RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Cinema

Una lunga domenica di passioni

Sono passati due anni dalla fine della Grande Guerra ma Mathilde, una giovane claudicante francese, non vuole convincersi che il fidanzato, Manech, sia davvero morto, nonostante lo sappia fucilato dai suoi stessi commilitoni per essersi fatto saltare due dita allo scopo di essere rimandato a casa.

Il film, tratto dall'omonimo romanzo di Sébastien Japrisot, si apre facendo un passo indietro di tre anni e gettandoci impietosamente sul fronte, con un'accurata e cruda descrizione - a tratti persino tragicomica - della guerra di trincea del '15-'18, in cui una magistrale scenografia, scoppiettante e serrata, ci cala subito in tutta la durezza della guerra alle baionette e del massacro dei giovani soldati, con un realismo che non ci aspetteremmo dal regista de Il favoloso mondo di Amelie. Jeunet non rinuncia comunque alla sua musa, Audrey Tautou (Mathilde, già Amelie), e alla sua simpatica e spiazzante testardaggine, né al proprio stile a continui - spesso istantanei - flashback, e con una macchina da presa in continuo movimento crea una vicenda che quasi "si fa sotto i nostri occhi", specie quando comincia a seguire le diverse piste che prima balenano nella mente ma poi subito si calano nell'agire di Mathilde, che mette in opera con determinazione un'accuratissima ricerca investigativa a più livelli scavando nel passato più recente di tutti gli ex compagni di trincea dello scomparso, riuscendo pian piano a incontrare tutti i sopravvissuti, le loro donne, e a risalire in modo sempre più chiaro al giorno della presunta morte dell'amato. Nella “scientifica” indagine di Mathilde il film prende i toni di un giallo alla Tarantino, con continui e cervellotici colpi di scena, mentre nello scioglimento tende a rallentare progressivamente fino alla dolce lentezza della conclusione.

Chi ha amato Il favoloso mondo di Amelie e quella originalissima sceneggiatura, con i suoi ammiccamenti, il suo divertito ottimismo, la curiosità nello scattare "istantanee" sugli aspetti più insoliti dei personaggi minori, i filmati accelerati in bianco e nero, la calda onnipresente voce fuori campo, la delicata poesia, la dolce determinazione della protagonista, amerà anche questo film, trovandovi le stesse tecniche; ma non potrà non trovarle contaminate da una sensibilità attenta alla drammaticità dell'esistenza. Del resto come non immaginarne il motivo? Un regista vive inevitabilmente immerso nel suo tempo: e dagli anni (pur recenti) di Amelie i vari "fronti" sono decisamente aumentati… Non a caso, se Amelie scoppiava di salute, Mathilde porta i segni evidenti della poliomelite; se Amelie sorrideva sempre, Mathilde non sorride mai; se in Amelie si scrutava nel passato per “migliorare” il presente, questo nuovo film è tutto nell’esaltazione del valore della memoria, memoria di un passato su cui si vuol far luce per meglio comprendere un presente non troppo roseo. Emerge inoltre una maggiore attenzione di Jeunet alla sensibilità femminile, al dramma vissuto dalle madri, sorelle, mogli e amanti dei soldati (splendida l’interpretazione “cameo” di Jodie Foster). Il regista sembra tuttavia determinato, assieme alla sua Mathilde, a controbilanciare la drammaticità del passato - e del presente - con tutto il sogno e la positività possibili. Lasciateci almeno questo!!!

"Una lunga domenica di passioni”, di Jeanne-Pierre Jeunet, Francia-USA 2004
Per la rubrica Cinema - Numero 40 marzo 2005