Fu nel 1778 che, su iniziativa dei fratelli Arcangelo e Nicola Leofreddi, in occasione della festa del Corpus Domini venne allestita la prima “infiorata”, anche se già da qualche anno le famiglie di via Livia, la lunga e dritta strada in salita che dalla piazza principale della città porta alla chiesa di S. Maria della Cima, avevano iniziato a cospargere di fiori il tratto della via antistante la propria abitazione, creando quasi un tappeto floreale dove da lì a poco sarebbe passata la processione.
«Non crediate che i fiori siano semplicemente gettati alla rinfusa per la strada. Niente affatto», scriveva Nikolaj Gogol’ alla sorella nel 1838, precisando subito dopo «Non direte neppure che son fiori, penserete a tappeti variopinti e istoriati, stesi per terra. Tutti i motivi sono eseguiti in petali differenti; stemmi, vasi, disegni svariati e perfino il ritratto del papa».
Quando, però, il 9 maggio del 1843 Gregorio XVI si recò a Genzano per la processione del Corpus Domini con un giudizio «assai spreggiudicato», per dirla con il Belli, si lamentò che il suo naso, che in effetti era abbastanza prominente, fosse stato raffigurato in maniera esagerata. Più rispettoso, invece, fu Giuseppe Garibaldi che nel 1875, arrivato a Genzano sul finire dell’inverno, alla vista di quella “infiorata” fuori stagione che venne allestita in fretta e furia in suo onore utilizzando foglie di alberi ed uva acerba, pur dolorante ancora per le ferite riportate in Aspromonte, si fece portare a braccia lungo tutto il percorso, ma fuori del tracciato, perché disse «certe cose divine non si calpestano».
Altri papi sentirono il desiderio di vedere l’infiorata, come Pio IX nel 1869 e Pio XII nel 1957, anche se in tale occasione i dieci quadri di fiori, coprenti un tappeto largo cinque metri e lungo 60, vennero realizzati in Vaticano nel cortile S. Anna. Nel 1875, infine, anche i principi Umberto e Margherita di Savoia si recarono a Genzano per ammirare questa festa dei fiori.
«Nell’ultimo giorno della festa floreale, la cittadina offriva un quadro di bellezza magica», annotava il grande scrittore tedesco Richard Voss, così innamorato dei Castelli da abitare per oltre vent’anni a Villa Falconieri di Frascati, precisando subito dopo «Tutta la città pareva una gigantesca aiuola. Ogni casa, ornata di drappi e di coperte colorate, aveva un tappeto di fiori davanti alla porta, e tappeti di fiori coprivano le strade principali, che menano alla chiesa».
Già da quindici giorni prima si comincia a raccogliere i fiori che vengono ripuliti, sgambati e alcuni addirittura triturati; quindi suddivisi per colore vengono conservati nelle grotte fresche e ventilate. Nella notte che precede la festa con il gesso si tracciano i disegni dei quadri che ogni gruppo ha progettato in gran segreto. Solo poche ore prima dell’inizio dei festeggiamenti decine e decine di persone, con un tempismo e una precisione veramente straordinari, ricoprono di fiori i settori destinatigli e, come un puzzle, ogni quadro rivela all’improvviso un suo messaggio. Così da oltre duecento anni si realizza un tappeto fiorito largo nove metri e lungo duecento, in dolce pendio, dalla chiesa di S. Maria della Cima al Duomo di S. Tommaso da Villanova.
La delicata litografia del Antoine Jean-Baptiste Thomas (1791-1834) ferma la scena un minuto prima che la processione, iniziando a calpestare i petali, rompa ogni incanto.