Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Niente Cultura Niente Sviluppo

Perché aderiamo al Manifesto per la Cultura

Riportare la cultura al centro dello sviluppo strategico del Paese, proporre soluzioni concrete per ridare vigore agli investimenti, credere alla cultura come opportunità. E' su questo nodo che è incentrato, il Manifesto per la Cultura pubblicato lo scorso 19 febbraio su Il Sole 24 Ore.

"La strada giusta è quella indicata dalla recente campagna del Sole 24 Ore in cui lo sviluppo economico si lega strettamente alla cultura». Sono le parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha ribadito la sua ferma e convinta adesione al Manifesto per la cultura. Il presidente, constatando la mancata attenzione della politica verso la cultura, ha opportunamente spiegato che per uscire dalla crisi economica può essere importante «la valorizzazione della cultura. Uscire dalla crisi vuol dire anche recuperare la fiducia in noi stessi e negli altri."

La campagna Niente cultura, niente sviluppo è stata finora una campagna di successo: importante e significativa. Dopo le migliaia di adesioni raccolte tra le personalità del mondo della cultura, ora si cercherà - e qui ci sono le maggiori difficoltà - di passare a fatti più concreti, perché sulla valorizzazione delle risorse si gioca la scommessa dello sviluppo italiano. Nel Paese che ha radici storiche tra le più ricche e profonde in Europa e che vanta il maggior patrimonio culturale del mondo, esistono le condizioni per migliorare la propria attitudine all'accoglienza attiva nei confronti di risorse umane, culturali, economiche, da tutto il resto del mondo.
La chiave? Va trovata proprio in un primato italiano, la sua cultura. Declinata non solo nella dimensione più tradizionale del patrimonio artistico e ambientale, ma anche in quella dei saperi materiali, della capacità di fare, e fare bene, nell'insieme delle competenze d'arte e artigianato, di gusto della bellezza e di qualità manifatturiera che hanno contraddistinto la nostra storia e ancora connotano la nostra attualità. Una vera e propria cultura politecnica che sa tenere insieme estetica e tecnica, per esempio i dipinti di Piero della Francesca, le opere di Leonardo, la ricerca di Galileo, la poesia di Dante per citarne solo alcuni.

Recita il Manifesto: "Occorre una vera rivoluzione copernicana nel rapporto tra sviluppo e cultura. Da giacimenti di un passato glorioso, ora considerati ingombranti beni improduttivi da mantenere, i beni culturali e l'intera sfera della conoscenza devono tornare a essere determinanti per il consolidamento di una sfera pubblica democratica, per la crescita reale e per la rinascita dell'occupazione."

I Cinque i punti sui quali il Manifesto si articola:

Una costituente per la cultura
Cultura e ricerca sono due capisaldi della nostra Carta fondamentale. L'articolo 9 della Costituzione «promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Sono temi saldamente intrecciati tra loro dove per "cultura" deve intendersi una concezione allargata che implichi educazione, istruzione, ricerca scientifica, conoscenza. E per "sviluppo" non si intende una nozione meramente economicistica, incentrata sull'aumento del Pil, che si è rivelato un indicatore alquanto imperfetto del benessere collettivo.

Strategie di lungo periodo
Se vogliamo davvero ritornare a crescere, se vogliamo ricominciare a costruire un'idea di cultura sopra macerie che somigliano a quelle da cui è iniziato il risveglio dell'Italia nel secondo dopoguerra, dobbiamo pensare a un'ottica di medio-lungo periodo in cui lo sviluppo passi obbligatoriamente per la valorizzazione dei saperi, delle culture, puntando in questo modo sulla capacità di guidare il cambiamento. La cultura e la ricerca innescano l'innovazione, e dunque creano occupazione, producono progresso e sviluppo. La cultura deve tornare al centro dell'azione di governo e creare un valore sociale condiviso.

Cooperazione tra i ministeri
Porre la reale funzione di sviluppo della cultura al centro delle scelte dell'intero Governo, significa che la strategia e le conseguenti scelte operative, devono essere condivise dal ministro dei Beni Culturali con quello dello Sviluppo, del Welfare, della Istruzione e ricerca, degli Esteri e con la Presidenza del Consiglio. Inoltre il ministero dei Beni Culturali e del paesaggio dovrebbe agire in stretta coordinazione con quelli dell'Ambiente e del Turismo. Non si tratta solo di una razionalizzazione di risorse e competenze, ma dell'assunzione di responsabilità condivise.

L'arte a scuola, il merito e la cultura 
scientifica
È importante anche che l'azione pubblica contribuisca a radicare a tutti i livelli educativi, dalle elementari all'università, lo studio dell'arte e della storia per rendere i giovani i custodi del nostro patrimonio, e per poter fare in modo che essi ne traggano alimento per la creatività del futuro. Ciò non significa rinunciare alla cultura scientifica, che anzi deve essere considerata un veicolo prezioso dei valori di fondo che contribuiscono a formare cittadini dotati di spirito critico e aperto. Così come deve essere incrementata la cultura del merito.

