Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Eventi

L’Arte come impegno sociale

una testimonianza dell’artista

In un tempo sommerso da battaglie mediatiche, tra non detto, poco o mal detto, omesso o travisato, ritengo che l'informazione abbia interrotto il senso primario del suo esistere: dare notizie, sì, ma anche far riflettere e soprattutto far conoscere accadimenti e dati, liberi dalle reinterpretazioni o censure volute dalla dipendenza politica delle testate giornalistiche o dei canali televisivi. Un'infinità di notizie, certo, ma troppe volte travisate, oppure, ancora peggio, celate nel silenzio. Visto che la globalizzazione ormai ci sommerge, sperando che non sia soltanto una libera corsa di mercato ed alta finanza, o ancor peggio di sfruttamento di manovalanza umana a bassissimo reddito, avrei alcune cose da precisare sul ruolo di un artista in questo tempo molto confuso.
Faccio arte e mi occupo di cultura da quaranta anni, e nel mio percorso lavorativo ho sempre perseguito una strada di rigore, lontana dai clamori del rapido successo e della cultura-spettacolo.
Faccio parte di quella schiera di artisti, della mia generazione, che hanno creduto fortemente nel potere liberatorio della cultura, in tutte le sue forme espressive. Ed ancora è dentro di me questo messaggio, forte e prepotente come quaranta anni fa. Recentemente è venuta a mancare la grande scrittrice Fernanda Pivano, una novantenne ancora ribelle, ancora calata nello spirito di quella beat generation alla quale ha dato tanto.
L'arte ha un grande compito, a mio avviso, quello di far pensare, di dare scossoni alle coscienze intorpidite, è Un impegno sociale, e come tale ancora la vivo.
La mostra antologica " Giochi di guerre", ripercorre un arco lavorativo di venti anni, emblematizzato da quattro cicli narrativi: Percorsi spirituali, Potenziali evocati, Satira del potere, Giochi di guerre. Messaggi pittorici calati in parte nell'impronta provocatoria e dissacrante propria dell' Espressionismo, in parte verso percorsi di ricerca informale, nell'approccio più intimistico di un simbolismo che affonda le radici nell'autoanalisi junghiana, incluse le tecniche di pittura e scrittura automatica tanto usate nel surrealismo.
Scrive Ennio Calabria nella prefazione in catalogo:
Da: "La verità è che i veri artisti hanno il problema dentro"
" (...) Quando l'artista è della dimensione di Susanna Rossi, la pittura è capace di condurre verso una rappresentazione l'espressione sintomatica di quel problema, che la stessa coscienza dell'artista non può conoscere. Susanna fa grande uso di quella dimensione del profondo nella quale sembra agire un misterioso archivista, del quale ignoriamo le modalità archivistiche. Egli gestisce le infinite informazioni di cui abbiamo avuto coscienza o che hanno eluso la nostra attenzione o che la memoria ha trasformato nel tempo, influenzata a rimuoverle o a conservarle, dall'istinto di sopravvivenza o dai nostri equilibri (...) Susanna Rossi è un'artista del suo tempo e il suo linguaggio paga il costo dell'esistere e quello dell'immersione nella vita (...) ".

