Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Cibo per la mente

Attilio Stajano,

L'amore, sempre. Il senso della vita nel racconto degli ultimi giorni

Bodensee, Lindau, 2015

Quando muore un amico, un parente, una persona alla quale siamo affezionati, ci sentiamo sopraffatti dall'impotenza, disorientati da ciò che sta accadendo, incerti sul futuro e sul da farsi. La morte ci coglie impreparati, ci mette in imbarazzo e a disagio, sfugge al nostro controllo, ci fa sentire inferiori rispetto a chi sta morendo, il tempo intanto corre e ci strappa via la possibilità di parlare, di amare, di avere vicino quella persona. Da qui nasce il libro di Attilio Stajano, un libro pieno d'amore, un amore dolcissimo e unico, quello che gli uomini riescono a trasmettere alle persone in fin di vita. Attilio Stajano, volontario all'interno di un ospedale di Bruxelles, è stato formato ed istruito ad accompagnare i malati terminali nel loro ultimo viaggio, ci racconta così numerose storie, i vissuti, i pensieri, le angosce e i ricordi di tante persone giunte al momento estremo. Purtroppo non solo persone anziane ma anche molti giovani malati per lo più di cancro. Ognuno ha qualcosa da raccontare al nostro volontario, ognuno ha qualcosa da rimpiangere, da farsi perdonare, qualcuno a cui consegnare i suoi ultimi desideri, sogni, tormenti, qualcuno da riabbracciare se... se solo ci fosse ancora tempo. E Attilio è lì proprio per questo, per cercare di ricongiungere, di far incontrare, di mettere in contatto, oppure solo di consolare, lenire la solitudine o raccogliere gli ultimi palpiti di vita, l'ultimo messaggio lanciato a quelli che restano.

Il libro ci insegna ciò che in tutto il mondo dovrebbe essere e non solo in poche isole felici dove ci sono ospedali attrezzati a quelle che si chiamano "cure palliative".
Attrezzare un reparto o un intero ospedale per cure palliative, significa offrirci la possibilità di vivere i nostri ultimi giorni in modo pieno e consapevole, senza essere né di peso, né inutili anzi trasmettendo agli altri, ai sopravvissuti, quella serenità che tornerà necessaria nei momenti di dolore. Significa preparare la morte, nel senso che tutti hanno diritto ad una fine dignitosa, a vivere i loro ultimi giorni sentendosi ancora vivi ed al loro posto, attrezzare dunque strutture adatte per ospitare i malati terminali, farne strutture pubbliche, anzi richiederle anche se stiamo attraversando un periodo di crisi economica e spesso neanche i pronto soccorso sono in grado di accoglierci. Forse proprio perché la morte ci fa paura e ci piega ad un silenzioso rispetto, dovremmo maggiormente avere il coraggio di pretendere che i nostri parlamenti trattino la materia e si prendano l'onere delle estreme cure.

Attilio Stajano è uno dei rari uomini che riescono a far ricordare a tutti i pazienti che la loro vita è stata importante. Di fronte alla morte in tanti si scoraggiano, si angosciano nel pensare ai loro cari che rimarranno soli, vorrebbero riconciliarsi con un figlio. Attilio è sollecito con discrezione e competenza, si adopera a far incontrare genitori e figli, a consolare la paura della perdita, a suggerire ad ognuno che si vive fino alla fine e che la vita può essere bella e utile anche negli ultimi momenti.
Le cure palliative, secondo la definizione dell'Organizzazione mondiale della sanità, si occupano dei pazienti colpiti da una malattia che non risponde più ai trattamenti medici e la cui diretta evoluzione è la morte. "Palliativo" vuol dire che non agisce sulla causa della malattia. Il controllo del dolore, di altri sintomi e degli aspetti psicologici, sociali e spirituali è di fondamentale importanza. Lo scopo delle cure palliative è il raggiungimento della miglior qualità di vita possibile per i pazienti e le loro famiglie. Obiettivo principale delle cure palliative è dare senso e dignità alla vita del malato fino alla fine. Si stima che ogni anno in Italia, su 250.000 persone che dovrebbero essere seguite con approccio palliativo, circa 160.000 sono malati di cancro, mentre le altre 90.000 farebbero parte della sfera delle malattie croniche degenerative. L'hospice è la struttura residenziale in cui il malato inguaribile e la sua famiglia possono trovare riparo per il periodo necessario e conforto per gli ultimi giorni di vita. Ha alcune caratteristiche precise: l'accesso libero per i familiari, la possibilità di condividere spazi, il calore dell'arredamento. La rete di cure palliative, seppur autonoma, si integra con la rete della terapia del dolore. L'articolazione della rete di cure palliative può essere ricondotta a tre nodi fondamentali: l'abitazione del malato, l'ospedale e l'hospice. La normativa italiana non è ancora stata applicata in tutte le sue disposizioni. I centri italiani presentano risorse esigue, personale impiegato a tempo parziale, modelli organizzativi e prestazioni elementari: aspetti che soddisfano solo minimamente gli standard internazionali per la gestione delle sindromi dolorose.

La nostra è una società che nega la morte e ritiene che il tempo del morire sia un tempo inutile, doloroso, assurdo. L'abitudine ci porta a pensare che sia meglio abbreviare il tempo di morire piuttosto che viverlo. Eppure in questo modo perdiamo per sempre un'esperienza ineguagliabile; non siamo più gli stessi dopo aver accompagnato una persona cara o un amico oltre la vita. Questo accompagnamento ci trasforma. Certo non è facile percorrere questo cammino in ospedali che non guardano più all'accoglienza della persona ma sono diventate imprese tecnocentriche di matrice economica. Molti oggi chiedono che la cultura palliativa penetri nel profondo degli ospedali e dei presidi medico-sociali. C'è poi da tener presente che il malato in fin di vita, se sente di essere ormai solo un fardello, chiede spesso che la si faccia finita. Questa richiesta di eutanasia cela angoscia e sconforto, il malato è indotto ad promuovere l'anticipazione della sua morte: "Una richiesta di anticipare la fine - scrive Stajano - che diventa superflua e viene meno, quando le ultime fasi dell'esistenza non sono legate all'efficienza delle apparecchiature, e quando, escluso ogni accanimento terapeutico e soppresso o attenuato il dolore fisico, gli ultimi giorni sono riportati in quello spazio di dignità, relazioni, amicizie e amore che ha dato senso alla vita. In tal modo la morte non è più una sconfitta, ma una sfida, quella di trovare il significato ultimo della vita".

Le cure palliative sono un'opportunità, una forma di accompagnamento in un percorso in cui le forze della vita incrociano quelle della morte tra ricerca di senso e leggi del caos. Le persone affette da una malattia in fase terminale ci insegnano a prendere coscienza della nostra debolezza, della nostra vulnerabilità e della nostra impotenza. Ci aiutano a scoprire qualcosa che sovverte i nostri schemi e si rivelano una risorsa che ci aiuta a rispondere agli interrogativi della nostra vita. Esse ci offrono un esempio e un modello: l'inesorabile distacco da tutto quello che nella vita è al centro delle nostre attività e preoccupazioni. Ci liberano gradualmente dai condizionamenti e ci aiutano a scoprire che alla fine restano vitali e indelebili solo la speranza e l'amore.

Per la rubrica Cibo per la mente - Numero 126 luglio 2015