Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Biblioteca di Trimalcione

La cucina futurista

Il 2009 si è aperto con un importante anniversario: il centenario della pubblicazione del "Manifesto del Futurismo" ad opera del poeta e scrittore Filippo Tommaso Marinetti , una data storica che coincide con la fondazione del movimento che tanta parte ebbe nella storia italiana e non solo. Il manifesto, dapprima diffuso in italiano sulla rivista "Poesia", venne in seguito pubblicato sul quotidiano parigino "Le Figaro" il 20 febbraio del 1909. Nel celeberrimo documento programmatico, Marinetti enunciava i fondamenti teorici del futurismo: l'assoluta necessità di aderire al proprio tempo, contrapponendosi al tradizionalismo culturale, al "passatismo"; l'esaltazione del mito della modernità ("modernolatria"), della bellezza della velocità e del dinamismo, il "culto del coraggio, dell'audacia e della ribellione". Si andava così delineando una nuova era, contraddistinta dall'avvento di tecnologie rivoluzionarie, dalla nascita dell'industria moderna, dall'introduzione su larga scala di invenzioni che modificano completamente il concetto di tempo e di spazio, in particolare per quanto riguarda mezzi di comunicazione e mezzi di trasporto (treni, aeroplani, automobili). Questa ondata di rinnovamento abbracciò così, nella sua espansione, ogni forma di espressione artistica, dalla pittura alla scultura, dalla letteratura alla musica senza tralasciare la fotografia, il cinema, la danza, il teatro, la moda e persino l'arte culinaria. Già nel 1910 infatti, durante un convegno futurista, presso il Politeama Rossetti di Trieste, si svolse una memorabile cena durante la quale i commensali diedero inizio al convivio, abbandonando forchetta e coltello e invertendo il tradizionale ordine delle portate: si cominciò con il caffé per approdare infine agli antipasti e agli aperitivi. Ma il vero precursore in materia fu senza dubbio lo chef parigino Jules Maincave, autore del manifesto "La cuisine futuriste" edito sulla rivista parigina "Fantasio" il 1° settembre del 1913. Nel manifesto si affermava che: "La cucina futurista ha dunque per scopo di avvicinare alimenti e liquidi oggi separati per una così strana cautela e di provocare, per mezzo di quest'incontro, sensazioni gustative inedite". Sapori e percezioni olfattive singolari appaiono dunque nelle sue ricette, create con accostamenti a dir poco innovativi: "rane farcite con battuto di gamberetti rosa, uova in camicia nel sangue di bue con purè di patate allo sciroppo di lampone, filetti di sogliola alla crema Chantilly, spolverati di lische pestate", solo per citare alcuni esempi . A questa prima dichiarazione di intenti fece seguito, sulla rivista "Roma Futurista" , un nuovo manifesto dal titolo "Culinaria futurista" della parolibera Irba in cui si ribadiva la libertà di invertire e variare l'ordine delle portate nonché il primato della "forma" e del "colore" nell'allestimento delle pietanze. Dieci anni dopo, sulla Gazzetta del Popolo di Torino, lo stesso Marinetti diffonderà il "Manifesto della cucina futurista" . Nell'originale dettato del fondatore del futurismo spiccano la necessità di eliminazione delle tradizionali miscele per consentire l'affermarsi di nuove originali ricette, e l'abolizione della pastasciutta, colpevole di provocare "fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo". In particolare l'aspra battaglia combattuta tra sostenitori e denigratori dell'"alimento amidaceo", culminò con la rivolta del gruppo futurista "Sintesi". In una lettera sottoscritta da Farfa, Gaudenzi, Picollo, Lombardo e Pierro, datata 15 gennaio 1931, i firmatari, pur accettando la guerra alla pastasciutta, si rivolgevano a Marinetti affinché rilasciasse una dichiarazione di "leale neutralità verso i ravioli, propulsori dinamici per i quali nutriamo profonde simpatie e doveri di riconoscenza e di amicizia" . Nel suo proclama Marinetti inoltre sosteneva l'opportunità di abolire, per alcuni cibi che danno "piacere tattile prelabiale", l'uso di forchetta e coltello, ribadiva la necessità di eliminare dosi, peso e volume nella valutazione del nutrimento nonché la professione della politica e dell'eloquenza a tavola. Dovevano invece essere opportunamente diffuse durante il pasto, l'arte della musica e della poesia, come pure quella dei profumi al fine di favorire la degustazione, senza tralasciare un'adeguata dotazione di strumenti scientifici "in modo da ottenere da un prodotto noto un nuovo prodotto con nuove proprietà". Le creazioni culinarie ispirate al celebre movimento d'avanguardia confluiranno due anni dopo nel volume "La cucina futurista" di Marinetti e Fillìa , stampato dalla Casa editrice Sonzogno . Nel testo sono riportati i Manifesti, l'ideologia e le polemiche legate alla gastronomia, una raccolta di numerose ricette e polibibite , la cronaca dei pranzi futuristi determinanti, un formulario futurista per ristoranti e quisibeve e in appendice un piccolo dizionario di cucina. Nella primavera del 1931, a Torino, in Via Vanchiglia, 2 venne inaugurato inoltre il primo ristorante futurista, situato in un locale ristrutturato e arredato dall'architetto Nicolay Diulgheroff e decorato dall'aeropittore Fillìa. Detto locale, interamente rivestito dal soffitto al pavimento, di purissimo alluminio, era intervallato da colonne luminose e da grossi occhi metallici. Gestito da Angelo Giachino che ne era anche proprietario, lo storico ritrovo fu battezzato da Marinetti come la "Taverna del Santopalato". Per il pranzo futurista, organizzato in occasione dell'inaugurazione, vennero realizzate numerose ricette ideate da Paolo Alcide Saladin e da Fillìa, in collaborazione con i cuochi Ernesto Piccinelli e Celeste Burdese; tra le altre ricordiamo: il "brodo solare" del cuoco Ernesto Piccinelli, il "Pollo d'acciaio o Pollofiat" dello stesso Diulgheroff, "Equatore + Polo Nord" di Enrico Prampolini, il "Carneplastico" di Fillìa, i "Reticolati del cielo" dello scultore Mino Rosso, l' "Ultravirile" di P. A. Saladin. I menù distribuiti per l'occasione, furono realizzati a mano da artisti straordinari come ad esempio Enrico Prampolini, Fortunato Depero, Medardo Rosso, e dallo stesso Fillìa. L'avvenimento ebbe grande risonanza, numerosi articoli apparvero sui maggiori giornali dell'epoca; tuttavia dopo poco tempo la Taverna, per problemi economici, dovette chiudere i battenti. Il grande successo di pubblico i futuristi lo ottennero soprattutto grazie agli aerobanchetti; in particolare divenne famoso l'aerobanchetto futurista di Bologna, organizzato in occasione dell'inaugurazione, da parte di Marinetti, di una mostra di Aeropittura presso il Circolo dei Giornalisti. Durante il convivio i commensali sedevano presso tavoli inclinati, con al centro due strutture simboleggianti le ali del velivolo, imbanditi con piatti di metallo e tovaglie costituite da fogli di alluminio. Al posto del pane tradizionale, panini appositamente modellati riproducevano "la forma di un monoplano o di un'elica", il vino venne servito versandolo da alcune latte di carburante nazionale. Dopo l'antipasto "Aeroporto piccante", venne servito il piatto "Rombi d'ascesa" (un risotto all'arancia) mentre la sala veniva invasa da una "diafana luce azzurra e un motore prendeva a scoppiettare come se il velivolo navigasse a ottomila metri"...


