RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Tafter

Il Decreto legge "Valore Cultura"


Abbiamo finalmente letto, analizzato e approfondito il Decreto Legge "Valore Cultura". IsiCult ne ha creato un Dossier, in esclusiva per TAFTER che commenta, articolo per articolo, le intenzioni, a volte buone, altre volte deficitarie nella strategia di "politica culturale". Vediamo cosa salviamo e cosa no...

Il decreto legge "Valore Cultura" ha provocato reazioni interessanti nel Paese, non entusiaste ma complessivamente positive.
Su "Tafter", sia sia , da diversi punti di vista, si esprimono positivamente, pur nutrendo perplessità. Tra gli articoli più critici va segnalato quello tagliente di una penna acuta del centro-destra, qual è Davide Giacalone, che ha intitolato un suo commento su "Terza Repubblica", quotidiano online di "Società Aperta", (articolo apparso anche su "Libero" del 6 agosto).
Crediamo che i dubbi emergenti siano veramente tanti.
Ne avevamo già scritto su "Tafter" (""): le perplessità sono cresciute dopo aver finalmente letto, anzi studiato, il testo definitivo dell'annunciato provvedimento.

Il decreto legge mostra, nella stessa titolazione, una qual certa vocazione propagandistica, ma questo è certamente uno degli effetti meno deleteri della "politica spettacolo" cui siamo ormai abituati, anche nella versione più aggiornata dei "social network".
Intanto, un'annotazione "di metodo", che rappresenta un epifenomeno di una patologia tipica del nostro Paese e dei suoi spesso maldestri legislatori: prima di redigere quest'articolo, abbiamo consultato il sito dell'italico Parlamento. Esiste la scheda del decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 2 agosto scorso, ma il sito web del Parlamento recita inequivocabilmente "non ci sono testi disponibili".

Approfondiamo quindi: il disegno di legge n. 1532 ("Conversione in legge del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo") risulta presentato il 9 agosto e "restituito al Governo per essere ripresentato all'altro ramo il 12 agosto 2013".
Ad oggi, 15 agosto 2013, a due settimane dall'approvazione da parte del Cdm, il testo non è di pubblico dominio sui siti web del Parlamento.
È noto che queste gestazioni normative sono complesse, ma è altresì legittimo che il cittadino si domandi perché tutta questa nebbia agostana rispetto ad un testo che è stato annunciato con grancassa, ma di cui sono state presentate soltanto delle linee-guida: forse si tratta di lentezza procedurale determinata dal caldo torrido e dalla pausa dei lavori parlamentari... Comunque, sulle "slide" elaborate dal Ministero e su estratti sintetici del testo, s'è ingenerato il dibattito, non particolarmente vivace considerato la pausa agostana. Il Ministro, che è un attivista di Twitter, ha segnalato l'8 agosto che sul suo sito era stata che sintetizza efficacemente il provvedimento: complimenti al consulente grafico, bella operazione di marketing comunicazionale. Ancora sintesi, appunto. Graficamente gradevole, ma sintesi.
In ogni caso, stanchi delle bozze pervenuteci per via amichevole, abbiamo finalmente reperito il testo del Decreto Legge "Valore Cultura" sulla Gazzetta Ufficiale (edizione di venerdì 9 agosto), e lo presentiamo - in anteprima assoluta, da quanto ci è dato sapere - ai lettori di "Tafter". Non ci risulta ad oggi pubblicato, su quotidiani, periodi, portali e siti web un commento complessivo come quello che IsICult propone in esclusiva alla comunità dei lettori di Tafter: una sorta di vero e proprio primo "dossier".

È interessante osservare come i 16 articoli siano suddivisi in modo quasi eguale tra 3 "capi", la cui titolazione è già in sé interessante:

Capo 1: "Disposizioni urgenti per la tutela, il restauro e la valorizzazione del patrimonio culturale italiano"
Capo 2: "Disposizioni urgenti per il rilancio del cinema, delle attività musicali e dello spettacolo dal vivo"
Capo 3: "Disposizioni urgenti per assicurare efficienti risorse al sistema dei beni, delle attività culturali".

