RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Musica

Il pianoforte racconta i Castelli Romani

Fatti, storie e leggende

Fatti, storie, leggende e miti sono gradi percorsi e percorribili della tradizione orale e/o scritta. E, citando Epìktetos, filosofo stoico greco: "A turbare gli uomini non sono i fatti, ma le opinioni che si creano intorno ad essi".

Quali hanno attenzionato orecchie e sbrigliato fantasia fra gli abitanti dei Castelli Romani, lungo lo scorrere della almeno trimillenaria, loro civiltà? Considerando, se e più si va indietro nel tempo, quei fenomeni di tradizione e riappropriazione di uno stesso evento e/o serie di eventi, passando pure attraverso le aree culturali di uno stesso luogo: dal popolar scorrere degli «accidenti ed incidenti» quotidiani, alla sceneggiata interpretazione di piazza e di palco, alla formal codificazione di professionale arte.

La narrazione dello storico Tito Livio (Ab urbe condita) riporta che all' epoca del re di Roma Tullo Ostilio, per controversie tra Alba Longa (civitas genitrice dell' odierna Albano Laziale) e Roma, si rimettesse la soluzione ad un duello trigemellare: tre fratelli gemelli della gens Horatia per Roma contro tre fratelli gemelli della gens Curiatia per Alba Longa; nel combattimento avvenne che due Horatii caddero a morte ma il terzo poi, fingendo di scappare, affrontò separatamente i tre Curiatii, uccidendoli uno ad uno.
Su tal resoconto storico Pierre Corneille, francese, scrisse la tragedia Horace, rappresentata per la prima volta a Paris nel 1640. Da quel testo teatrale presero spunto poi librettisti e compositori per melodrammi, balletti ed anche altro.

Ora, tenendo anche presente che i suelencati melodrammi potevano pur essi comprendere scene di danza, come non ipotizzare che più di qualcuno fra essi compositori abbia immesso motivi, forme, anche «a ballo», conferiti dalla stessa vita popolare nei Castelli Romani?
Ad un attento studio stilistico i riferimenti etnici si evincerebbero preziosi; ricordiamo che il musicista più recente che agli Horatii et Curiatii si è dedicato, risulta esser Ennio Porrino sardo, attento tramandatore e ripropositore in musica del proprio patrimonio regionale.
Sempre Tito Livio in Ab urbe condita narra anche di Turno Herdonio Aricino (di Aricia), il quale si oppose allo strapotere di Lucio Tarquinio Superbo, re di Roma, nei confronti dei popoli che abitavano i suoi dintorni, in particolare, quelli della Lega Latina, ed ancor di più il popolo de l' Aricia. Per il qual motivo venne eliminato con uno stratagemma proprio ad opera dello stesso re di Roma. Il soggetto, Turno Aricino, fu pretesto di cimento sia poetico, sia musicale, sia choeografico ad opera di librettisti, compositori, coreografi: eccone i risultati.

Due racconti, stavolta non storici, percorrono da più di due secoli e mezzo attraverso poesia, musica e danza i Castelli Romani, abbracciando come «luogo scenico» il tragitto Frascati-Marino-Velletri-Napoli.

Quelli de La Frascatana e de La finta Frascatana, due storie diverse accomunate dalle stesse vie: la Frascati-Marino-Albano, parte della odierna Strada Statale 216 chiamata "Maremmana III" e poi verso Velletri e Napoli lungo la "regina viarum" Appia. La finta Frascatana è un libretto da commedia per musica su intrighi ed equivoci amorosi a lieto fine ambientati in Napoli, la cui protagonista è la «sedicente frascatana» Eugenia che si fa passare come Ninetta servitrice; secondo libretto di Gennaro Antonio Federico.
Più di un compositore si cimentarono musicalmente con l' attraente e narrativo soggetto

Invece il racconto de La frascatana è libretto per dramma giocoso in musica; il «luogo» si svolge nelle terre di Marino ove un Cavalier Giocondo ha da recarsi in quel di Velletri per sposar la promessa donna, ma ... temporeggia invaghito di Violante, una semplice e bella figlia di giardiniere, frascatana; vicende si intrecciano per l' avvenenza di quest' ultima e ... lieto fine con promesse matrimoniali mantenute ed eredità di pecore a sorpresa!! secondo il libretto steso da Filippo Livigni. Al racconto dal movimentato soggetto si sono accinti in musica.

