RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Personaggi

Le estati grottaferratesi

A proposito dell’inventore del “vivavoce”

Come annunciato nel precedente articolo dedicato a Marcello Creti (1922-2000), inventore, a soli quindici anni, del «telefono vivavoce», vogliamo ora tener fede alla promessa di svelare quale legame avesse il più giovane inventore d’Italia con i nostri Castelli Romani…
Correva l’anno 1923 quando il comm. Mario Creti, noto consulente finanziario con uffici in tutta Italia, in seguito alla nascita del primogenito Marcello, e, un anno dopo, della figlia Luciana, volendo far loro trascorrere l’estate lontano dall’afa di Roma, decise di acquistare un villino a Valle Violata, presso Grottaferrata. Il padre di Marcello s’innamorò subito del posto, al punto da investire una piccola fortuna per trasformare la povera e negletta frazione grottaferratese in un fiorente centro di attività edilizia, agricola e commerciale, dando lavoro e pane a centinaia di persone bisognose. Tra le opere che realizzò, va senz’altro ricordata la costruzione di Villa Creti — che tutti però chiamavano «il Castello», per via del suo aspetto — nel cui parco si svolgevano le famose feste popolari che il comm. Creti organizzava a beneficio della sua «famiglia operaia» e di tutti i valleviolatesi.
E proprio al periodo delle villeggiature al «Castello» di Valle Violata risaliva il primissimo ricordo di Marcello Creti, come ebbi modo di apprendere dalla sua viva voce pochi mesi prima che ci lasciasse. Aveva quattro o cinque anni e un pomeriggio d’estate, dopo che sua madre lo aveva chiuso a chiave in una stanza ai piani superiori della villa per impedire che andasse a giocare sotto il sole cocente («Avevano paura che mi venisse la meningite…»), Marcello era sgattaiolato fuori dalla finestra e si era arrampicato sul parapetto del terrazzo, con l’intenzione di fare l’equilibrista fino alla finestra aperta di una stanza attigua, uscire da là e andare a cercare Gigetto, il giardiniere, con il quale si divertiva a mettere le reti sugli alberi per catturare ogni genere di uccelli, di cui aveva già riempito la sua camera ed una grande voliera nel parco della villa («Io ho sempre avuto la mania delle bestiole… Nel gabbione c’erano pure le tortore, che davano un fastidio tremendo!»). Ma la temeraria evasione doveva terminare prima ancora di iniziare veramente, allorché il piccolo fuggiasco, con suo rammarico, si era ritrovato fra le braccia di un soccorritore fin troppo tempestivo. L’emozione che Marcello provò quel giorno fu tuttavia indimenticabile.
Altrettanto indelebile nella sua memoria era un altro episodio risalente a quel periodo. Vicino alla voliera, suo padre aveva fatto costruire una grande fontana «a scogliera», adorna di antiche e preziose statue romane, che nel 1925 era stata inaugurata da Benito Mussolini. Marcello e sua sorella Luciana, benché gli fosse stato severamente proibito, qualche volta andavano a giocare proprio in quella fontana («Ci divertivamo ad entrare e giocare con l’acqua»), finché un giorno il padre, perdendo le staffe, prese Marcello da parte e lo frustò sui polpacci con una canna: «È stata l’unica volta in vita che mi ha messo le mani addosso… Mi aveva alzato le vesciche!», ricorderà, ormai ridendoci sopra.
Di recente, infine, ho potuto raccogliere una testimonianza tanto inedita quanto simpatica. Durante le sue vacanze a Valle Violata, Marcello veniva talvolta affidato alle cure di Antonio Raparelli (1910-1985), fratello minore del Fattore dell’azienda agricola del comm. Creti. Suo compito era di passare qualche ora insieme al vivace bambino; tra i giochi che facevano, quello che divertiva di più Marcello era farsi spingere a tutta velocità, su una carrozzina a molle, lungo i vialetti in discesa del «Castello». Ma un giorno la carrozzina sfuggì dalle mani di Antonio, si ribaltò e il piccolo Marcello, ruzzolando e capitombolando, sbatté più volte la testa.
Decenni più tardi, quando Antonio Raparelli racconterà l’episodio a suo nipote Gabriele (la mia fonte), tra il serio e il faceto si sarebbe domandato: «Ma gnente gnente saranno state tutte ‘lle bòtte ‘n capu a facce escì ‘u bernoccolu dell’inventore…!?».
Per la rubrica Personaggi - Numero 44 luglio 2005