Il testo del decreto legge consta di circa 10.500 parole, oltre 1.200 righe, oltre 75mila battute. Notoriamente, una cartella giornalistica conta di 1.800 battute (60 battute per riga, 30 righe per cartella), e quindi siamo di fronte ad un testo di circa 42 pagine: non proprio snello, e non esattamente una lettura da ombrellone.
In termini di legistica, il testo appare chiaro in alcune parti, meno chiaro - e ridondante - in altre. Si ha ragione di temere che la redazione sia avvenuta in tempi abbastanza rapidi e con ritmi concitati e con apporti di saperi diversi, e se ne comprende la ragione: come abbiamo già avuto occasione di scrivere su queste colonne, il Governo Letta aveva necessità di non perdere del tutto la faccia, a fronte delle belle dichiarazioni a favore della cultura contraddette soprattutto della vicenda controversa della riduzione dei fondi a favore del tax credit cinematografico.
L'incipit è interessante: "ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni urgenti" (!!!). A parte qualche deficit lessicale (urgenza, urgente...), la formula si ripete un paio di volte, per giustificare l'utilizzazione dello strumento speciale del "decreto legge". Transeat.

L'articolo 1 del decreto legge riguarda Pompei e prevede che il Presidente del Consiglio nomini "un responsabile unico della realizzazione del Grande Progetto e del programma straordinario", denominato "Direttore Generale di Progetto". Si tratta del "Grande Progetto" Pompei approvato dalla Commissione Europea nel marzo del 2012 (ah, l'urgenza...). Il decreto prevede poi la "costituzione di una apposita struttura di supporto al Direttore Generale di Progetto" (25 persone, 20 funzionari e 5 esperti). Nelle more dell'effettiva operatività di quanto previsto dal dl, si precisa che il "Comitato di Pilotaggio del Grande Progetto Pompei" (di cui al decreto interministeriale del dicembre 2012: ah, l'urgenza...) e il Soprintendente per i Beni Archeologici di Pompei assicurano, "in continuità con l'azione finora svolta, il proseguimento, senza interruzioni e in coerenza con le decisioni di accelerazione già assunte" (sarebbe interessante conoscere quali siano state queste decisioni, ma non divaghiamo...). Viene prevista la costituzione della... "Unità Grande Pompei" (la Sottosegretaria Borletti Buitoni, sul suo blog, scriveva il 2 agosto invece di una "Agenzia Speciale per Pompei"), che "è dotata di autonomia amministrativa e contabile", e dipende dal Direttore Generale. In parallelo, si istituisce un "Comitato di Gestione" (che svolge anche le funzioni di "Conferenza di Servizi permanente), che deve approvare - entro un anno - un "Piano Strategico". Il comma 6 dell'articolo 1 spiega in dettaglio in cosa consista questo "Piano Strategico": appare discretamente ambizioso, trattandosi di "analisi di fattibilità istituzionale, finanziaria ed economica del piano nel suo complesso; crono-programma; valutazione delle condizioni di fattibilità con riferimento al loro avanzamento; adempimenti di ciascun soggetto partecipante; fonti di finanziamento attivabili per la loro realizzazione. Il piano prevede, in particolare, "gli interventi infrastrutturali urgenti necessari a migliorare le vie di accesso e le interconnessioni ai siti archeologici e per il recupero ambientale dei paesaggi degradati e compromessi, prioritariamente mediante il recupero e il riuso di aree industriali dismesse, e interventi di riqualificazione e di rigenerazione urbana".
Il costo di queste iniziative (attività del Direttore Generale di Progetto e dell'Unità Grande Pompei) viene quantificato in soltanto 200.000 euro per il 2013 ed in 800.000 euro per gli esercizi dal 2014 al 2016. Il comma 13 dello stesso articolo prevede un altro... "Piano Strategico", questo circoscritto allo "sviluppo del percorso turistico-culturale integrato delle residenze borboniche". Da segnalare anche che il decreto legge prevede che la Reggia di Caserta confluisca nel Polo Museale di Napoli: nasce quindi una Soprintendenza speciale, denominata "Polo museale di Napoli e Caserta", che comprenderà, oltre alla Reggia Vanvitelliana, alcuni importanti musei napoletani come Capodimonte. Si ricorda che per Pompei sono disponibili, e non da oggi, 105 milioni di euro, di cui 45 milioni provenienti dall'Unione Europea, ma le pastoie burocratiche hanno finora impedito di utilizzarli e gli appetiti malavitosi permangono peraltro dietro l'angolo. Tra i dissidenti, riportiamo il brutale parere (potrebbe essere altrimenti?!) di Gianmarco Centinaio, Capogruppo in Commissione Cultura per la Lega Nord a Palazzo Madama, secondo il quale il decreto legge Bray, rispetto a Pompei, "ha tutta l'aria di essere l'ennesima occasione per sistemare i soliti compiacenti amici degli amici. Non servono i tarocchi per capire che, anche a seguito di questa inutile nomina, la situazione non cambierà di una virgola se non nelle già vuote tasche di un Paese alla canna del gas. Più che un direttore generale servirebbe l'esercito". Tranchant.

