questo e solo questo è riservato, tutto questo condito con qualche briciola di affetto al limite del patologico e del morboso, generosamente elargito dall'affermato professionista (chirurgo) in crisi esistenziale, alla disperata ricerca di una via di fuga da un mondo che detesta, ma al quale non ha il coraggio di voltare le spalle. (L'unico atto di coraggio è il calcio sferrato sotto il tavolo all'insopportabile cagnolino dell'insopportabile suocera).
Ma Italia ama, senza riserve, senza chiedere, senza pretendere, Italia dà tutta se stessa, dal suo corpo esile e sgangherato di adolescente invecchiata, fino ai suoi poveri piatti di spaghetti, ai suoi supplì caldi...E qui il contrasto con l'altra, la moglie legittima, la donna in carriera che non cucina supplì caldi ma gelido pollo al curry, incapace di saziare, lei è bella, altera pone (osa porre) condizioni, fa delle scelte, si sottrae alla maternità e poi cede, forse il suo unico cedimento al femminile maturato grazie ad un ragionamento antico, fatto da questa donna tutta moderna, ragionamento spregiudicatamente antico dove la maternità, invece che libera scelta è arma di ricatto, per legare, incatenare chi ti vuole lasciare.
Qui la moglie, la bella, la spregiudicata viene comunque legata attraverso un filo sottile e insidioso alla comunità universale delle donne che sembrano inesorabilmente destinate a spendere la loro vita, anche le più libere, a tenere legato un uomo. Quanti odiosi e (vanamente?) combattuti luoghi comuni riesce ad evocarmi questo film. Brutte o belle, ricche o povere, colte o ignoranti comunque destinate a combattere, a gioire e a soffrire in funzione dell'altro, e l'altro tanta attenzione, tanta brama non deve neanche sforzarsi per ottenerla!
Il personaggio del chirurgo che ci restituisce egregiamente Castellitto nel film, è squallido, privo di coraggio, ipocrita, persino violento e un po' sporco. Penso che ripugni alla maggioranza del genere femminile.
Eppure per lui si combatte un duello a distanza tra due donne che, entrambe in modo del tutto differente, esprimono coraggio, consapevolezza, capacità di agire. E mentre una accetta di tenerlo, rinunciando ad essere amata, l'altra è pronta al sacrificio estremo, fino alla morte e dopo la morte, che ancora il suo "fantasma" è lì sotto la pioggia, incurante della pioggia, a dare il suo sostegno, la sua inattaccabile solidarietà all'uomo disperato, stravolto dal dolore per la figlia che combatte tra la vita e la morte "Chi ama ti sta sempre vicino" dice la voce di lui fuori campo, quando finalmente la vede andare via, rasserenato, chè la ragazza è fuori pericolo. Chi ama, dice la voce fuori campo, ma questo veramente vogliamo definire amore?
Il dare fino all'annientamento di sé per l'altro? Un sentimento estremo fino all'autodistruzione?
Non ci posso e non ci voglio credere; ma veramente 30 anni di riflessioni delle donne, tra le donne, ma anche tra le donne e gli uomini sono passati invano? Eppure questo mito romantico sembra essere così tenacemente radicato e così poco contrastato che ancora le storie che lo tengono in vita riscuotono partecipazione, assenso, condivisione e tengono alti i numeri di chi compra i libri che le raccontano e i film che le proiettano.

Per la rubrica Cinema - Numero 32 maggio 2004