Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Multicultura

Comparare le letterature dei paesi

altri…uguale…dialogo interculturale

Il contributo della dott.ssa Chiara Nanni sulla letteratura italiana della migrazione, apparso sul n.74 di Vivavoce dal titolo "Ma dove andiamo? Da nessuna parte solo più lontano" ha suscitato l'interesse della dott.ssa A.Rita Garbini, bibliotecaria a Cecchina, che ha voluto fornire sul tema un ulteriore approfondimento che pubblichiamo volentieri.

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Finora, non ero mai intervenuta da scrivente, bensì solo da lettrice e promotrice del Viv@voce, ma devo dire che trovare un articolo sulla letteratura della migrazione mi ha davvero entusiasmata e stimolata, tanto da spingermi ad approfondire, con dei primi accenni, un argomento così importante, in un anno come questo, che riguarda il dialogo interculturale.
Sicuramente i miei studi da comparatista o meglio da connettivista mi hanno facilitata di più nella comprensione di un mondo letterario così variegato, non sempre di facile interesse, ma senz'altro sconcertante, sorprendente e curioso come quello degli scrittori migranti.
A tal proposito, ritengo utile approfondire alcuni punti citati dalla Dott.ssa Nanni, da intendere come piccoli pensieri di accesso a questo mondo letterario altro.
Per esempio, chi sono gli scrittori migranti? E quelli immigrati? Beh, occorre operare una distinzione: lo scrittore migrante può essere solo di passaggio o divenire un immigrato di prima ondata ed essere già noto di suo, nel proprio paese di origine (v. Salman Rushdie, Orham Pamuk); lo scrittore immigrato, invece è in genere un immigrato di prima o di seconda ondata, che impara l'italiano, spesso si laurea in Italia e comincia a farsi conoscere con i suoi scritti (v. Igiaba Shego).
Poi, esistono scrittori migranti in Italia e in Europa, ma visto che già ho tanto da dirvi, questo punto mi riservo di trattarlo in seguito, in altra edizione.
Invece, un altro piccolo pensiero è rivolto al tanto discusso colonialismo, che credo essere stato già abbastanza longevo, basti pensare a Cristoforo Colombo, ricordare le varie conquiste di Benito Mussolini, senza parlare dei nostri emigrati dell'ultimo dopoguerra, i vari nostri esiliati politici del Risorgimento.
Beh, credo proprio che dovevamo aspettarcelo questo interminabile flusso migratorio!
Ma credetemi, è una ricchezza!
Forse, il problema è un altro: manca una legislazione adeguata che possa tutelare, organizzare e gestire al meglio le condizioni dell'immigrato; purtroppo siamo abituati a vedere e sentire parlare solo di immigrati clandestini, rom, a generalizzare in maniera semplicistica, approssimativa e a volte banale, lasciandoci prendere dai soliti luoghi comuni. Nella nostra comunità italiana, al contrario, abbiamo diverse professionalità, provenienti da paesi europei ed extraeuropei, che operano nella ricerca, nelle scuole, in ambito letterario, storico, giornalistico e culturale in genere, vedi per esempio. Marcia Theophilo, candidata al Nobel della letteratura nel 2007. Ma, spesso a questi personaggi si dà poca visibilità, li si preferisce inquadrare nel Terzo Mondo, mentre fa più scalpore elencare notizie sconvolgenti. Anche qui, sarebbe necessario domandarsi il perché di questo, ma ormai ciascuno di noi, in questo mondo omologato, non si chiede più nulla.
Quando si parla poi di case editrici piccole e poco conosciute, si va a toccare tutto il mondo dell'editoria invisibile, così denominato perché pubblica soltanto ogni due, tre o quattro mesi l'anno un libro di letteratura migrante. Beh, questo genere editoriale andrebbe sostenuto energicamente con una adeguata promozione, in quanto rappresenta l'unico mezzo di conoscenza degli scrittori migranti, a volte non ancora molto noti. E, allora, ci si potrebbe chiedere: perché una sostanziale indifferenza dal mondo letterario istituzionale?
Forse il mondo istituzionale è abituato storicamente a reclamizzare la conosciuta e promossa letteratura occidentale (v. Baudelaire, Coleridge, Steinbeck, ecc.) non muovendo alcun passo per cercare una dimensione europea, dove il sentirsi europei significa insistere col pensiero, l'indagine e la volontà proprio sulla questione dell'identità europea. Ma, esistono delle condizioni per sentirsi europei e offrirsi come tali e sono: essere e riconoscersi non conflittualmente come diverso tra diversi, come misto; interrogarsi sulla propria identità come viatico; trarre una nuova identità corretta, revisionata e necessaria, pronta all'accoglienza e al dialogo.
A tal proposito, la comparatistica letteraria è proprio la disciplina dei limiti, delle distanze, delle differenze, delle frontiere e delle connessioni; è una vera e propria pedagogia neoumanistica della tolleranza e della conoscenza. Il comparatista ha il vantaggio di essere in ogni luogo della cultura del pianeta, al fine di collegare i lavori degli altri e di traversarne metodi e risultati.
E, proprio collegando e intervistando i vari autori, oltre le tematiche già elencate precedentemente dalla Dott.ssa Nanni, aggiungerei che proprio da questi dialoghi con Younis Tawfik, Ron Kubati, Jadelin Majala Gangbo, Christiana de Caldas Brito, Marcia Theophilo, Igiaba Shego, è emerso molto di più: ricchezze sconosciute, diversità, comunanze, conoscenza di realtà diverse dalla mia.
Questa è la poetica dell'avvenire, la cultura del futuro!
Per esempio La straniera di Tawfik, irakeno, narra l'amore, ambientato a Torino, tra Amina, una ragazza marocchina costretta a prostituirsi e un uomo di cui non viene mai rivelato il nome né il paese di provenienza, se non nella generica origine "mediorientale". Qui, l'autore ha rievocato un preciso stile letterario arabo, il machamath, una prosa rimata e intarsiata di versi e in alcuni tratti fa uso della poesia per sottolineare un avvenimento o uno stato d'animo. Nel testo c'è la tendenza allo stupore, a cercare di tenere il lettore legato al racconto tramite la curiosità che si suscita.
Queste interviste, questi contatti rafforzano ogni giorno il mio pensiero circa la ricchezza della letteratura, se contaminata; infatti solo decolonizzandoci, e anche questo sarebbe un passaggio da ampliare e discutere, potremmo arrivare ad una letteratura mondiale, quale unica forma di comunicazione democratica, paritaria, plurale, reciprocante, dotata di valore del senso e fonte di solidarietà fra tutti i paesi del mondo.

Per la rubrica Multicultura - Numero 76 novembre 2008