L'articolo 2 del dl intende avviare un "programma straordinario finalizzato alla prosecuzione ed allo sviluppo delle attività di inventariazione, catalogazione e digitalizzazione del patrimonio culturale, anche al fine di incrementare e facilitare l'accesso e la fruizione da parte del pubblico", e prevede la selezione di 500 "under 35" "da formare per la durata di dodici mesi", allocando risorse per 2,5 milioni, ma a partire dall'anno 2014. Interessante osservare che il dl prevede la possibilità di una convenzione con la mitica - nata ma già malata - Agenzia per l'Italia Digitale, cui mai è stata assegnata alcuna sensibilità rispetto alla cultura ed al turismo.

L'articolo 3 del dl prevede che i proventi acquisiti dal sistema museale nazionale vengono "riassegnati a decorrere dall'anno 2014" allo stato di previsione della spesa del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Si restituisce quindi ai musei (ovvero al dicastero) quel che loro stessi producono. I proventi dei biglietti e del merchandising, con l'ultimo governo di centrodestra, erano stato dirottati verso il Ministero dell'Economia (restava soltanto il 10-15 % al Mibac). È una misura dal valore forse più simbolico che reale, ma comunque di buon senso e valida. Si ricorda che nel 2012 - per quanto riguarda gli incassi - si è trattato di 113,3 milioni di euro (a fronte dei 110,7 dell'anno 2011): tutte le biglietterie statali italiane messe insieme hanno fatto introiti corrispondenti al 25 per cento in meno del solo Louvre. Il decreto prevede un "onere derivante" da questo articolo nell'ordine di 19,2 milioni di euro a decorrere dal 2014.

L'articolo 4 del dl prevede che non siano considerate "pubbliche": "l'esecuzione, la rappresentazione o la recitazione dell'opera effettuate, senza scopo di lucro, entro la cerchia ordinaria della famiglia, del convitto, della scuola o dell'istituto di ricovero, così come all'interno delle biblioteche, a fini esclusivi di promozione culturale e di valorizzazione delle opere stesse". Ci si domanda quale severo tutore del diritto d'autore, per quanto estremista, abbia mai potuto pensare che non fossero... "private" le iniziative promosse nell'ambito della famiglia (il legislatore, poi, preciserà certamente cosa intende per... "cerchia ordinaria"!). Si prevede inoltre - sempre in una sana prospettiva di accessibilità ai saperi - che ogni ricerca finanziata per una quota pari ad almeno il 50 per cento con fondi pubblici debba essere depositata "in archivi elettronici istituzionali" o "di settore", entro sei mesi dalla sua disponibilità. Si prevede che Mibac e Miur adottino "strategie coordinate per la piena integrazione, interoperabilità e non duplicazione delle banche dati rispettivamente gestite, quali quelle riguardanti l'anagrafe nazionale della ricerca, il deposito legale dei documenti digitali e la documentazione bibliografica". Il testo precisa che queste disposizioni non producono maggiori oneri per la finanza pubblica.

L'articolo 5 del dl prevede una distribuzione di risorse: 8 milioni di euro (1 milione nel 2013 e 7 nel 2014) per la prosecuzione dei lavori volti alla realizzazione del progetto "Nuovi Uffizi"; 4 milioni (1 nel 2013 e 3 nel 2014) per il "Museo nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah" di Ferrara istituito con la legge n. 91 del 13 aprile 2013; 2 milioni (1 milione nel 2013 ed 1 milione nel 2014) per "interventi indifferibili e urgenti di tutela di beni culturali che presentano gravi rischi di deterioramento". Quest'ultima allocazione di pubblici danari provoca un sorriso di incredibilità in qualsiasi persona di buon senso, per l'entità del budget (ridicolo) a fronte delle dimensioni (enormi) del patrimonio culturale italiano, e del suo (diffuso) deterioramento, tra crolli e furti! No comment. Ah, in questo caso, gli interventi non sono soltanto "urgenti", ma "indifferibili".

