RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Archeologia

Comunicare l’archeologia

Nell’era dell’informatizzazione e della globalizzazione, la ricerca di percorsi alternativi per “comunicare la cultura” porta ad esperienze che utilizzano strumenti tradizionali, ma costituiscono una novità nel campo della ricerca e della comunicazione.
Questo cambiamento si inserisce in un quadro ben più vasto di proposte innovative per quel che concerne la fruizione dei beni culturali. Da anni, infatti, sia a livello nazionale che internazionale, l’organizzazione di eventi culturali ha subito un progressivo processo di trasformazione, dalla presentazione del prodotto tout court, alla realizzazione di un evento complesso e sperimentale.
L’evoluzione della comunicazione, i cambiamenti sociali e le esigenze economiche hanno fatto sì che l’universo culturale fosse investito dall’esigenza di un cambiamento metodologico sia nella fase della ricerca, sia nel tipo di proposizione divulgativa. Cultura, ambiente e turismo costituiscono un trinomio imprescindibile per chi oggi opera nel settore dei beni culturali.
Alcuni anni fa sono sorti spontaneamente dei gruppi dediti alla rievocazione di personaggi o eventi storici (living history).Tali gruppi erano per lo più formati da semplici appassionati della storia che, smessi gli abiti borghesi, si dilettavano ad indossare uniformi o armature. L’amore per questa materia ha spinto alcuni a realizzare ricostruzioni e rievocazioni storiche che simulassero l’originale, approfondendo e studiando le fonti delle epoche di interesse. In seguito gli studiosi del passato hanno compreso l’importanza della sperimentazione pratica di quanto era stato ipotizzato dai dati emersi dalle ricerche sul campo e dallo studio delle fonti e dei reperti archeologici. I risultati raggiunti nel tempo hanno dato vita ad una nuova disciplina, quella dell’archeologia sperimentale.
John Coles nel suo libro Archeologia sperimentale dà della materia in questione questa definizione:
“E' il tentativo di riprodurre attraverso gli esperimenti, nelle condizioni materiali più vicine possibili a quelle antiche, strumenti, oggetti, edifici e di riprodurre anche le circostanze nelle quali gli stessi beni si sono degradati o distrutti [....] Non si tratta tuttavia di un gioco. Tali esperimenti sono essenziali per comprendere lo sforzo dell'uomo primitivo alla ricerca della sopravvivenza, nel suo impatto con l'ambiente e nelle sue esigenze di trasformare tale ambiente. La realizzazione del più modesto degli utensili costa fatica, tempo, ingegno.”

