RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Personaggi

Il “vivavoce” di Marcello Creti

Il più giovane inventore italiano

…Quasi per caso veniamo a sapere della fortunata coincidenza per cui l’inventore dell’apparecchio “vivavoce” era legato al territorio dei Castelli Romani e di lì, l’eco della sua scoperta ebbe risonanza ovunque. Anche il nostro giornale coltiva l’ambizione, fin dai primi numeri, di “dar voce” non solo ai protagonisti di quest’area geografica, promuovendoli al di fuori, ma anche di accogliere voci “altre” al proprio interno, in un confronto dialettico, naturalmente in “vivavoce”.

Strano destino quello della telefonia. Meucci morì nel più triste anonimato dopo aver lottato a lungo e invano per dimostrare la priorità della sua geniale invenzione, sottrattagli con l’inganno da Alexander Bell. Circa mezzo secolo più tardi, la stessa Bell Company, nella persona dell’ing. Walter Shaw, doveva appropriarsi indebitamente della paternità di un’altra invenzione: il vivavoce. Ironia della sorte, a “rimetterci” è di nuovo un italiano; o così sembrerebbe. In realtà, nel 1948, quando Shaw brevettò il telefono vivavoce, in Italia e all’estero era ben noto già da dieci anni il suo vero, primo inventore: Marcello Creti.
Nato a Roma il 16 aprile 1922, discendente di un’antica e facoltosa famiglia leccese, Marcello Creti balzò agli onori della cronaca a soli sedici anni, allorché venne presentato un apparecchio di sua invenzione destinato a rivoluzionare la telefonia: l’«Amplitèle». Brevettato nel 1937 con il n. 357707, l’Amplitele ebbe il grande merito di risolvere definitivamente l’«effetto Larsen», ossia quella noiosa eco sibilante prodotta dall’interferenza altoparlante-microfono nei telefoni amplificati, che fino ad allora aveva impedito agli utenti di poter dialogare simultaneamente, obbligandoli a parlare sempre uno alla volta e a dare il «via libera» all’interlocutore azionando una levetta (o commutatore) sul proprio apparecchio, come peraltro si vedeva fare in molti film americani dell’epoca. Tutto ciò, con l’Amplitele Creti, non era più necessario. Non solo: il nuovo apparecchio consentiva anche, per la prima volta, di collegare in conferenza un numero infinito di linee telefoniche e di abbonati (altra invenzione che, incredibile ma vero!, sarà rivendicata dal sedicente ingegner Walter Shaw).
Il «caso Creti» scoppiò subito in tutto il mondo: tra il 1938 e il 1939, decine di articoli lodarono la geniale invenzione dello studente romano, a ragione acclamato come «Il più giovane inventore d’Italia». Un giornalista de La Tribuna Illustrata, terminando il suo articolo, ebbe a scrivere: «Sembra roba del Duemila: e invece è dell’anno XVI» (dell’Era Fascista, ndr). L’Amplitele fu anche esposto alla «Mostra di Leonardo Da Vinci e delle Invenzioni Italiane» di Milano, dove ricevette il premio più ambito, la Medaglia d’Oro, consegnata a Marcello Creti personalmente da Mussolini durante la cerimonia di premiazione che si tenne a Palazzo Venezia il 5 dicembre 1939. Dal quel momento, fino alla sua morte avvenuta in un giorno impossibile da dimenticare — il 1° gennaio del 2000 —, Marcello Creti dedicherà l’intera vita alla ricerca scientifica, brevettando decine di altre invenzioni, compiendo studi nelle più diverse discipline e scrivendo trattati sui più disparati argomenti, non solo scientifici.
L’invenzione dell’Amplitele, alias «telefono vivavoce», è in realtà molto più complessa di quanto traspaia dal presente articolo. Le vicende relative alla sua scoperta sono infatti strettamente legate all’infanzia dell’inventore, la quale fu altrettanto straordinaria dell’invenzione stessa. Letteralmente. E proprio su tali vicende avrò il piacere di tornare, grazie all’ospitalità degli amici di «Viv@voce», con una serie di approfondimenti da cui, tra le altre cose, scopriremo che Marcello Creti mosse i primi passi — invero un po’ temerari… — in un paese dei nostri amati e splendidi Castelli Romani. Un motivo in più, mi auguro, per non perdere la prossima puntata.

Per la rubrica Personaggi - Numero 42 maggio 2005