L'articolo 6 del dl recita nel titolo: "Disposizioni urgenti per la realizzazione di centri di produzione di arte contemporanea". Bray ha precisato che il modello di riferimento è il francese "59 Rivoli" di Parigi. Il dl prevede che l'Agenzia del Demanio (anche sulla base di segnalazione dei soggetti interessati) individui a cadenza annuale immobili di proprietà dello Stato che siano "destinati ad ospitare studi di giovani artisti contemporanei italiani e stranieri". Questi immobili dovrebbero essere "locati o concessi al canone di mercato abbattuto del 10 per cento" (non è intervento molto generoso, considerando anche che la manutenzione ordinaria e straordinaria è a carico del locatario), "in favore di cooperative di artisti e associazioni tra artisti, di età compresa tra 18 e 35 anni, italiani e stranieri", mediante asta pubblica. Il testo prevede anche che "Le Regioni, le Province (ma queste non sono state abolite da altro provvedimento emergenziale del Governo Letta?! n.d.r.), i Comuni possono dare in locazione, per le finalità e con le modalità di cui al presente articolo, i beni di loro proprietà". Quel passaggio "possano dare" è lievemente inquietante.
Il Capo 2 del decreto legge riguarda - come abbiamo segnalato - il "rilancio" del cinema, della musica e dello spettacolo dal vivo.

L'articolo 7 introduce anzitutto un inedito credito di imposta, nel limite di spesa di 4,5 milioni di euro annui, alle "imprese produttrici di fonogrammi e di videogrammi musicali". Credito "nella misura del 30 per cento dei costi sostenuti per attività di sviluppo, produzione, digitalizzazione e promozione di registrazioni fonografiche o videografiche musicali, fino all'importo massimo di 200.000 euro nei tre anni d'imposta". Le imprese debbono spendere un importo corrispondente all'80 per cento del beneficio concesso "nel territorio nazionale, privilegiando la formazione e l'apprendistato in tutti i settori tecnici coinvolti". Il dl prevede che deve trattarsi di imprese "non devono essere sottoposte a controllo, diretto o indiretto, da parte di un editore di servizi media audiovisivi": una previsione che intende privilegiare le imprese indipendenti, anche se la formulazione appare giuridicamente incerta, e ripropone questione delicata che riguarda anche il cinema e la fiction tv, sulla quale Agcom latita (chi è "produttore indipendente" in Italia???).
Abbiamo già posto, su queste colonne di "", il quesito: con quale logica strategica il Governo decide che il credito di imposta è funzionale al settore cinematografico, ed ora a quello musicale, e non alla fiction televisiva o altri settori delle industrie culturali?! Non è dato sapere. Anche qui - si teme - capitale relazionale e potere delle lobby. Ricordiamo che qualche tempo fa, l'associazione italiana dei distributori di videogame, l'Aesvi, ha sostenuto una battaglia per introdurre credito d'imposta e detassazione degli utili a favore delle "imprese video ludiche", battaglia di cui si è fatto alfiere il parlamentare del Pdl Antonio Palmieri.... Palmieri è il primo firmatario della proposta di legge n. 5093, presentata il 28 marzo 2012 alla Camera, "Disposizioni per la realizzazione dell'agenda digitale nazionale", che, all'articolo 23, prevedeva "misure di sostegno fiscale alle aziende video ludiche italiane" (credito d'imposta e detrazione degli utili reinvestiti)...
Comunque, l'innovazione di Bray (estensione del tax credit dal cinema soltanto, come finora, ad altri settori dell'industria culturale) ha dei precedenti: si ricorda anche che il 17 dicembre 2012 è stato convertito il decreto legge n. 179 del 2012 (il cosiddetto "Decreto Sviluppo", ovvero "Misure urgenti - ovviamente, n.d.r. - per lo sviluppo del Paese"), divenuto la legge n. 221 del dicembre 2012, che ha introdotto - nel silenzio dei più - un "credito d'imposta del 25 per cento dei costi sostenuti, nel rispetto dei limiti della regola de minimis (...), alle imprese che sviluppano nel territorio italiano piattaforme telematiche per la distribuzione, la vendita e il noleggio di opere dell'ingegno digitali". La disposizione, stabilita dall'articolo 11 bis del decreto, ha l'obiettivo di migliorare l'offerta legale di opere dell'ingegno mediante le reti di comunicazione elettronica". 'agevolazione dovrebbe essere applicata negli anni 2013, 2014 e 2015, "nel limite di spesa di 5 milioni di euro annui e fino a esaurimento delle risorse disponibili", e dovrebbe essere coperta da un aumento del prelievo erariale sui concessionari dei giochi pubblici (le famigerate "slot machine") e una diminuzione del loro compenso. Il condizione è d'obbligo (anche se la legge è vigente), perché i decreti attuativi sono ancora in gestazione ed il 5 luglio 2013 il succitato Palmieri ha presentato un'interrogazione parlamentare per stimolarne l'attuazione. Da ricordare che il "tax credit" è stato invocato - come misura antirecessiva - dall'associazione degli inserzionisti pubblicitari, l'Upa (Utenti Pubblicitari Associati): in occasione dell'assemblea annuale del 3 luglio, il Presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi ha richiesto un credito di imposta per gli investimenti pubblicitari incrementali per il 2013 e nei tre anni successivi, fino a un tetto del 10 %, in modo da poter recuperare almeno gli investimenti perduti in questo ultimo biennio. Il Vice Ministro Antonio Catricalà ha sostenuto: "con convinzione, mi sono subito adoperato con il Ministero dell'Economia e la Ragioneria generale dello Stato per il suo accoglimento". Non se ha ancora traccia, ma forse un'altra (piccola) manna è in arrivo. Come dire?! Ci sono figli di dèi minori, nell'industria culturale italiana?! la fiction televisiva, l'editoria libraria, il teatro, la danza... No, semplicemente, non esiste una strategia organica e lungimirante di sviluppo sinergico della cultura italiana tout-court!

