RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Biblioteca di Trimalcione

Liquore di amarene

Mi ci è voluto quasi un anno per rendere abitabile la fattoria. Vivevo nell’ala rivolta a sud, dove almeno il tetto aveva retto, e mentre gli operai rimpiazzavano la copertura, tegola dopo tegola, lavoravo nel frutteto – in quello che ne rimaneva – potando, dandogli forma ed estirpando dagli alberi grandi intrecci di vischio infestante. Mia madre aveva una passione per tutti i frutti tranne le arance, che si rifiutava di ammettere in casa. Aveva chiamato ognuno di noi, per un apparente capriccio, con un nome da un frutto o da una ricetta – Cassis, per il suo ricco dolce di ribes nero, Framboise, per il suo liquore di lampone, e Reinette dalle susine regina Claudia che crescevano lungo il muro a sud della casa, fitte come uva, sciroppose di vespe in estate. In un certo periodo avevamo oltre cento alberi, meli, peri, pruni, ciliegi, cotogni, per non parlare dei fusti di lamponi e dei campi di fragole, uva spina e ribes, i cui frutti facevamo seccare, conservavamo e trasformavamo in marmellate, liquori e meravigliose torte rotonde di pasta brisée, crème patissière e pasta di mandorle: i miei ricordi hanno il gusto del loro profumo, del loro colore, dei loro nomi. Mia madre li accudiva come se fossero i suoi figli preferiti. […]. E tutti gli alberi avevano un nome.
Belle Yvonne, diceva mia madre passando davanti a un pero nodoso. Rose d’Aquitaine Beurre
du roi Henry. In quelle occasioni la sua voce era tenera, quasi monocorde. Non riuscivo a capire
se parlasse con me o a se stessa. Conference. Williams. Ghislaine de Penthièvre.
Questa dolcezza.
Oggi ne sono rimasti meno di venti, anche se ne ho più che a sufficienza per le mie necessità. Il mio liquore all’amarena è particolarmente popolare, anche se mi sento un po’ colpevole di non ricordare il nome della pianta. Il segreto è lasciarci i noccioli. Porre strati di amarene e zucchero uno sull’altro in un vaso di vetro dall’imboccatura larga, e ricoprire a poco a poco ogni strato con liquore trasparente (il migliore è il kirsch, ma potete usare la vodka o perfino l’armagnac) fino a metà della capacità del vaso. Rabboccare con alcol e aspettare. Ogni mese girare accuratamente il vaso così da disperdere tutto lo zucchero accumulato. Nel giro di tre anni l’alcol ha dissanguato le amarene, e si è macchiato di rosso cupo, penetrando perfino nel nocciolo e nella piccola mandorla al suo interno, facendosi pungente, evocativo, il profumo di un autunno passato. Servitelo in bicchierini da liquore, con un cucchiaio per tirar fuori l’amarena, e lasciatelo in bocca finché il frutto macerato si dissolve sotto la lingua. Bucate il nocciolo con la punta di un dente per liberare il liquore che si è fermato all’interno e tenetelo in bocca a lungo, giocandoci con la punta della lingua, facendolo rotolare sotto, sopra, come un grano del rosario. Provate a rievocare il momento della sua maturazione, quell’estate, quell’autunno caldo, quella volta in cui il pozzo si prosciugò, la volta in cui ci furono i nidi di vespe, tempi andati, perduti, ritrovati di nuovo in quel punto duro nel cuore del frutto….

Ricetta per il liquore crème de framboise (a base di lamponi)

…Li riconobbi al primo istante. Per un momento pensai che fosse solo un fagotto di foglie. Tirato fuori con un palo per pulire l’acqua. Pulire i lamponi e rimuovere la peluria. Immergere in acqua tiepida per mezz’ora. Poi ho visto che era un pacchetto di abiti legati insieme con una cintura. Non ho dovuto frugare nelle tasche per saperlo subito. Eliminare l’acqua dai frutti e porli in un vaso ampio così da coprirne il fondo. Ricoprire di uno spesso strato di zucchero. Ripetere gli strati fino a che il recipiente sia pieno a metà. Sulle prime non riuscivo a pensare. Ho detto ai bambini che avevo pulito il pozzo e sono andata in camera a stendermi. Ho chiuso a chiave il pozzo. Non riuscivo a pensare come si deve. Ricoprire la frutta e lo zucchero di cognac, assicurandosi di non scomporre gli strati, quindi colmare il vaso di cognac fino all’orlo. Far riposare per almeno diciotto mesi…

Tratto da: Joanne Harris, “Cinque quarti d'arancia”, Garzanti, 2000.