«Fiaschi, botti e "fraschette", targhe e stornelli inneggianti al vino dei Castelli Romani compaiono in numerose pellicole del cinema italiano e non solo. Registi come Fellini, De Sica, Pasolini, Germi, e attori come Totò e Sordi, ne hanno fatto una presenza ricorrente in molti film e oggetto di gustosi aneddoti»
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A casa della bellona di turno, nei panni di un improbabile miliardario venezuelano, Totò ordina «un goccettino di whisky con una spruzzatina di Frascati». Il film è Il coraggio (1955) di Domenico Paolella. Sempre Totò, nel film Sette ore di guai (1951), inseguito da una folla inferocita che lo crede rapitore di un neonato, si nasconde nei vicoli di Marino, proprio dietro una delle botti accatastate ai bordi dei vicoli cittadini (nel film, che è girato nel periodo della Sagra dell'uva, una parte importante ha anche uno dei tipici "carretti a vino" marinesi, a bordo del quale i compari di Totò riescono a mettersi in salvo e raggiungere la capitale). Nell'episodio La patente del film Questa è la vita (1954), con il Principe nei panni di un terribile iettatore, un cartello fuori una trattoria nella piazza di Nemi, dove sono stati girati gli esterni del film, annuncia «vino speciale di produzione propria». In una scena di Racconti romani (1955) di Gianni Franciolini, ad una coppia di turisti inglesi indecisa sul menù, l'oste propone, insieme a «tagliatelle con lo spezzato e li peperoni», mezzo litro di Frascati (in bella mostra su una lavagna dell'osteria si legge la scritta "£. 160 Velletri" e "Frascati"). Un fiasco di vino castellano compare anche nel ristorante frascatano dove è girata una sequenza de Il vigile (1961) di Luigi Zampa con Alberto Sordi e Sylva Koscina.
Fiaschi, botti, targhe inneggianti al vino dei Castelli Romani compaiono in numerose pellicole del cinema italiano, soprattutto degli anni '50 e '60. L'argomento merita un ulteriore approfondimento e ci ripromettiamo di ritornarvi al più presto. Ci limitiamo quindi, in questa prima indagine sul tema, a segnalare una serie di curiosità .
Il famosissimo ritornello di Nanni '('Na gita a li Castelli) è citato non solo dal cinema italiano, ma compare anche in alcuni film americani. Nell'episodio Teresa, interpretato da Silvana Mangano, del film L'Oro di Napoli (1954) di Vittorio De Sica, durante i festeggiamenti per il matrimonio della protagonista con un uomo ricco molto più grande di lei, gli invitati intonano l'allegro stornello, contagiando anche la sposa. Il celebre refrain popolare, modificato nella strofa (Velletri al posto di Marino), compare anche nel film di Robert Altman Un matrimonio (1978) interpretato, tra gli altri, anche da Vittorio Gassman e Gigi Proietti: nei panni di due fratelli che non si vedono da molto tempo, festeggiano l'avvenuta riappacificazione intonando il noto ritornello.
In una caratteristica "fraschetta" castellana, con tanto di sottofondo canoro (La società dei magnaccioni), è ambientata un'importante sequenza de Un maledetto imbroglio (1959) di Pietro Germi, uno dei primi e più riusciti polizieschi realizzati in Italia. Liberamente tratto dal capolavoro di Gadda Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, il film ripropone i luoghi e le ambientazioni del celebre romanzo che vede protagoniste anche Marino e altre località dei Castelli Romani.
Non mancano però citazioni sparse anche in tempi recenti. Nell'ultimo film di Corrado Guzzanti, Fascisti su Marte (2006), mentre i camerati si stupiscono della presenza di amazzoni sul pianeta rosso, la voce narrante declama: «avvelenati dalle radiazioni di certo raggio uva che avrà visto alla Sagra di Marino».
Il vino è una presenza ricorrente anche nei primi film di Pasolini (si pensi a Mamma Roma o ad Accattone) e nei film di Fellini di ambientazione castellana, dove conta anche per la sua "valenza alcolica". In Le notti di Cabiria (1957) il presunto pigmalione cerca di far ubriacare Giulietta Masina, straordinaria nei panni di una candida e stravagante prostituta, per poterla poi rapinare più facilmente (la scena è girata sulla terrazza panoramica della trattoria Bucci di Castelgandolfo). In Toby Dammit, episodio del film collettivo Tre passi nel delirio (1967), durante la folle corsa notturna del protagonista ubriaco per i vicoli di Marino, si intravedono diverse "fraschette", così come le tipiche botti di vino per le strade del centro storico. Ne Il bidone (1955), invece, il vino dei Castelli non è più solo invenzione cinematografica, ma ha invece un effetto reale sul protagonista, l'attore americano Broderick Crawford. Il caso vuole, infatti, che le riprese del film inizino a Marino, proprio mentre è in corso la celebre Festa dell'uva: troppo per i buoni propositi di Crawford, appena reduce da una drastica cura di disintossicazione. Fellini ricorda che proprio mentre si apprestava a battere il primo ciak, Crawford sparì: fu ritrovato ubriaco il giorno dopo e l'intera lavorazione del film fu tormentata dal continuo stato di ubriachezza dell'attore americano.
Anche l'indimenticato Buster Keaton non seppe resistere alla tentazione del buon vino castellano. In occasione di uno dei suoi ultimi, malinconici film, Due marines e un generale (1965) al fianco di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, si narra che non riuscisse a rinunciare a ricche bevute «del bianco misterioso dei colli di Roma» in allegra compagnia della troupe borgatara, «alla faccia della cirrosi epatica», come ricorda anche Francesco Guccini in un suo celebre brano del 1987, contenuto nell'album Signora Bovary.
Concludiamo con un gustoso aneddoto raccontato da Alberto Sordi e citato nel volume di Marco Spagnoli dedicato al grande attore romano. A Natale Sordi amava invitare a cena i grandi del cinema italiano dell'epoca: da Fellini a Rossellini, da De Sica alla Lollobrigida, dalla Loren alla Mangano. Al centro di ogni tavolo, accanto ad una costosa bottiglia di champagne (alla faccia di chi lo dipingeva tirchio), ne metteva un'altra di un vinello dei Castelli che produceva lui stesso a Velletri: un vino adorabile, che spumava naturalmente. Inutile dire che, a scorrere a fiumi, era soprattutto il vino castellano.
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