L'articolo 8 è il più breve del decreto legge, ma forse il più impegnativo, almeno per le finanze pubbliche. Il tax credit a favore del settore cinematografico viene reso "permanente", e si allocano 45 milioni di euro per il 2014, e 90 milioni di euro "a decorrere dal 2015". Bene, anche se ci sembra di ricordare che il tax credit fosse stato già classificato come misura definitiva e permanente da precedente leggina, poi superata da successiva leggina...

L'articolo 9 ha un titolo interessante: "Disposizioni urgenti per assicurare la trasparenza, la semplificazione e l'efficacia del sistema di contribuzione pubblica allo spettacolo dal vivo e al cinema". Prevede una revisione radicale dei criteri per il sovvenzionamento dello spettacolo dal vivo, che dovrebbero finalmente "tenere conto" dei seguenti criteri: "della importanza culturale della produzione svolta" (ma chi la certifica?!), "dei livelli quantitativi, degli indici di affluenza del pubblico nonché della regolarità gestionale degli organismi" (ben venga!). Si plaude all'introduzione di una valutazione del rapporto tra offerta e domanda, dopo decenni di sovvenzionamenti basati sulla... conservazione dell'esistente (anno dopo anno, si tendeva a conservare il livello di contributo accordato). Il decreto legge, al comma 2 di quest'articolo 9, prevede l'introduzione di grande trasparenza nell'assegnazione di incarichi dirigenziali, amministrativi ed artistici, consulenziali e collaborativi, richiedendo la pubblicazione dei dati essenziali, compensi e curricula. Eccellente iniziativa: è ora di fare un po' di trasparenza in questo settore.

L'articolo 10 del dl intende introdurre una deroga ad alcune contestate norme introdotte dalla legge di stabilità del 2010 (legge n. 122 del 30 luglio 2010), che prevedeva la riduzione dei costi degli apparati amministrativi e la "razionalizzazione della spesa delle amministrazioni pubbliche", attraverso alcune disposizioni draconiane (la partecipazione onorifica ai cda, un gettone di presenza di 30 euro a seduta, riduzione delle spese in consulenza, ecc.): non vengono ora sottoposti a questa scure, gli "enti e organismi che operano nel settore dei beni e delle attività culturali, vigilati o comunque sovvenzionati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ivi inclusi i teatri stabili di iniziativa pubblica e i relativi circuiti e associazioni". Tra l'altro, non dovranno più effettuare i "tagli orizzontali" sulle spese relative a pubblicità e tournée. L'onere è calcolato in 4 milioni di euro dall'anno 2014.

