Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Arte

Il sistema dlel’arte

intervista a Rosaria Iazzetta

Per parlare di "sistema dell'arte" non si può prescindere dal modello concettuale di Achille Bonito Oliva che, teorizzandolo per la prima volta agli inizi degli anni Settanta nella rivista Domus, lo aveva definito "una catena di sant'antonio in cui l'artista crea, il critico riflette, il gallerista espone, il mercante vende, il collezionista tesaurizza, il museo storicizza, i media celebrano, il pubblico contempla". A distanza di più di trent'anni, il dibattito è ancora acceso: d'altronde come potrebbe non esserlo, fosse solo alla luce della proliferazione delle fiere dell'arte contemporanea, che ne sanciscono l'esistenza secondo modalità assai vicine al modello teorico di Oliva? Uno dei punti fondamentali della riflessione olivana sta poi nella nuova condizione dell'artista, non più isolato e romanticamente distaccato dalla realtà, dalla società e dalle sue regole ma, paradossalmente, figlio proprio di queste regole, disposto a condividerle e soprattutto ad orientare il proprio lavoro per ottenere il consenso dei vari soggetti implicati, ovvero critici, galleristi, mercanti, collezionisti, media e così via. Ma il sistema dell'arte è solo un meccanismo economico, che sempre nelle parole di Oliva "sancisce i trionfi ed i fallimenti degli artisti" ? o forse è l'unica condizione possibile per un artista contemporaneo? E che vuol dire farne parte o non farne parte? E qual è la situazione all'estero?
Rosaria Iazzetta, artista, che da Mugnano di Napoli fa la spola con il Giappone dove dal 2003 lavora in esclusiva con la Soh Gallery di Tokyo, ha accettato di rispondere alle mie domande per Vivavoce.

D - Rosaria, anche in Giappone si può parlare di sistema dell'arte? E che differenza esiste con quello italiano?
R - Credo che in fondo i sistemi appartengano alla vita e a volte ci coinvolgano senza nemmeno che lo decidiamo. Se fossimo noi a sceglierlo avremmo una percezione diversa delle cose, ma quando invece ti viene imposto, ti pare tutto indecente, e il solo fatto di scendere a compromessi ti sembra inaccettabile. Rispetto all'Italia, però, l'artista in Giappone ha un ruolo importante, riconosciuto e legittimato dalla società. Se nelle fiere europee o internazionali, la presenze delle gallerie italiane, rispetto a quelle giapponesi è maggiore dipende in buona parte dal fatto che il Giappone è un'isola, ha maggiori costi di spedizioni, o di spese di rappresentanza estera e per questo tende a crescere nel suo interno più che al suo esterno.

D - Chi viene secondo te effettivamente premiato dal 'sistema dell'arte'?
R - Certamente non io, almeno in Italia. Qui la mia arte piace poco, al punto da dover approfittare del mio essere stata in Giappone, per ampliare i miei orizzonti lì. Sarà il fascino della straniera, o che loro sono attratti dal senso diretto delle mie opere, visto che loro non ce l'hanno, che forse trovano interessante il mio lavoro, al punto di collezionarlo.

D - Il rapporto tra valore estetico e valore economico può dirsi soddisfatto dal 'sistema dell'arte'?
R - Se sei concentrato veramente su quello che stai facendo, non vedi più queste sfumature del sistema: è come fare l' amore con qualcuno che ami e ha ancora i calzini ai piedi: se lo ami, non ci fai caso.

D - Si può mantenere la propria autenticità/identità all'interno del sistema dell'arte o si deve diventare super-artisti della super-arte teorizzata da Oliva?
R - Essere un artista vuol dire sporcarti le mani, stare comunque in mezzo all'arte anche se ad alcuni non piaci, perchè se decidi di essere fuori, sei fuori, se decidi di farti vedere con duro lavoro, con concentrazione e senza distrazione prima o poi dovranno fare i conti con te.

D - Qual è, se esiste, almeno nella tua esperienza, il punto di equilibrio tra appartenenza al sistema e autonomia?R - Lottare per quello che senti, fino a che lo sentiranno anche gli altri.

D - Un consiglio ai giovani artisti: Italia o estero?
R - È importante muoversi dove senti che c'è richiesta del tuo lavoro e non aspettare. Il lavoro è un' evoluzione, non può fermarsi per colpa degli altri.

Per la rubrica Arte - Numero 70 aprile 2008