Chi ha curato in tempi recenti la messa sulle scene del soggetto, quello nella creazione musicale di Giovanni Paisiello, mi ha riferito della non identificabilità di alcuna melodia con quelle in stie popolare à la manière de ... li Castelli Romani. Ma noi oggi conosciamo come e cosa si cantava, si suonava, si ballava in boschi e vigne, su strade e piazze, sui laghi de li Castelli Romani? Per di più, l' Accademia degli Sfaccendati in Ariccia, di arcade origine, con sede tuttora a Palazzo Chigi, contemplava tra i suoi componenti musicisti e fra le sue attività quella concertistica, l' unica rimasta a tuttoggi.

E fin qui abbiamo fatto riaffiorare il repertorio melodrammatico e choreico riguardante, repertorio di teatro, di aula in palazzo o in villa: dunque non popolare e tastieristico; come rientra nel pianoforte che racconta i Castelli Romani ethno?
In primis, l' articolata, formalmente, vocalmente e strumentalmente scrittura dei melodrammi ed ancor di più dei balli poteva non prevedere alcun elemento riferibile a personaggi e vicenda narrata, e ... però in questi repertori appena esposti la vicinanza fra compositori e luoghi riproposti è troppo stretta per precludere elementi poetici, musicali e coreici referenti la vita popolare.
Eppoi, la fama di repertori teatrali poteva riversarsi nella diffusione di alcuni suoi brani all' interno della stessa vita culturale di area popolare.
In secundis, è vero che compositori erano capaci a scrivere di getto la partitura di melodrammi o di balletti per tutte le parti vocali e strumentali; è altrettanto vero che la riduzione (o concezione) al cembalo, al forte-piano, al pianoforte era d' uopo al fine di provare separatamente, solo con i cantanti o con i danzatori; non solo, altri compositori coevi, magari allievi stessi, curavano opere altrui, stendendole, tutta o in parte, per voce/i e tastiera o per tastiera sola.
Nel secolo XIX, con la diffusione, anche in Italia, della fruizione di musica «culta» da parte del ceto borghese e piccolo-borghese, inclusi «touristi» e "salutisti", troviamo pure alcune delle opere suelencate, riguardanti Castelli Romani e vicende, nell' organico per orchestrina con piano conduttore, la cui parte in realtà le riassumeva tutte con richiesta di perizia direttoriale e virtuosistica al pianista esecutore: quanto, rivolto ad un pubblico di villeggianti, convalescenti, bagnanti, e altro ...

La forza del destino (la prima a San Pietroburgo nel 1862) è un melodramma scritto in musica da Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, tratto da Don Alvàro o La Fuerza del Sino, romance di Ángel de Saavedra.
La trama è complessa e vive di equivoci che porteranno a cruenta fine per rapporti sentimentali e familiari: protagonista è Don Alvaro ed i luoghi scenici spaziano dalla Spagna all' Italia, il «tempo scenico» si svolge verso la metà del secolo XVIII. [Data la fama di tale opera verdiana ometto il filo del racconto rimandandone la facile ricerca al lettore curioso.] Quando il protagonista per delusione amorosa si arruola, l' esercito spagnolo lui «trasporta» nell' Italia Centro-meridionale e proprio in accampamento militare a Velletri, atto III; la 13a scena, nella quale l' indovina Preziosilla e coro di vivandiere rallegrano ed esortano ad un' ebbra possessione con

Nella guerra è la follia
Che dee il campo rallegrar;
Viva viva la pazzia
Che qui sola ha da regnar!

attacca quindi e si svolge in una vera e propria Tarantella. L'armonia gravita intorno ad un bicordo (due suoni contemporanei) caratteristico alle due canne portanti della zampogna; il primo ed il terzo temi all' altrettanto caratteristico ritmo di essa danza muovono su incisi tipici al canto popolare del Lazio. Lo Stabilimento Musicale Tito di Giovanni Ricordi stampò a Milano nel 1869 il melodramma per pianoforte solo, cura dell' Autore, e, comunque, diversi compositori coevi ne trassero divertimenti, parafrasi, variazioni, fantasie su vari numeri di esso: spicca di Raffaele Billema, napoletano, La forza del destino, Opéra de G. Verdi, Coro-Tarantella, Transcription pour piano Op.65, scena «a ballo» rispettosamente e riccamente riproposta. (Edizione Titus Ricordi quondam Jean, Milano 1864.) Curiosità sulla fama in loco, e dico Velletri, per tal dramma in musica è che un certo numero di abitanti in questa ormai cittadina, si chiamavano e si chiamano Alvaro, nome proprio in vero poco attribuito in Italia. [E perché no? se, mutatis mutandis, abbiamo in Ariccia una Floria Tosca Caldoni, figlia di passione operistica per Giacomo Puccini; peraltro nipote diretta della storica, avvenente modella Vittoria Caldoni.]