L'articolo 11 del dl è finalizzato al "risanamento" delle fondazioni lirico-sinfoniche ed al "rilancio" del sistema nazionale musicale di eccellenza. Segnaliamo che nelle slide presentate dal Ministro il 2 agosto si spiegava: "Cambia la governance: si stabilirà l'obbligo del pareggio di bilancio e l'applicazione delle norme del codice dei contratti pubblici". E si annunciava sinteticamente il diktat: "presentare entro 90 giorni un piano industriale di risanamento ridurre fino al 50 % del personale tecnico amministrativo; interrompere i contratti integrativi". Leggendo il testo del dl, si comprende la profondità di una vera e propria rivoluzione (annunciata).
Entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge, gli enti in situazione critica economico-finanziaria debbono presentare un "piano di risanamento", che preveda "soluzioni idonee a riportare la fondazione, entro i tre esercizi finanziari successivi, nelle condizioni di attivo patrimoniale e almeno di equilibrio del conto economico". Tra le "condizioni inderogabili" del piano anche "la riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo fino al cinquanta per cento di quella in essere al 31 dicembre 2012".
Il personale "in eccedenza" verrà trasferito ad Ales spa, ma "nell'ambito delle vacanze di organico e nei limiti delle facoltà assunzionali di tale società" (?!). Non entriamo nel merito lessicale, ma segnaliamo che il Dizionario dell'Enciclopedia Treccani (che Bray ben conosce, essendone stato Direttore Editoriale) non censisce la parola "assunzionale", che pure circola nello slang dei lavoristi e sindacalisti ed il legislatore eleva alla dignità di vocabolario normativo. Battute a parte, qui - sia consentito - si apre un altro capitolo grigio della politica culturale italiana: qualcuno può spiegarci il - società "in house" - del Mibac?! Qualcuno ne ha studiato mai l'efficienza e l'efficacia?! Sul sito della società non appare ancora, all'agosto 2013, il bilancio dell'esercizio 2012. Nel 2011, il totale ricavi è stato di 14 milioni di euro; 579 dipendenti, di cui 310 a tempo indeterminato. E risulta che la Procura della Corte dei Conti stia studiando le carte societarie, e non è una bella premessa. Il decreto legge prevede anche che dovranno altresì essere interrotti i "contratti integrativi". Non abbiamo ancora sentito tuonare i sindacati, ma si prevede un autunno caldo, almeno... liricamente inteso!
Comunque, il 7 agosto un primo segnale dai sindacati è pervenuto, con una "" al Ministro, firmata da Slc (Cgil), Fistel (Cisl), Uilcom (Uil) e Fials (Cisal): un segnale curioso, perché il giorno prima gli stessi avevano manifestato apprezzamento rispetto al decreto legge, pur precisando "ovviamente, stanti le buone premesse, siamo in attesa della scrittura definitiva del testo per un giudizio più mirato del decreto" (6 agosto). Il testo, però, non avevano evidentemente ancora letto. Scrivono il 7 agosto: "ad una attenta lettura del testo, non definitivo, in tema di Fondazioni Lirico‐Sinfoniche, non possono esimersi dal manifestare forti perplessità, preoccupazione e, in alcuni casi, non condivisione per come vengono affrontati questi argomenti che interessano la vita dei lavoratori, il futuro occupazionale degli stessi, prospettando, inoltre, interventi impropri sulla contrattazione nazionale e di secondo livello".
Certo, si tratta di un "testo non definitivo", ma dall'8 agosto ha forza di legge... Tutto questo processo di riforma emergenziale deve essere curato da un "Commissario Straordinario del Governo", che diviene una sorta di potentissimo tecnico al servizio dell'Esecutivo: un Superman della Lirica! Il dl precisa che le risorse umane e strumentali necessarie non determineranno "nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica": Superman lavorerà quindi gratis?! Immaginiamo l'impegno che potrà profondere, con tutti i cattivi del pianeta che deve tenere a bada.
Viene introdotto un "fondo di rotazione" di 75 milioni di euro per finanziamenti di breve periodo (3 anni). Una parte di questo budget, 25 milioni di euro, può essere anticipata dal Mibac nel corso del 2013, su indicazione del Commissario Straordinario, "sulle disponibilità giacenti". Si ricorda - en passant - che il debito complessivo delle fondazioni lirico-sinfoniche italiane veleggia intorno ai 350 milioni di euro... Viene riformata radicalmente anche la "governance": permane il Presidente nella persona del Sindaco del Comune ove ha sede la fondazione; viene introdotto un "Consiglio di Indirizzo" formato da Presidente, dai rappresentanti degli fondatori pubblici e dai soci privati che versino almeno il 5 per cento del contributo dello Stato; il Sovrintendente (organo unico di gestione), nominato dal Mibact ma su proposta del Consiglio di Indirizzo; viene previsto un "organo monocratico di monitoraggio degli atti" adottati dal Sovrintendente, che invia una relazione al Mibact, ogni due mesi (tempo reale!); il Collegio dei Revisori, formato da 3 membri, di cui il Presidente designato dal Presidente della Corte dei Conti. Il "Consiglio di Indirizzo" ha l'obbligo di "assicurare il pareggio di bilancio", e, in caso di violazione dell'obbligo, è prevista finanche la "responsabilità personale" (che paura!). Si stabilisce che le fondazioni sono sottoposte agli obblighi della legge n. 163 del 2006 ovvero al Testo Unico sugli Appalti: ciò è bene per la trasparenza della "res pubblica", ma non è bene per le esigenze spesso atipiche che caratterizzano la produzione culturale. Si prevede anche una "conferenza" nazionale dei Sovrintendenti, finalizzata a garantire "la maggiore diffusione in ogni ambito territoriale degli spettacoli, nonché la maggiore offerta al pubblico giovanile, l'innovazione, la promozione di settore con ogni idoneo mezzo di comunicazione, il contenimento e la riduzione del costo dei fattori produttivi, anche mediante lo scambio di spettacoli o la realizzazione di coproduzioni, di singoli corpi artistici e di materiale scenico, e la promozione dell'acquisto o la condivisione di beni e servizi comuni al settore, anche con riferimento alla nuova produzione musicale". Ottime intenzioni, attendiamo di vedere i fatti, come scrive Trimarchi. Il decreto legge prevede che la quota del Fus venga assegnata, tra le varie fondazioni, sulla base di queste quote percentuali: 50 per cento, "costi di produzione", ma anche sulla base di "indicatori di rilevazione della produzione"; 25 per cento sulla base del "miglioramento dei risultati della gestione attraverso la capacità di reperire risorse"; 25 per cento sulla base della "qualità artistica dei programmi". Si introduce il principio tipico della politica culturale "anglosassone" (Uk ed Usa, alcuni Paesi del Nord Europa): lo Stato ti sostiene, ma se tu sei in grado di reperire sul mercato altre risorse...
Il Capo 3 è intitolato "Disposizioni urgenti per assicurare efficienti risorse al sistema dei beni, delle attività culturali".