Complementarità pubblico-privato, sgravi ed equità fiscale
La complementarità pubblico/privato, che implica una forte apertura all'intervento dei privati nella gestione del patrimonio pubblico, deve divenire cultura diffusa e non presentarsi solo in episodi isolati. Può nascere solo se non è pensata come sostitutiva dell'intervento pubblico, ma fondata sulla condivisione con le imprese e i singoli cittadini del valore pubblico della cultura.

Anche il Consorzio per il Sistema Bibliotecario Castelli Romani ha raccolto l'appello del Sole 24 Ore e ha sottoscritto il Manifesto per la Cultura fin dai primi giorni della sua apparizione. Intanto perché tutti gli operatori delle biblioteche e anche i loro utenti sono fermamente convinti di quale contributo le biblioteche possano dare allo sviluppo e alla crescita del nostro Paese e poi perché crediamo che il progresso, la diffusione della conoscenza e del sapere sono la prima vera ricchezza di ogni nazione. Le biblioteche, tutti sappiamo, conservano libri, li mettono a disposizione, li fanno circolare, aiutano a scegliere, separare e discernere a fronte della vastissima produzione editoriale e del notevole patrimonio librario esistente e circolante. Tutto questo può avvenire solo con l'ausilio e l'utilizzo dei prodotti informatici più innovativi, avvalendosi della ricerca e delle tecnologie più avanzate.
Tanta storia, tanta letteratura, arte e scienza è messa prontamente e agevolmente a disposizione di tutti i cittadini, a due passi da casa e già dentro casa. Le biblioteche dei Castelli Romani si trovano in ciascun comune del territorio, sono biblioteche di base, ossia intendono portare la cultura alla base del tessuto sociale della nazione e rendere disponibile il loro patrimonio in maniera capillare ed esaustiva. Quali strutture o servizi più delle biblioteche possono contribuire allo sviluppo, all'educazione, all'innalzamento culturale, spirituale e scientifico italiano?

Inoltre abbiamo aderito all'appello lanciato dal Sole 24 Ore, al Manifesto perché riteniamo il nostro territorio, quello dei Castelli Romani, già di per sé una vera e propria ricchezza culturale, un capitale su cui investire La storia del nostro territorio affonda le sue origini nel paleolitico e nel neolitico fino all'età del ferro, per dichiararsi infine madre di Roma dopo l'affermarsi dell'antichissima città di Albalonga, poi ci sono i resti numerosissimi dell'Impero romano, la comunità ecclesiastica nel Medioevo, la tragedia delle scorribande barbarica e la rinascita dei "castelli", sono i segni di una cultura attestata in ogni angolo, in ogni via del nostro territorio, nella lingua parlata, nei monumenti, nei palazzi storici, nelle chiese, nelle piazze.
E non finisce qui: a partire dall'evo moderno, i Castelli Romani si sono accresciuti e abbelliti attraverso le opere dei più importanti architetti, pittori e artisti del momento. Attraverso il mecenatismo di papi, di nobili e signori, attraverso il lavoro onesto e laborioso del popolo, artigiani, contadini e operai che attraverso i secoli hanno reso sempre più splendido questo lembo di terra ai confini con Roma.
Ma i Colli Albani sono anche una ricchezza dal punto di vista geografico e paesaggistico, lo possiamo definire uno degli angoli più belli del mondo, i suoi spettacolari panorami, il vulcano superbo, la bellezza dei suoi tramonti, la struggente malinconia della campagna romana e la suggestiva visione dei suoi laghi, l'oscurità dei folti boschi, li rendono unici e irripetibili. Questa rigogliosa natura ha dato per tanti anni e continua a dare i suoi frutti: famosi in tutto il mondo i vini che si producono nei vigneti delle nostre zone.

Tutto questo patrimonio le biblioteche non vogliono che vada disperso ed è per questo che lavoreranno in modo che lo slogan NIENTE CULTURA, NIENTE SVILUPPO sia anche il loro primo impegno verso il territorio. Anzi vogliono fare di più. A partire dalla sfida lanciata nel Manifesto, le biblioteche comunali dei Castelli Romani promuoveranno nei prossimi mesi iniziative volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sui temi cari all'economia della cultura. La campagna lanciata per la destinazione di Villa Lusi rientra in tale contesto e ci auguriamo trovi il più largo consenso tra i cittadini, le organizzazioni, gli enti e i soggetti territoriali che tutti insieme contribuiscono a disegnare il profilo dei Castelli Romani.