Ma, ritornando al messaggio iniziale, titolo della mostra " Giochi di guerre", mi pare doveroso spiegarne il senso. Era il 9 ottobre del 1989, ed in una Berlino per settimane agitata da proteste, si aprì la prima breccia in quel muro, durato ben 28 anni, costruito il 13 agosto 1961.
Una città a metà, un muro che avrebbe segnato intere generazioni di tedeschi inesorabilmente divisi. Tutti ricordiamo bene le immagini dei primi giovani che salivano, dalla parte est, fino all'apice del muro, mentre dall'altra parte li attendeva una immensa folla in preda alla gioia.
E poi il muro si sbriciolò, pezzo per pezzo, fino a diventare grottesco e lugubre souvenir.
La riunificazione delle due Germanie si concluse solo il 3 ottobre 1990.
Ma ora a distanza di venti anni, da quella "Stele di Berlino", che dà inizio al racconto della mostra di Velletri, quanti muri esistono ancora, muri costruiti in cemento e mattoni, o peggio ancora muri invisibili? Muri e guerre sono un binomio inseparabile, ma non tutte le guerre del terzo millennio sono dichiarate, anzi le peggiori, le più devastanti, si svolgono nell'omertoso silenzio.
Sono i muri dello sfruttamento, delle nuove schiavitù, della fame senza voce, dei genocidi, delle pulizie etniche, muri come bianchi schermi sui quali proiettare i nuovi baracconi mediatici, neopropaganda di un falso benessere, che spazza via le scorie radioattive o i rifiuti tossici prodotti, verso i territori più poveri del pianeta, aggiungendo nuove malattie in paesi che non hanno accesso neppure alle cure di primo soccorso o alle vaccinazioni
Muri plagianti del marketing computerizzato, che inducono a consumismi compulsivi, status simbol della vuotezza, volgare e chiassosa, con rosse labbra da taverna, proprio come nei ritratti di Grotz o Otto Dix, che infierivano con la lama dissacrante dell'espressionismo sulla ricca Germania hitleriana. Certamente tutti i dittatori hanno avuto bisogno di artisti al loro seguito: ritratti e parate, fasti e celebrazioni, ma altrettanti artisti sono caduti sotto la scure delle varie dittature, fino agli eclatanti esempi di un ribelle Picasso del "Guernica", o il visionario Goya dei " Disastri della guerra"o del ciclo di incisioni "Il sonno della ragione produce mostri".
Nuove guerre per l'approvvigionamento di gas e petrolio, guerre dai nomi altisonanti Tempesta nel deserto, Missione antica Babilonia, antichissime civiltà cancellate, musei depauperati, le nostre arcaiche origini cancellate in quella Mezzaluna fertile che diede civiltà e sapere a tutta l'area del mediterraneo.
Arte come impegno sociale significa anche questo, ricordare le origini, le commistioni culturali, la vera, antica globalizzazione, dove culture, economie, religioni e popoli, si mescolavano confrontandosi nel sapere: la colta scuola di scienze e filosofia, nella Medina di Cordova, nell'antica Spagna dei filosofi arabi Avicenna e Averroè, il Cilento della Scuola Parmenidea, i grandi centri monastici francesi dove nacque la lingua d'oca, le abbazie benedettine con i preziosi archivi e le biblioteche del sapere. Nella cosiddetta Notte dei cristalli, a Berlino, Hitler fece bruciare l'intera biblioteca di codici miniati ebraici e musulmani, per cancellare le tracce di un sapere negato. I talebani del martoriato Afghanistan, hanno corretto il tiro, replicando un copione senza senso, con la distruzione dei magnifici Buddha, scavati nella roccia e sbriciolati inesorabilmente nella sabbia del deserto.
Ma la cultura è un DNA in più, nel corpo, nelle menti; né il fuoco, né le più feroci censure sono capaci di annullarla, e tutte le storie dell'arte, da quella figurativa, alla letteraria, alla musicale, fino alla storia del cinema lo hanno dimostrato nel tempo.
Si è scritto, dipinto, composto musica e addirittura diretto film, dietro le sbarre di un carcere, dopo aver subito oltraggiose torture.
Scriveva il critico d'arte Dario Micacchi a proposito della mia Stele di Berlino:
" Può essere il muro storico di Berlino, che è fuori e dentro di noi, sul quale Susanna Rossi ha costruito una stele che un fiume di energia trapassa nelle due direzioni (...) Su questi muri orridi che tanti ne hanno costruiti le nostre civiltà, Susanna Rossi ha fantasticato con una tecnica coraggiosa e una figurazione di una allucinante concretezza materica che simula ossessivamente il muro, la gabbia, lo sbarramento di una prigione o di un lager (...). Grazie dunque a questa pittrice che ha avuto uno sguardo così trasparente da ricordarci le soglie, le gabbie, i muri del nostro crudele e straordinario presente. Mi viene in mente lo sguardo forte di una piccola donna, che non sarà mai vecchia, che ha varcato una soglia e ci ha portato dopo 50 anni una lettera del suo uomo, Bukarin, assassinato al di là del muro".
E per concludere questo breve percorso sul senso di una mostra, vorrei spendere un particolare ringraziamento verso un grande uomo di cultura, veliterno: l'amico carissimo e compagno inseparabile di tanti cammini culturali Avvocato Renato Mammucari.
Gli artisti si sa sono forti e fragili nel contempo, hanno bisogno di referenti sinceri ed una parte di questa mostra appartiene anche all'amico Renato, confidente e sapiente consigliere, per il quale esprimo un caloroso grazie, nel ricordare inoltre le innumerevoli battaglie culturali ed esistenziali intraprese insieme.
Vorrei concludere con un passo tratto dalla sua prefazione in catalogo, parole che mi appartengono profondamente, poiché raccontano i silenzi e la timidezza, caratteristica del mio agire solitario.
Da: " Pensieri scritti in trasparenza, che vanno letti in filigrana"
" (...) E con rara carica emotiva Susanna è riuscita, recependo quella richiesta di aiuto di un mondo malato nell'indifferenza dell'umanità, a riappropriarsi del presente per concedersi al futuro che, pur incerto e confuso, non le ha mai spento il sorriso; se è vero infatti che per comprendere l'arte è necessaria un po' di malinconia e d'infelicità, per produrla e crearla è indispensabile, invece, la gioia di vivere, la consapevolezza delle proprie capacità, la certezza di riuscire ad esprimere ciò che preme dentro di sé come un figlio ansioso di nascere. Il tutto raccontato e scandito, con quelle tonalità che oscillano tra il blu, l'indaco, il viola e il rosso, da quella voce universale che è il silenzio capace di rivelare pensieri scritti in trasparenza che vanno quindi letti in filigrana. Perlomeno per chi sa intenderli".