L’archeologia sperimentale in Italia, a livello accademico, non ha ancora il riconoscimento che gli viene tributato in altri paesi. Nel Nord Europa e negli Stati Uniti gli archeologi sperimentali lavorano fianco a fianco con le autorità accademiche, archeologi, paleoantropologi e storici, e i risultati di questo lavoro spesso sono considerati positivi. E’ bene sottolineare che l’archeologia sperimentale, anche quando è intrapresa con la massima serietà intellettuale, non realizza prove di assoluto rigore filologico. Del resto è evidente che non è possibile recuperare del tutto le tecniche di fabbricazione, l’uso degli utensili e gli stessi materiali del passato. Tuttavia, alcuni gruppi di archeologia sperimentale, unitamente a studiosi capaci di avvicinarsi alle problematiche della ricerca facendo uso di nuove metodologie, lavorando con molto impegno e pazienza, raggiungono un buon livello di verosimiglianza nella ricostruzione delle armi, degli abbigliamenti e degli utensili storici. Va da sé che il lavoro filologico, per ottenere un risultato apprezzabile, deve essere rigoroso. Solo in questo caso l’archeologia sperimentale può produrre elementi per una valida divulgazione scientifica.
Da alcuni anni il Comune di Albano Laziale, in seguito a una serie di considerazioni e di analisi sulle proprie tradizioni storiche e sulle potenzialità logistico-strutturali, ha intrapreso la via dell’archeologia sperimentale per promuovere la riscoperta e la divulgazione del suo millenario patrimonio storico-culturale.
Le origini del primo tessuto urbano di Albano è dovuto all’opera di costruzione dei castra albana da parte dei legionari della II Legione Partica, al seguito dell’Imperatore Settimio Severo. La presenza dei legionari consentì la nascita di un villaggio, prossimo alle mura dell’accampamento militare, abitato dalle famiglie dei milites, da commercianti e da ausiliari della legione. I castra albana furono utilizzati per il loro scopo fino al tempo dell’imperatore Gallieno (259-269), lo stesso imperatore portò con sé la II Legione Partica a combattere nella Gallia Belgica, da dove i legionari non fecero più ritorno. Dopo questa prima fase di nascita dei primi nuclei abitativi, si ebbe uno sviluppo urbanistico costante e ininterrotto che, nel corso dei secoli, ha portato alla nascita della moderna Albano Laziale.
Durante la loro permanenza, i legionari realizzarono, oltre ai castra, anche delle strutture finalizzate alla produzione dei servizi primari e ai momenti dedicati alla vita sociale. Vennero così edificati i Cisternoni, opera di ingegneria idraulica tuttora funzionante, le Terme di Caracalla, sui cui imponenti resti sorge la chiesa di S. Pietro e Cello Maio, un quartiere storico di Albano e, altra grande opera, l’Anfiteatro Severiano. L’anfiteatro è per metà scavato nella roccia e per metà costruito su una terrazza artificiale. L’arena (m. 67 x 45 circa) è direttamente ricavata dal banco di peperino sottostante e ricoperta da uno strato di cocciopesto, l’edificio era costituito da due piani più una loggia superiore, raggiungendo così i 22 metri di altezza. Il Lugli calcolò approssimativamente che l’anfiteatro potesse contenere 16.000 spettatori. Nel corso dei secoli la struttura subì gravi danneggiamenti e fu abbandonata a se stessa, finché, con i fondi del Giubileo, sotto l’Alta Sorveglianza della Soprintendenza Archeologica per il Lazio, venne realizzato un importante intervento che ha interessato l’arena, rendendola di nuovo agibile, la ripulitura delle strutture murarie, in più parti consolidate con restauri e alcuni scavi archeologici. Questa nuova situazione ha consentito al Comune di Albano Laziale di usufruire di uno spazio, di particolare fascino e rilievo storico, adatto ad ospitare eventi culturali.
E’ così iniziata una collaborazione tra i Musei Civici di Albano e soggetti che da anni sono impegnati a studiare, con il metodo dell’archeologia sperimentale, le diverse branche della ricerca filologica. Vale la pena citare la presenza, agli eventi albanensi, dei Synualia, gruppo di studio della musica, danza e teatro antichi, conosciuti anche per aver partecipato alla colonna sonora del film Il Gladiatore. Altre presenze sono state quelle di gruppi interessati allo studio delle armi e delle armature dei legionari romani, come l’Associazione II Legio Partica e l’Associazione Legio XXX Ulpia Traiana Victrix, o l’Istituto Ars Dimicandi, associazione che da tempo si occupa dello studio delle tecniche di lotta tra gladiatori.
Allo stato attuale la Rievocazione Storica, costituisce una realtà consolidata, dimostrando che il gesto e la parola, supportati da un serio lavoro di ricerca filologica, conservano tuttora la capacità di comunicare la conoscenza. Se l’archeologia sperimentale permette di ricostruire gli strumenti del passato, costituendo un valido supporto per gli studiosi, d’altra parte offre al pubblico, abituato alla conoscenza della storia attraverso la lettura dei testi e delle riproduzioni iconografiche, la possibilità di percepire la tridimensionalità degli oggetti e delle azioni riprodotte.
Resta da fare un’ultima considerazione: la qualità della manifestazione albanense dipende in gran parte dalla capacità di innovare annualmente la tipologia degli eventi che vengono proposti all’interno della Rievocazione Storica. L’interesse che una manifestazione culturale di questo tipo può suscitare ha una sua peculiare validità dovuta alla sua impronta sperimentale e didattica. Ripetere automaticamente, anno dopo anno, le stesse rappresentazioni, potrebbe trasformare la Rievocazione da proposta culturale di archeologia sperimentale a semplice rievocazione storica, spettacolo affascinante finché si vuole, ma privo dei contenuti didattici e della metodologia scientifica propri di ogni ricerca sperimentale.

Per la rubrica Archeologia - Numero 61 aprile 2007