RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Archeologia

Archeologia - Archeoligia industriale

La ferrovia Roma-Frascati

Il territorio dei Castelli Romani fu, come ben noto, uno tra i più ricchi e fecondi dello Stato Pontificio ed ebbe a godere, sicuramente più di altri, dell’ondata di riorganizzazione e rinnovamento che prese l’avvio con l’ascesa al soglio pontificio di Pio IX (1846). A lui si deve infatti ascrivere la realizzazione della prima strada ferrata nel Lazio, la Roma-Frascati, di cui ancor oggi è possibile seguirne il tracciato partendo da Porta Maggiore fino ad arrivare a Frascati. Questi 19 chilometri di ferrovia dovevano costituire solo il primo segmento di una ben più estesa tratta destinata a congiungere la capitale con il confine dello Stato Pontificio (la Roma-Ceprano) nonché la prima di altre linee per Anzio, Civitavecchia e Bologna.
L’inaugurazione della Roma-Frascati avvenne il 7 luglio 1856 con una solenne cerimonia presso la stazione di Porta Maggiore (Roma), alla presenza del Cardinale Cagiano, vescovo di Frascati e delle più importanti personalità dello Stato Pontificio, della nobiltà e dell’officialità superiore delle guarnigioni francese e pontificia. La cerimonia fu presieduta da John Oliver York, generale della società Pio-Latina, concessionaria della realizzazione dell’imponente opera.
Oltre a favorire lo sviluppo economico di Frascati, la ferrovia fu realizzata con lo scopo di attirare forestieri e nobiltà romana, in modo da avvicinare la città tuscolana alla capitale, rendendola un suo ameno “sobborgo”. D’altronde Frascati era già da secoli considerata la cittadina più suggestiva dei Castelli: i suoi romantici paesaggi, le antiche memorie romane e le sue sontuose ville nobiliari attiravano uomini illustri, letterati e pittori da ogni parte d’Europa. Lo stesso Goethe in una lettera del primo ottobre 1787 scriveva che «non si ha idea di quanto sia bello» l’antico borgo.
Il viaggio effettuato in occasione dell’inaugurazione condusse in soli 28 minuti i passeggeri da Porta Maggiore alla stazione di Frascati, dove alcune carrozze li trasferirono alla Villa Torlonia per partecipare ad un ricco banchetto. Nello stesso giorno alcune iscrizioni commemorative furono apposte nelle arcate del muraglione della suddetta Villa. Solo un mese più tardi la cronaca registrava un deragliamento, mentre da più parti si levarono voci allarmate per le ripercussioni sulla salute e l’impatto ambientale dell’utilizzo di questo mezzo di trasporto considerato, fino a Gregorio XVI (1831-1846), opera diabolica.
Pio IX, promotore dell’impresa, ebbe a compiere il suo primo viaggio sulla nuova tratta solo il 23 luglio 1859, utilizzando l’elegantissimo convoglio costruito a Parigi e ricevuto in dono dalle due società che gestivano le strade ferrate dello Stato Pontificio, la Pio-Latina e la Pio-Centrale. Le tre storiche carrozze, oggi conservate nel Palazzo Braschi, furono naturalmente utilizzate in particolari occasioni, vale a dire quando il papa voleva raggiungere la villa di Castel Gandolfo e i dintorni di Roma. Dalla vettura principale, a terrazzo balaustrato, venivano impartite le benedizioni papali; la successiva “Sala del Trono” ha annesso un piccolo appartamento privato, mentre la “Cappella” costituiva il luogo di culto e di preghiera del Pontefice. Quest’ultima è la carrozza più sontuosa e tecnicamente avanzata, essendo uno dei primi esempi di vettura poggiata su 2 carrelli snodati a perno, con quattro ruote ciascuno.
Pur non rispondendo ad esigenze economiche particolari, la strada ferrata portò subito un importante beneficio al territorio tuscolano: il 15 luglio 1857 fu istituitito l’Ufficio Ambulante Postale, il secondo in Italia, dopo quello creato lungo la ferrovia Roma-Genova nel 1854. Con questo ufficio il servizio postale diveniva estremamente celere e la consegna della posta quotidiana, sostituendo i corrieri a cavallo e le diligenze.
La stazione di partenza della ferrovia tuscolana si trovava a Porta Maggiore, fuori dalle mura Aureliane e in aperta campagna: il disagio che ciò inevitabilmente avrebbe causato ai viaggiatori indusse sin dall’inizio a considerare un prolungamento della ferrovia fino al Colosseo in funzione, per altro, di un ambizioso programma di sistemazione monumentale del centro di Roma, progettato dallo stesso York. Fu così che la stazione presso la capitale, anche in ragione della prossimità di importanti monumenti archeologici, tra le Mura Aureliane e l’acquedotto Felice, fu caratterizzata da fabbriche provvisorie, di cui rimane traccia solo della piattaforma di base. I problemi per il versante romano della ferrovia si risolsero solo con con la costruzione della stazione centrale a Termini.
La prima stazione di arrivo a Frascati fu edificata nella zona Campitelli: era dunque anch’essa al di fuori delle mura urbiche e distava circa 3 chilomentri dai principali centri della città. Situata ad un livello ben più alto rispetto ai binari, richiese la realizzazione di due ripide rampe di collegamento che creavano forti disagi ai passeggeri e rendeva impossibile il trasporto di merci da e per Frascati. Di essa rimane un rudere a due piani, parzialmente conservato in un uliveto. Nel 1884, per ovviare ai tanti problemi causati da questa distanza, la linea fu prolungata fino al centro di Frascati, nella sede che tutt’ora occupa, risolvendo così l’annoso problema di quella ferrovia che in una pasquinata si diceva “non partiva da Roma e non arrivava a Frascati”. La nuova stazione, ad un unico piano e perpendicolare ai binari, venne distrutta durante il bombardamento dell’8 settembre 1943. La sostituì l’edificio attuale, composto da due piani comprendenti gli alloggi del personale.
E’ ancora oggi possibile seguire gli inequivocabili lacerti del tracciato dell’antica ferrovia: partendo dalla tenuta detta di “Roma Vecchia” (proprietà Torlonia) si può incontrare un vecchio casello ferroviario; presso via delle Capannelle appare un ponte in perfette condizioni, realizzato su di una volta a botte; un altro casello in località Casale di Gregna. Anche la “Galleria Ciampino”, lunga 300 metri, non ha subito rimaneggiamenti ed è esattamente la stessa di quando, dopo innumerevoli problemi legati alla presenza di roccia basaltica e di falde acquifere, fu aperta il 31 maggio 1856.
Alle bellezze naturali e ai tesori dell’antichità classica già ampiamente celebrati, è opportuno dunque aggiungere questa importante testimonianza di archeologia industriale del territorio tuscolano.
Per la rubrica Archeologia - Numero 63 giugno 2007
Maria Barbara Savo |
Per la rubrica Archeologia - Numero 63 giugno 2007