RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Antropologia

Per una cultura del vivere e dell'abitare

“U Rembombu” di Nemi

Intervista Maria Elisabetta Mannoni

D. Da quanto tempo esiste il gruppo "U Rembombu" e cosa vuol dire il nome?

R. Il gruppo di danza e musica popolare "U Rembombu" è nato a Nemi agli inizi degli anni '80. Il nome nel dialetto di Nemi significa L'Eco. Per quanto vicini siano i paesi dei Castelli Romani ognuno di loro si caratterizza, nella lingua parlata dalla gente, per una particolare struttura e cadenza tipica del luogo e solo di quello. I dialetti in pratica sono tutti diversi tra di loro ed anche se a volte alcune parole risultano comuni a più paesi, tuttavia nella costruzione del discorso, nell'intonazione e nell'enfasi della pronuncia esse assumono suoni diversi e caratteristici. Lo stesso vale per le forme della cultura popolare, non sono mai le stesse, così che città adiacenti o distanti pochissimi chilometri come Genzano, Velletri, Albano, Lanuvio, Frascati, Nemi etc. contengono aspetti della vita sociale e della cultura popolare molto differenti tra di loro. In merito a questo, con una paziente e seria ricerca, che non ha mai lasciato spazio a "caricature" e deformazioni tipiche della mentalità moderna di stampo nostalgico, il gruppo ripropone quegli aspetti della cultura popolare e contadina della tradizione di Nemi espressi con il canto e la danza.

D. Voi vi esibite in costume, puoi spiegarci da dove derivano e come sono fatti?

R. Sono i costumi che erano indossati dai giovani e dalle ragazze nei secoli passati, la manifestazione più vera della cultura come testimonianza di un'epoca. Abbiamo consultato, oltre a vecchie foto, anche stampe ed incisioni dell'età antecedente lo sviluppo della fotografia in cui si vedono donne ed uomini con il caratteristico abbigliamento di queste parti, copricapo compresi. Nasce una ricostruzione di abiti con i tessuti e le forme impiegate nell'800 completa del corredo dei gioielli di allora: orecchini, fermagli per capelli, collane.
Ora con l'aiuto di Fausto che cura con grande passione e meticolosità la "sartoria" de "U Rembombu", vi descriviamo i vari capi che compongono questi costumi.
L'abito tradizionale maschile è simile a quello di altre località del Lazio: l'uomo indossa pantaloni lunghi fin sotto al ginocchio sostenuti da un'ampia fascia in vita, dove veniva collocato un gancio in legno per appendervi strumenti di lavoro, uno di questi detto a Nemi "piccaronciu", una specie di falcetto, veniva usato per le attività agricole. La camicia era ampia di colore bianco con sopra un gilè come corpetto o panciotto. Un vasto mantello gettato sulle spalle riparava bene dai rigori invernali. In testa un tipico copricapo a forma di cono o un cappello a falde.
Il costume delle donne che indossiamo è quello della festa. In testa la caratteristica "mandrucella" di colore bianco; ha la forma di un rettangolo che per metà poggia sul capo, mentre l'altra metà scende libera dietro la nuca. Ricorda il "Flemmeum" delle spose romane. Questo copricapo è tenuto fermo da uno spillone chiamato anche "fiore", "tremolante", "spadino". In caso di necessità veniva usato anche per difesa personale.
La camicia, messa a diretto contatto con il corpo assume il significato di copertura difensiva, il busto protegge il seno e svolge una funzione di corazza. La gonna, detta "Guarnellu", simbolo per eccellenza della femminilità, è ampia e lunga fino alle caviglie. Sopra di essa si indossa "U zinale", grembiule utile a proteggere la gonna ed anche per trasportare i prodotti della terra raccolti (frutta, ortaggi, ecc.). Nella stagione invernale le donne indossavano una sorta di giacca per ripararsi dal freddo detta la "pullacca". Il costume era impreziosito dallo "scialle" un velo in pizzo di colore bianco. Questi costumi, ripeto, sono prodotti dal gruppo.