Eppoi, eppoi ... curiosità degna di storia della commedia dell' arte, perché alcuni musicisti, viaggiatori in terra dei Castelli accludono al documento o al ricordo musicali un brano «a burla» o scherzo?
La leggiadra scrittura di Oskar Linden, autore dell' appena percettibile tango de Le viole del lago di Nemi per pianoforte (che abbiamo riportato nel N.94 di VIVAVOCE, settembre 2010, dedicato alle Sensazioni), «piroetta» nella Burlesca (ed. Tedeschi e Obersnu, Trieste 1933), sempre per pianoforte, da abbinare al brano precedente; composizioni più uniche che rare per la sua produzione! Ethel Mary Boyce, inglese, nei due Scherzi Italiani for piano inizia con Springtime at Nemi, (ed. Augener, London 1924). Senza dubbio, oltre a personaggi-tipo che ogni paese in questo territorio aveva, ed ha, andrebbero evinte dalle copiose memorie di viaggio le scene di commedia dell' arte, di sceneggiata improvvisata e di curiosi e tipici atteggiamenti in uso. Ci ricordiamo, solo ad esempio, de "'u gufu d' 'a tore" a Lanuvio, de "'u sceriffu" a Rocca di Papa e di "Giudice" a Genzano?

Dalla vita quotidiana popolare, dai suoi incontri rituali, dagli eventi ufficiali (più o meno ufficializzati) vanno e vengono attraverso i tempi e fra situazione e luoghi di una stessa era le memorie e le humane fantasie: esse rivivono nei suoni da mente compositiva e da esperto esecutore anche sui tasti di un pianoforte, strumento che potrebbe ancora rivelar molto sui Castelli Romani e su quella gente che lì ha generato un proprio modo di vivere.
Chiauci, addì 9 aprile dell' anno MMXI

 

COMMIATO
La curiosità animatrice della ricerca sui documenti sonori dal tour nei Castelli Romani ha prodotto quanto esposto nei NN. 92, 94, 95, 97, 98, 99, 100, 101 di VIVAVOCE, numeri che consiglio ai volenterosi lettori di conservare come un corpus indivisibile: c' è tutto quello che è stato promesso nello specchio a margine di ultima pagina in ogni «puntata», sui generi etnomusicali ed etnocoreutici che attraverso il pianoforte son riuscito a recuperare, tramandati grazie a quegli attenti orecchi e quelle capaci menti musicali da disparate parti dei continenti venuti, abbacinati da un paradiso vicino Roma di profonde attrazioni culturali autoctone, sorprendentemente diverse dalla vicina urbs Roma. E val la pena di ricordare che qualcuno fra di loro vi è rimasto per tutta la vita, eleggendo tali campagne e boschi a optima domus.
Lo spazio di pagine nel periodico mi ha permesso di far conoscere solo i documenti musicali più «portanti»; ben altri ce ne sono; quanti altri se ne possono rinvenire!
Spero ad ogni modo di aver comunicato ai lettori il contagio di curiosità e di interesse su questo mondo sonoro, invero mai ri-conosciuto e pronto a germinare conferme, riconoscimenti e riproposizioni proprio e a partire dagli stessi protagonisti della vita culturale nel collinoso territorio.
Domande, integrazioni, incoraggiamenti già mi sono pervenuti attraverso chi mi ha contattato personalmente o tramite la redazione: il vaglio di essi mi permetterà fra un po' di tempo di ritornare (forse e spero) a dar altro ancora sulla sconosciuta vita popolare a rumore, canto, musica e ballo che fece risuonare i Castelli romani pur oltre i suoi confini, ma che, specialmente dalla seconda guerra mondiale nel XX secolo, ha perso quasi totalmente la sua linfa vitale e (cosa ancor più grave) la sua ragion d' essere, salvando le strenue eccezioni.
Oltre a riconoscere che ancor oggi, qui, continuano a pervenire edotti «touristi» nella speranza di ritrovare quanto tramandato, almeno fino a ieri ... mia speranza è che trovino eventi dal vivo e da protagonisti viventi, non solo animali e piante, e non solo «aure» emanate da antiche pietre.
A rileggerci

Per la rubrica Musica - Numero 101 maggio 2011