Contro la pastasciutta
[...] Prepariamo una agilità di corpi italiani adatti ai leggerissimi treni di alluminio che sostituiranno gli attuali pesanti di ferro legno acciaio. Convinti che nella probabile conflagrazione futura vincerà il popolo più agile, più scattante, noi futuristi dopo avere agilizzato la letteratura mondiale con le parole in libertà e lo stile simultaneo, svuotato il teatro della noia mediante sintesi alogiche a sorpresa e drammi di oggetti inanimati, immensificato la plastica con l'antirealismo, creato lo splendore geometrico architettonico senza decorativismo, la cinematografia e la fotografia astratte, stabiliamo ora il nutrimento adatto ad una vita sempre più aerea e veloce. Crediamo anzitutto necessaria: a) L'abolizione della pastasciutta, assurda religione gastronomica italiana. Forse gioveranno agli inglesi lo stoccafisso,il roast-beef e il budino, agli olandesi la carne cotta col formaggio, ai tedeschi il sauer-kraut, il lardone affumicato e il cotechino; ma agli italiani la pastasciutta non giova. Per esempio, contrasta collo spirito vivace e coll'anima appassionata generosa intuitiva dei napoletani. Questi sono stati combattenti eroici, artisti ispirati, oratori travolgenti, avvocati arguti, agricoltori tenaci a dispetto della voluminosa pastasciutta quotidiana. Nel mangiarla essi sviluppano il tipico scetticismo ironico e sentimentale che tronca spesso il loro entusiasmo. Un intelligentissimo professore napoletano, il dott. Signorelli, scrive: "A differenza del pane e del riso la pastasciutta è un alimento che si ingozza, non si mastica. Questo alimento amidaceo viene in gran parte digerito in bocca dalla saliva e il lavoro di trasformazione è disimpegnato dal pancreas e dal fegato. Ciò porta ad uno squilibrio con disturbi di questi organi. Ne derivano: fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo". [...] La pastasciutta, nutritivamente inferiore del 40% alla carne, al pesce, ai legumi, lega coi suoi grovigli gli italiani di oggi ai lenti telai di Penelope e ai sonnolenti velieri, in cerca di vento. Perché opporre ancora il suo blocco pesante all'immensa rete di onde corte lunghe che il genio italiano ha lanciato sopra oceani e continenti, e ai paesaggi di colore forma rumore che la radiotelevisione fa navigare intorno alla terra? I difensori della pastasciutta ne portano la palla o il rudero nello stomaco, come ergastolani o archeologi. Ricordatevi poi che l'abolizione della pastasciutta libererà l'Italia dal costoso grano straniero e favorirà l'industria italiana del riso [...]


