Elena Clementelli, studiosa di lingue e letterature iberiche e anglosassoni, è autrice di numerosi saggi, traduzioni (il teatro di Federico Garcia Lorca) e volumi in versi (Poesie d'amore, Newton Compton, Roma, 2007)
Oggi torna alla narrativa con una importante raccolta di racconti: in alcuni la protagonista è la stessa autrice, come nel primo "I calzini di Giorgina", ove con ironia ricorda i suoi calzini che "avevano invariabilmente quel colore (marrone) che probabilmente doveva servire a 'tenere' lo sporco". E poi continua: "... a me una legge granitica imponeva rigorosi scarponi marrone, con suole di gomma o cuoio spesse come un marciapiede, oppure d'estate... fino alla vergogna dei sandali Eureka, ovviamente marrone ancora, che diamine, con due buconi, disuguali e asimmetrici -non ho mai capito perché non fossero almeno uguali- e l'immancabile odiata allacciatura con, in questo caso, tanto di passante al centro...". E' vero: queste scarpe estive sono state calzate con rassegnazione da generazioni di bambini, chi se le può scordare? Poi la moda, come dice E. Clementelli, "si accorse dell'esistenza e della sempre più invadente presenza dei bambini (si era anche in clima di incremento demografico): questi cominciarono a sfoggiare vestitini e scarpette dalle linee graziose...". Ma erano iniziati altri tempi...
Anche nel secondo racconto, intitolato "Cesarino", la protagonista è una bambina che con la sua fantasia immagina di avere un fratellino, più piccolo di lei: "Il bisogno...di un compagno che fosse solo suo, di un complice, diciamo, negli ingenui artifici bambineschi...". La solitudine di questa bambina, che benché abbia fratelli più grandi lei, si sente inascoltata, esclusa, la porta a rifugiarsi in un mondo tutto suo ove le fa compagnia il piccolo Cesarino.
Poi in "Tanto per giocare" l'autrice descrive i suoi giochi di bambina con le sue compagne e "A tavola" ci parla del passatempo, con i componenti della sua famiglia, di indovinare personaggi famosi. C'è la sorella Lea, più grande e saputella, il fratello, il papà e la mamma, teneri genitori, e lei la più piccola, mai presa sul serio e guardata con ironia dai consanguinei più grandi: "... quello che per me è originale per gli altri è scontatissimo...".
E. Clementelli ci descrive un'epoca con ironia e col sorriso del ricordo, un'epoca in cui c'erano regole ferree sia in casa che fuori, regole "per non diventare dei lavativi" ci dice la scrittrice, dove in famiglia non imperava la televisione ma si ascoltava musica, si discuteva, si parlava, ci si scontrava...
Poi ricordi dell'adolescenza, della giovinezza. Ecco allora "La mia guerra". Pagine bellissime: "...La fame domina i miei ricordi di quel periodo... chi non ha vissuto la guerra in città e, particolarmente, a Roma, ancora oggi non riesce a credere a quella fame terrificante e totale ... Quando la guerra finì eravamo cresciuti e diversi" . Nei ricordi di questa generazione, quella della nostra scrittrice, a Roma come a Napoli e in qualsiasi altra città italiana c'è ancora l'incubo della fame conosciuta durante la guerra e negli anni subito dopo. Le vacanze a Castiglioncello, il suo mare del cuore e tutti gli amici che incontrava in quella deliziosa cittadina, la "pipinara" (Bice Valori, Marcello D'Amico, Enzo Trapani, ecc.) costituiscono pagine veramente dense, struggenti.
Un libro da consigliare a tante fasce di età : a chi ha l'età della scrittrice, per ritrovarsi nei ricordi; a chi è più giovane, per imparare da una generazione il sapersi divertire con poco, accontentandosi di niente, senza conoscere "lo sballo del sabato sera" e affidandosi alla fantasia senza mai conoscere la noia che attanaglia i giovani d'oggi. Chissà , forse avevano ragione i miei nonni, che la grascia è peggio della carestia?
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Elena Clementelli. La finestra sull'albero. Anemone purpurea. €10.00