RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Pepite

Le Opere di “traduzione” di Mario Munari

Intervista

Partiamo dalla piccola casa di Mary e Mario Munari ad Albano: qui si trovano le opere di Mario

D.: "Opere", ma che vuol dire?
R.:In primo luogo vuol dire che sono state fatte.

D.: In che senso? A prima vista si potrebbe anche capire che sono solo dei gruppi di cose diverse, ognuna già fatta prima, ognuna con una propria forma....
R.: Questo è vero, ma è solo una "prima vista". Andiamo oltre. Si può subito dire che sono delle composizioni, sono cioè dei nuovi oggetti che nascono dalla composizione in un luogo proprio, diverso e separato dagli altri e individuato nell'ambiente, di oggetti diversi.

D.:Si potrebbe chiedere allora: questi oggetti sono stati scelti per il loro colore, per la forma? Sono stati raggruppati cercando disposizione, orientamenti simmetrici o dissimmetrici, per intonarli all'ambiente, per metterli vicino ad un quadro o sopra un bel tavolo di modernariato oppure, peggio!, dentro una teca?
R.: Niente di tutto questo. La ragione della loro vita è più complessa ed è venuto il momento di svelarla.
Sono opere di "traduzione". Ricordando che il primo significato del verbo "tradurre" è, dal latino, "trasportare", si può dire che ognuna di queste opere è condotta a trasportare, o a tradurre, la propria forma originaria e semplice, verso la forma di un altro oggetto. Dall'incontro nasce, per ognuno degli oggetti interessati, una forma ed un significato nuovi. Indipendenti da quelli degli oggetti di origine. È un esito analogo a quello che si verifica con la traduzione di un testo scritto in un'altra lingua. Per esempio, le traduzioni di una poesia latina in lingua italiana attuale. Le versioni in italiano dei lirici latini ad opera di Salvatore Quasimodo sono considerate anche liriche di Quasimodo: è sempre possibile il rinvio o il raffronto con l'originale, ma il nuovo testo italiano può avere una vita autonoma. In libreria il libro può essere collocato sia insieme ai testi latini, sia con i lirici italiani del novecento.
La forma e il significato sono nuovi sia per i singoli oggetti, sia, e maggiormente, per l'insieme di essi. Tutto si perderà qualora gli oggetti siano di nuovo separati.
Queste idee saranno più chiare se analizziamo un'opera. Ad esempio "Ulisse", anche detta "Le navi di Ulisse". La composizione nasce dall'incontro/collaborazione di tre oggetti o tre materiali : quattro sfoglie fossili di un albero (Pleistocene del Canada, o qualcosa di simile), un mucchietto di terra scura, un vaso o centrotavola napoletano in terracotta di epoca imprecisabile. Lasciati a se stessi, questi oggetti non avrebbero avuto altro significato se non quello visibile nella loro forma: i fossili sarebbero rimasti fossili, tutt'al più destinati a qualche commento in una riunione o cena tra amici, il centro tavola sarebbe stato riempito di violette o di frutta, la terra scura non sarebbe stata proprio nulla. Invece con questa "traduzione", riconosciuta nella forma dei fossili la possibilità di mimare una vela al vento, e quindi una barca, è stato possibile dare alla terra scura, il significato di "mare nero, periglioso". I fossili/navi, che possono essere orientati in un senso o nell'altro perché la terminazione a punta può indicare una direzione, possono avere una meta comune oppure no: in questo caso, una delle quattro navi volge la prua indietro e, forse, abbandona il viaggio. Il centro tavola in ceramica assume "solo" la funzione di contenitore, ovvero di definizione dello spazio in cui si svolge la scena; ma è anche il caso di sottolineare che i due riccioli terminali ricordano molto da vicino un modo di disegnare, in epoca liberty, le onde: quest'ultima connotazione non sarebbe possibile se dentro il centro tavola non vi fosse un materiale che noi abbiamo ridefinito come "mare scuro".
Presentata così, questa composizione lascia chiaramente vedere che vi è un momento iniziale che è affidato all'autore e non può essere altrimenti. In questo caso è stato lo smascheramento dei fossili e la comprensione che celavano un forma di nave.
Nel caso di "Pane" tutto è nato dalla possibilità di riconoscere delle forme di pane nei tufelli lavorati dal mare.
Ovviamente qualunque altra persona potrà vedere altri significati e dare vita a composizioni diverse. Ed è questa riflessione finale che dà maggiore validità a questa tecnica traduttiva essendo ogni scelta affidata alla sensibilità dell'autore (o degli autori).
Un'ultima notazione. La composizione "Pane" è fatta con oggetti che rimangono separati tra loro e dal supporto. Questi oggetti possono cambiare posizione. La composizione può essere messa via, ovvero "sparecchiata" dopo la presentazione, come una tavola dopo il pranzo.

 


 

Alcune delle opere
ULISSE. LE NAVI DI ULISSE. Frammenti di albero fossile dalle Badlands di Drumheller (Alberta, Canada) raccolti nel 1970. Vaso in terracotta di epoca Liberty, Napoli. Terra.
Nel mare, terra scura, avanzano le navi di Ulisse. Una, piccola, ha voltato la prua, vuole tornare indietro.

PANE. Una spianatora per polenta; comprata al mercato delle pulci di Lyon Sopra vi sono alcuni panini individuali tipo Conad. Tufelli medievali forse di Pratica di Mare erosi e riformati dal mare di Torvajanica. Un tufello è spezzato in due, come il pane dell'offerta.

TUSCANIA STONEHENGE. Gocciolatoi di gronda della Cattedrale di Tuscania, distrutta dal sisma del 1971. Recuperati dagli scarti del cantiere di restauro e salvati. Qualche amico ha ricordato Stonehenge.

IL CERCHIO DELLA COMUNITA'. La composizione ricorda l'antico consiglio degli anziani che si riuniva in circolo e sotto gli alberi. Fronde intrecciate di un albero di limone e di un albero di arancio. A terra un cerchio in lastre di porfido. Alle estremità di un diametro del cerchio due pietre lavorate forse del villaggio delle Macine, riva del lago Albano. All'interno del cerchio due quadrati fatti con "cubilia" romani infissi in terra (opus reticolatum), parzialmente sovrapposti e mutuamente inclinati secondo uno schema caro a Malevic (suprematismo). La tecnica muraria romana ridisegna qui due quadrati suprematisti e contribuisce ad illustrare due poli degli interessi dell'autore.

MATTONI. Dentro un espositore di prodotti di bellezza francesi ( l''Oreal"?), in legno e plexiglas, databile agli anni '80, sono inseriti alcuni mattoncini dell'"opus spicatum" romani, raccolti a Fregene. Sul dorso dei mattoni sono riportati i titoli di noti romanzi e raccolte di poesie.

 


L'artista

Mario Munari
Romano. Architetto, antiquario, collezionista, scrittore di testi in prosa (due libri di analisi urbana di paesi del viterbese, due libri sulla ceramica del novecento) e in poesia (due volumetti). E' andato a piedi e con amici a Santiago de Compostela.
Sposato con Mary Janet Mac Isaac. Due figli.
Vive e lavora in Albano Laziale.

 

Per la rubrica Pepite - Numero 97 dicembre 2010