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La ricetta
RISOTTO FUTURISTA ALL'ALCHECHINGIO
(Formula dell'aeropoeta futurista Paolo Buzzi)


Preparare spezzettato un chilogrammo d'alchechingi mondi della loro sottile guaina; si raccolga, a parte, con cura il succo che ne deriva. Apprestare - a parte - un abbondante pesto di prezzemolo con aglio e cipolla in minima dose. Mettere olio abbondante in una casseruola. Cotto che sia, levarlo dal fuoco e farvi cascare il triturato di alchechingi (conservandone il succo a parte) e il pesto di prezzemolo. Riporre al fuoco: e non appena il tutto sia rosolato (che la cipolla non sia tosta) aggiungere in misura il riso per sei persone, rimestando sempre fino a che non divenga di color d'oro. A questo punto, aggiungere, a mestoli, del brodo opportunamente salato ed al quale si sarà infuso il succo degli alchechingi. Dopo venti minuti di cottura, si levi il tutto dal fuoco ben mantecando il risotto ed aggiungendovi formaggio abbondante. Questo risotto è futurista perché l'alchechingio è un frutto quasi fuori quadro: certo assai più dello zafferano, il quale - del resto - in natura non lo si trova quasi più. E' sintetico perché gli otto granelli racchiusi nel bulbo aspretto sono come le "Marinettiane" otto anime in una bomba; perché l'alchechingio è alato d'ali di buon tessuto come l'aeroplano, ali che si buttano via: ed allora somigliano a un paracadute; ed è velocissimamente digeribile come tutto ciò che appartiene alla fucina (volevo dire cucina) futurista.
(Tratto da La cucina futurista di F. T. Marinetti e Fillìa)


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Per saperne di più. Bibliografia essenziale

Filippo Tommaso Marinetti, Fillìa, La cucina futurista, Milano, Sonzogno, s.d. [ma: 1932]
Filippo Tommaso Marinetti, Fillìa, La cucina futurista, Milano, Longanesi, [1986]
Filippo Tommaso Marinetti, Fillìa, La cucina futurista, Milano, Viennepierre, 2007
Filippo Tommaso Marinetti, Fillìa, La cucina futurista : un pranzo che evitò un suicidio, Milano, C. Marinotti, 1998
Filippo Tommaso Marinetti, Verso una imperiale arte cucinaria in «Scena illustrata», 5 maggio 1938
Patrizio Patrizi, L'ora della pastasciutta e la Taverna del Santopalato,in «Gazzetta del Mezzogiorno», Bari, 29 gennaio 1931
Guido Pallotta, La Taverna futurista a Torino, in «Giornale d'Italia», Roma, 12 marzo 1931
Fortunato Depero, Cucina futurista per il 1933, in «Futurismo», II, I, 1° gennaio 1933
Farfa, Tuberie & 7 ricette di cucina futurista, Milano : All'insegna del pesce d'oro, 1964
Nathalie Heinich, (a cura di),La cuisine futuriste,Paris, Editions A.M. Métailié, 1982
Maria Salemi, Fornelli futuristi, in «Storia e Dossier», XIII, 2, 1999
Claudia Salaris, Cibo futurista : dalla cucina nell'arte all'arte in cucina, [s.l.], Stampa Alternativa, 2000
Maria Salemi, La cucina futurista. La cucina Liberty, Firenze, Libriliberi, 2003
Quindici ricette futuriste,in «La Gola», 3, dicembre 1982-gennaio 1983
Guglielmo Peirce, Filippo Tommaso Marinetti, ittiologo futurista,in «Il Foglio», 11 aprile 2004
Pontus Hulten ,(a cura di),Futurismo & Futurismi, Milano, Bompiani, 1986

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Da non perdere
A Roma presso le Scuderie del Quirinale, fino al 24 maggio p.v. , è visitabile la mostra "Futurismo. Avanguardia-avanguardie". L'esposizione raccoglie i più importanti capolavori futuristi ed è stata realizzata e curata in collaborazione con il Centre Georges Pompidou di Parigi e la Tate Modern di Londra.

 

Per la rubrica Biblioteca di Trimalcione - Numero 79 marzo 2009