RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Cinema

Fellini e i Castelli Romani - “Il Bidone” (1955)

Pur ammettendo di essere un pessimo viaggiatore, Fellini amava profondamente scorrazzare fino a tarda notte nelle periferie di Roma e dintorni a caccia di ispirazione e di personaggi insoliti. I suoi itinerari preferiti erano tutti compresi nel triangolo Roma-Ostia-Viterbo e i Castelli Romani erano tra le sue mete preferite. Si racconta di gite ai Castelli a bordo delle sue auto lussuose e in compagnia degli amici di turno: in particolare a Grottaferrata (al noto ristorante “Al Fico” il regista era di casa e amava chiacchierare con il proprietario dell’epoca, che si spacciava anche per sensitivo), Frascati, Castel Gandolfo e Marino. Proprio a Marino sono state girate alcune sequenze de Il bidone (1955), film sfortunato all’epoca, ma che merita oggi un’attenta riconsiderazione.
Quando Fellini gira il film è reduce dal successo internazionale de I vitelloni e soprattutto de La strada. Ci si aspetta un’altra opera sulla scia delle due precedenti. Invece la storia di Augusto (Broderick Crawford) e dei suoi due compari, Picasso (Richard Basehart) e Roberto (Franco Fabrizi), tre mascalzoni senza arte né parte che vivono di espedienti e di piccole truffe, spiazza la critica e delude il pubblico. Pur riprendendo alcune delle tematiche abituali (la solitudine, il desiderio di comunicazione e di amore), Fellini rinuncia alle atmosfere nostalgiche e scanzonate realizzando un’opera amara e sconsolata, che racconta in modo cinico e disincantato un universo di squallore e miseria. La presentazione del film alla Mostra del Cinema di Venezia è un insuccesso. Fellini è costretto a rimontare la pellicola e ad accorciarla di una ventina di minuti ma il risultato non cambia: anche al botteghino è un disastro. Per molti anni Il bidone vive di questa cattiva reputazione, ma nel corso del tempo è stato rivalutato, e rivisto oggi appare una delle opere più interessanti e certamente la più ardita e sottovalutata del primo Fellini. Il film presenta infatti pagine di grande interesse e suggestione. Su tutte spicca la festa di Capodanno nella casa del bidonista arrivato, magnifica anticipazione dei motivi de La dolce vita, ma memorabili sono anche l’ignobile truffa ai danni dei baraccati e il finale tragico e solenne. Indimenticabile poi l’interpretazione di Broderick Crawford. Per il ruolo di Augusto, Fellini voleva un volto intenso e tragico nello stesso tempo. Pensa inizialmente a Humphrey Bogart, che non risulta disponibile in quanto già gravemente malato. Mentre si fanno strada altri nomi di attori francesi, il regista resta impressionato dall’immagine di Crawford su un manifesto cinematografico (l’attore americano ha vinto l’oscar nel 1949 per la superba interpretazione di Tutti gli uomini del re). L’aria greve, malinconica e sfatta, che contrasta con la dolcezza dello sguardo, gli sembra perfetta per il personaggio di Augusto, il più anziano dei tre bidonisti. Crawford si rende subito disponibile. Quando arriva a Roma, l’attore è reduce da una drastica cura di disintossicazione da alcool e a pranzo con il regista beve solo acqua minerale. Il caso vuole che i sopralluoghi per il film inizino da Marino, proprio mentre è in corso la celebre festa dell’uva. La cittadina castellana è in tripudio: carri allegorici, fontane che versano vino, cortei e inni bacchici… Troppo per i buoni propositi di Crawford. Si racconta che proprio mentre Fellini si appresta a girare il primo ciak l’attore americano sparisce. Viene ritrovato da un contadino il giorno dopo ubriaco, sperduto nelle campagne circostanti. Tutta la lavorazione del film è tormentata dalle condizioni dell’attore americano che arriva spesso sul set «avvolto da una nube alcolica» come racconta Fellini. Uno stato che però risulta alla fine funzionale al film, donando al personaggio un’aurea di sofferenza autentica.
Come dicevamo, molte scene del film sono girate a Marino: in particolare la parte centrale, con le sequenze del Luna Park e del vagabondaggio notturno nelle stradine deserte del paese. Quest’ultima è centrale nell’economia dell’opera in quanto rivela i sentimenti e le aspettative dei tre personaggi. Augusto riflette sulla sua condizione: dopo una vita passata a truffare la povera gente, sopraffatto dal peso degli anni sente più imminente il proprio fallimento esistenziale. Vorrebbe tentare colpi più audaci, ma non ha la forza e il coraggio del suo ex-amico arricchito, né tanto meno è capace di cambiare vita, neanche dopo l’incontro con la figlia. Riccardo conferma la sua natura cinica e ripugnante: pensa solo a truffare il prossimo e a spassarsela con le prostitute di turno. Picasso è l’unico che si redime. Anche se ubriaco, riflette sull’ultimatum della moglie, che ha scoperto la sua doppia vita, e alla fine decide di lasciare la cattiva compagnia.
A Marino furono girate anche altre sequenze che però vennero tagliate in sede di montaggio. La scena del Luna park doveva essere infatti molto più lunga. Si vedevano i tre compari bighellonare tra giostre, giochi e misuratori di forza. Roberto e Picasso entravano nel “Rotor” (un cilindro rotante in grado di provocare per l’attrito l’attaccamento delle persone contro la parete anche quando il pavimento veniva abbassato). Durante le riprese di questa sequenza accadde un incidente all’attore Franco Fabrizi che fu sbalzato a terra dall’improvvisa apertura di una delle porte del “Rotor”. Ricoverato all’ospedale di Marino, gli furono riscontrate una frattura del setto nasale e altre ferite minori (il fatto, documentato da un cinegiornale dell’epoca, è stato inserito nei contenuti speciali del dvd del film edito da Medusa).
Ai Castelli Romani Fellini resterà legato anche professionalmente e ritornerà per girare molti dei suoi film successivi come Le notti di Cabiria (1957), con il bellissimo finale realizzato al lago di Castel Gandolfo, e Toby Dammit, delirante e allucinato episodio di Tre passi nel delirio (1967), girato in esterni di notte tra Marino e Castel Gandolfo.
Per la rubrica Cinema - Numero 59 febbraio 2007