D. Quali sono le vostre attività di gruppo?

R. "U Rembombu", forte di un' esperienza pluridecennale, ha potuto acquisire una notevole maturità artistica ed una buona professionalità come testimoniano i successi riportati nelle varie località italiane ed estere in cui si è potuto esibire e nei moltissimi festival nazionali ed internazionali che lo hanno visto tra le formazioni più preparate d'Italia. Ma questo impegno è dedicato e rivolto soprattutto verso la nostra città ed i Castelli Romani con l'intento di mantenere vivo l'interesse verso queste forme della tradizione e raccontare con la musica ed il ballo le piccole-grandi storie della comunità locale. Le varie espressioni coreutiche non erano riservate solo alle occasioni importanti come le nozze, i fidanzamenti, le ricorrenze comunitarie, la mietitura, la vendemmia, i raccolti, con la danza e il canto si scandivano nella quotidianità anche i momenti "normali" del vivere: lavoro, svago, gioco, feste in famiglia. Gli spettacoli che il gruppo oggi propone ripercorrono infatti vari momenti della vita di un tempo, lo si comprende dai titoli di alcuni balli come il saltarello dell'Osteria, il saltarello delle Fragole, della Pizza e Ricotta, il saltarello del Lago, il saltarello Decco e Dello ed il ballo della Teretecca.

D. Il ballo della Teretecca?

R. La Teretecca è una tavola di legno con attaccati dei ferri sulle facce, liberi di muoversi e di produrre un suono per percussione. Questi oggetti erano usati durante la quaresima quando, per tradizione religiosa, le campane non potevano suonare. Le pratiche del passato e gli oggetti che a molti, soprattutto i giovani appaiono sconosciuti, vengono richiamate con il ballo al fine di concorrere , attraverso la conoscenza, alla difesa dei connotati identitari della comunità locale, che è anche difesa del binomio indissolubile Natura e Cultura fondamento della storia di Nemi. Questa storia dell'esistenza è del resto simile a quella di tutti gli altri insediamenti umani, ognuno con il proprio carattere che si riflette nella comunità di cui ci si sente parte. Nelle manifestazioni nazionali o estere quindi c'è uno scambio ripetuto con espressioni d'arte diverse, ma riferite alla stessa cultura del vivere e dell'abitare. In questi incontri è nostro costume eseguire anche danze popolari legate alla tradizione di altre regioni d'Italia tarantelle, quadriglie, polke, gighe, come rispettoso omaggio alla multiformità della musica e del ballo popolari ed alle genti che quella diversità l'hanno prodotta.

D. Come siete inseriti in queste manifestazioni e quali sono stati i vostri ultimi impegni?

R. Il gruppo è iscritto alla Federazione Italiana Tradizioni Popolari (F.I.T.P.) con la quale ha contatti per le varie esibizioni.
La scorsa estate nell'ambito di un gemellaggio siamo stati ospiti in Portogallo vicino Coimbra al festival nazionale di danza popolare di Pouca Pena che è una piccola frazione del comune di Sure. Questo municipio ha all'attivo decine di scuole ed associazioni di musica, teatro e danza di tutti i tipi piene di giovani. Il comune inoltre fornisce i gruppi di una sede e dei finanziamenti necessari per lo svolgimento delle attività, nel nostro caso a Pouca Pena c'era un intera palazzina con saloni, servizi, cucina, teatro, museo ed un bel giardino completamente a disposizione per l'ospitalità e le attività artistiche. Un modello che ci piacerebbe riprodurre anche a Nemi o ai Castelli Romani.
Qui ai Castelli e a Roma abbiamo partecipato a diverse sagre e manifestazioni che propongono la diffusione della cultura e dei prodotti tipici locali. Per le feste ricorrenti in primavera ed estate saremo a Nemi ed in altri luoghi della Provincia ed alla fine di agosto parteciperemo ad un festival in Europa.

D. Altre attività?

R. Abbiamo una scuola di ballo dove si insegnano i passi e le figure sotto la direzione del maestro Ivo, gli stessi componenti del gruppo inoltre, sono abilitati dal 2004
all'insegnamento del 1° livello del "saltarello". La partecipazione a corsi di perfezionamento e stage in varie parti d'Italia, l'aggiornamento e lo studio nei riguardi delle forme e degli oggetti della tradizione popolare continua ad impegnarci così da avere solidi riferimenti culturali nel momento delle esibizioni e degli spettacoli.

D. Per quanto riguarda la musica?

R. Il nome del gruppo che significa l'Eco, ricorda il suono vivace e brillante di organetti, chitarre e tamburelli che i nostri musicisti suonano dal vivo per accompagnare le danze. Agli inizi della nostra attività a Nemi era presente il noto musicista Ambrogio Sparagna che oggi è direttore dell'orchestra popolare dell'Auditorium di Roma. Con lui abbiamo iniziato a studiare il ballo e condiviso il principio della nostra storia .

Per la rubrica Antropologia - Numero 91 maggio 2010