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Giochi di guerre
Mostra antologica di Susanna Rossi
Velletri Museo Diocesano (Sala Angelucci)
15 - 29 novembre 2009

 


 

Note biografiche

Susanna Rossi è nata a Bologna nel 1950. Vive e lavora a Genzano di Roma.
Diplomata all'Accademia di Belle Arti di Bologna (Pittura e Scultura), laureata al DAMS di Bologna in Regia teatrale (Luca Ronconi) e documentaristica. Oltre che pittrice e scrittrice, svolge attività giornalistica e di promozione culturale, nonché di critica letteraria ed artistica. Dal 1993 promuove il Festival " Eptagonos"- I sette lati della cultura", con eventi annuali dedicati alle arti figurative, cinema, teatro, letteratura, saggistica, filosofia, archeologia e scienza.
Dall'anno 2000 coordina la Direzione Artistica del Festival con il Prof. Renato Mammucari, e la pubblicazione dei " Quaderni di Eptagonos", giunta all'ottava edizione.
Ha scritto e diretto innumerevoli spettacoli teatrali sperimentali, e favole radiofoniche trasmesse dalla radio di Stoccarda.
Ha svolto attività di scenografa e pittore di scena in film di Lattuada, Nanni Moretti, Marco Leto, ed ha collaborato con il regista Luigi Di Gianni in vari documentari etnoantropologici in Basilicata e Puglia, nonché come consulente artistica in documentari d'arte ed archeologia.
Dal 1983 all'85 ha curato la preparazione del Festival storico di Ferrara, collaborando con l'Archivio del Movimento Operaio e l'Università di Bologna.
Ha curato la Direzione di laboratori sperimentali di arte e teatro, a Brescia, Bologna e Mantova. partecipando a diversi gruppi artistici e teatrali: Fluxus (Stoccarda), Palazzina Liberty (Milano), con Dario Fo e Franca Rame, Gruppo valori Plastici (Mantova), Gruppo teatrale " la Loggetta", Brescia:
Circa settanta le mostre personali in Italia ed all'estero, performance multimediali e innumerevoli le collezioni private e pubbliche che ospitano le sue opere, tra le quali Italgas ed Eni Snam.
Ha pubblicato numerose sillogi poetiche, racconti e saggi, ed è in fase di pubblicazione, con l'Editore Nardini di Firenze, il romanzo " Nemi- Imen dal 7 all'8".
Susanna Rossi, della quale hanno parlato critici d'arte e personalità della cultura italiana e straniera, da anni si batte insieme ad altri artisti, per una cultura scevra dai condizionamenti di mercato, arte di denuncia che l'ha vista sostenere numerose manifestazioni contro ogni forma di abuso, guerra o manipolazione dell'individuo.
Svolge attività di promozione culturale con l'Associazione Idus Dianae, della quale è presidente.

Per la rubrica Eventi - Numero 86 novembre 2009