L'articolo 12 introduce la chance di "donazioni di modico valore", ovvero fino a 5.000 euro, attraverso modalità estremamente semplificate. Si ricorda che le donazioni sono oneri deducibili dal reddito (per le imprese) o detraibili dall'imposta sul reddito (per persone fisiche) e che in Italia queste dinamiche sono ostacolate da procedure burocratiche complesse e demotivanti. Il tetto della somma in questione appare veramente molto molto modesto, e segnaliamo che in occasione della conferenza stampa il Ministro Bray ha evocato le esperienze di "crowdfunding". Il comma 2 prevede che "entro il 31 ottobre 2013" (dando per scontata l'approvazione del decreto legge?!), il Ministero "individua forme di coinvolgimento dei privati nella valorizzazione e gestione dei beni culturali, con riferimento a beni individuati con decreto del medesimo Ministro", facendo proprie le indicazioni della "commissione di studio già costituita presso il Ministero". Non c'è riferimento a decreto ministeriale di sorta, e quindi il riferimento è oscuro. Come è noto il 9 agosto, il Ministro ha istituito una "Commissione per la Revisione del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio" (presieduta da Salvatore Settis) ed il 12 agosto un'altra non meno ambiziosa "Commissione per il Rilancio dei Beni Culturali ed il Turismo e per la Riforma del Ministero in base alla disciplina sulla revisione della spesa" (presieduta da Marco D'Alberti), ma si tratta di organismi consulenziali evidentemente altri. Si riferisce forse al "Comitato Tecnico-Scientifico per l'Economia della Cultura", formato da professionisti di livello (già presieduto dal compianto Walter Santagata; attuale Presidente Giuseppe Pennisi, componenti Paolo Baratta, Paolo Iannelli, Andrea Moretti), che campeggia sul sito del Mibac, ma le cui attività non sono di pubblico dominio?! In occasione dell'audizione del 24 maggio, Bray aveva annunciato: "Per queste finalità, sarà presto costituito un gruppo di studio, cui sarà demandato il compito di approfondire le forme e le modalità più efficaci per l'esplicarsi del rapporto tra soggetti pubblici e privati nella gestione delle attività di valorizzazione, in modo da individuare soluzioni che consentano di coniugare le esigenze della migliore fruizione pubblica degli istituti e dei luoghi della cultura con la sostenibilità economica delle gestioni e la valorizzazione della progettualità degli operatori economici". Non si ha pubblica evidenza di questo "gruppo di studio" o "commissione" che sia, e si attendono chiarimenti.

L'articolo 13 appare pleonastico, dato che precisa (cui prodest?!) che il Ministro è "autorizzato ad avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri per le finanze dello Stato, del Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici (beh, sarebbe surreale se il Ministro non se ne avvalesse, no?! n.d.r.), nonché di altri Comitati Tecnico-Scientifici e organismi consultivi istituiti e nominati con decreto del medesimo Ministro in numero non superiore a 7". E si precisa che "gli organismi di cui al comma 1 operano senza oneri a carico della finanza pubblica". Osserviamo - en passant - che la Commissione per la Revisione del Testo Unico (nominata il 9 agosto) è formata da 5 componenti, mentre quella per il Rilancio (nominata il 12 agosto) da 20 membri. Tutti lavoreranno alacremente... gratis!

L'articolo 14 è intitolato "Oli lubrificanti e accisa su alcol" ed è evidentemente fuori contesto, così come l'articolo 15, "Norme finanziarie", che si caratterizza per un testo così criptico (rimandando di legge in legge) da rendere inutile un tentativo di decrittazione.Quel che sembra di comprendere è che l'accise sulla benzina continuerà ad alimentare il tax credit cinematografico: con gran gioia degli automobilisti che magari al cinema non vanno nemmeno una volta l'anno, e nemmeno sanno di questo loro bel contributo al sistema culturale nazionale.
Fin qui, l'analisi del testo.

Come ha scritto Trimarchi, "carta è e carta rimane finché non se ne comincia l'attuazione". Crediamo che però che la carta scritta da Bray e dal suo staff consulenziale meriti un'analisi accurata, sia per la legistica (debole assai) sia per la strategia (valida anche se deficitaria). A proposito di consulenti, si segnala che il 2 agosto il Responsabile nazionale Cultura della epifaniana segreteria Pd, Antonio Funiciello, ha rivendicato che "il Pd ha svolto la sua parte nell'ideazione e nel sostegno all'iniziativa". E si ricorda un convegno nazionale del Pd del 2005 intitolato proprio "Valore Cultura - Progetti e politiche di sviluppo per la cultura e per l'economia nella società postindustriale".
In sostanza, lo spirito complessivo che anima il provvedimento appare condivisibile (razionalizzazione e modernizzazione), e rappresenta certamente un segnale di inversione di tendenza, ma è purtroppo un timido segnale. Appare evidente che il Ministro guardi all'eccellente modello francese (come ha peraltro pubblicamente riconosciuto) ed è cosa buona e giusta.
Appare altrettanto evidente che il decreto legge ripropone patologie storiche del nostro Paese: frammentarietà ed occasionalità.
Interviene su alcuni nodi delicati, ma non ha il coraggio di prendere il toro per le corna.
Dettagli tecnici a parte, scrittura normativa incerta a parte, operazioni comunicazionali mirate a parte... ci si domanda: esiste una "intelligenza" (e finanche "strategica") alla base di questi interventi "urgenti" su questioni "emergenziali"?! La risposta è negativa. Ci sembra un tentativo normativo basato su buone intuizioni, così come su belle intenzioni. Ma il risultato è frammentario, fragile, timido. Pannicelli caldi, insomma.
Ribadiamo: mai è stata realizzata una analisi di impatto, per esempio, sul tax credit cinematografico, e quindi nessuno può dimostrare se si tratta di cura efficace o di effimero palliativo, rispetto allo sviluppo sano (plurale e innovativo) del sistema cinematografico italiano. E poi... perché il "cinema" sì e la "fiction" no?! Non è dato sapere: assenza di "policy making" lungimirante, mercanteggiamenti tra lobby più (Anica) o meno (Apt) potenti, interventi emergenziali ed urgenti (appunto). Così va il mondo... cioè l'Italia.

Altra annotazione: nel decreto "Valore Italia", non 1 parola 1 sul turismo. Eppure, la Sottosegretaria Ilaria Borletti Buitoni, nel post del 2 agosto sul suo blog, aveva scritto: "Sono stati presi anche provvedimenti utili per il turismo, in particolare per rilanciare il turismo sostenibile e culturale". Scomparsi in itinere, Sottosegretario?! In verità, in occasione della conferenza stampa del 2 agosto (, per gli appassionati del genere), Bray ha annunciato che provvedimenti in materia di turismo sono ancora in gestazione... Affidati alle cure della Sottosegretaria finalmente con delega, Simonetta Giordani.
Il decreto legge resterà in vita per 60 giorni ed avrà "forza di legge", ma gli effetti prodotti sono provvisori, perché i decreti-legge perdono efficacia sin dall'inizio, se il Parlamento non li converte in legge entro 60 giorni dalla loro pubblicazione.

Dal 9 agosto all'8 ottobre 2013, appunto. La Camera riapre i lavori il 6 settembre. In 1 mese 1, si riuscirà ad approvare una legge di conversione, nei due rami del Parlamento?!

Riusciranno "i nostri eroi" a far approvare il decreto legge in tempo utile?!

Per la rubrica Tafter - Numero 117 settembre 2013