Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Folklore

Natale, la magia del dono

Perché la festa più amata, da laici e religiosi, è il Natale? Se conveniamo sul fatto che uno degli elementi caratterizzanti il Natale è il dono, la risposta sembrerebbe del tutto scontata e ovvia: fare e ricevere doni è sicuramente una delle occasioni più piacevoli e gratificanti della nostra esistenza. Il dono suscita gioia incontenibile nei bambini, rinvigorisce il rapporti degli amanti, consolida i vincoli di parentela e amicizia tra gli adulti. L'atto del donare, visto nel suo aspetto spontaneo e naturale, viene percepito come sacro: basti pensare al valore simbolico della maternità nell'accezione di "donare la vita". Il dono offerto o ricevuto nel periodo natalizio può assumere significati diversi, può essere oggetto di indagine di mercato e quindi frutto del consumismo moderno; può costituire parte di un'azione mitica e rituale, quindi appartenere alla sfera religiosa; può, infine, essere definito il frutto dell'interazione tra esseri umani, quindi interpretabile attraverso le chiavi di lettura delle scienze etno-antropologiche.
Il periodo natalizio mette a disposizione, per oltre 18 milioni di famiglie che vivono di reddito da lavoro dipendente e di pensione, un reddito aggiuntivo, rappresentato dalla "tredicesima", che determina una sorta di picco dei consumi, proprio perché una parte delle spese viene concentrata alla fine dell'anno grazie al maggior reddito disponibile, utilizzato anche per rispettare la tradizione natalizia dei doni.
I dati forniti dalla Confcommercio riguardo al Natale 2006 evidenziano una spesa molto attenta ai bilanci familiari. Nel settore alimentare è emersa una preferenza verso i prodotti italiani rispetto a quelli di importazione, con un incremento della domanda vicino al 2% in prossimità del Capodanno.
Per il non alimentare, oltre al ripetersi di una certa prudenza e misura nella domanda, si conferma un trend positivo per i prodotti ad elevato contenuto tecnologico. Da alcuni anni infatti l'informatica, l'hardware telefonico e gli elettrodomestici rappresentano la preda più ambita nelle spese natalizie; sia per acquisti finalizzati al regalo in se stessi, sia per acquisti destinati al dono natalizio vero e proprio, l'attenzione verso questo comparto è data in parte da una società sempre più dipendente dall'hi-tech, dall'altra dalla possibilità di trovare una varietà di prodotti di ultima generazione a prezzi sempre più convenienti.
Una certa attenzione nelle spese da parte delle famiglie, con un incremento di circa il 2%, è quella prestata all'acquisto dei giocattoli. È questo il dono maggiormente legato alla tradizione e il modo più piacevole di festeggiare l'evento natalizio con i bambini.
Nell'abbigliamento si consolida il modello di consumo che vede un maggior ricorso all'acquisto di accessori e capi di abbigliamento di costo medio-basso. Nel settore della gioielleria aumenta il consumo di articoli con modelli e prezzi vicini alle esigenze dei giovani. Il comparto turistico ha visto una leggera ripresa rispetto al 2005 per il settore alberghiero, mentre per le agenzie di viaggi e i tour operator la situazione non è stata altrettanto positiva.
Questi alcuni dati riferiti al valore economico degli acquisti fatti durante le feste natalizie, ma l'aspetto materiale del dono inteso come mero oggetto di consumo non è sufficiente a spiegare l'unicità e il fascino del Natale.
Probabilmente nessuna festa religiosa del nostro calendario rappresenta un sincretismo così intricato. Forse l'origine e la storia stessa di questa antichissima festa contribuisce alla sua complessità simbolica e ne determina l'indefinibile sensazione di mistero e di magia.
La data del 25 dicembre ricorda, nell'anno liturgico cristiano, la nascita di Gesù Cristo. In realtà è soltanto nel IV secolo che si diffonde l'uso di celebrare la nascita di Gesù il 25 dicembre. Anche i vangeli di Matteo e Luca, che descrivono alcuni episodi della nascita del Cristo, non fanno riferimento né al giorno, né al mese della sua nascita. Fu papa Giulio I nel 337 a ufficializzare questa data come quella del Natale del Signore; papa Liberio sanzionò la scelta di quel giorno nel 354, ma solo nel 395 si iniziò a festeggiarla. Le comunità cristiane di Armenia e Siria non condivisero la scelta perché consideravano il 25 una data di festività pagana e così continuarono a celebrare la nascita di Gesù il 6 gennaio, secondo una tradizione dei cristiani d'Oriente in uso già dal III secolo. Ne consegue che l'uso di portare dei doni durante il periodo natalizio sia una sorta di emulazione del gesto compiuto dai re Magi nei confronti del Gesù bambino.
Da un punto di vista storico-religioso, la ricostruzione delle origini del Natale presenta una più complessa lettura e interpretazione. Perché in un determinato momento della propria storia la Chiesa d'Occidente scelse quella data per fissare la Natività e perché la Chiesa d'Oriente dissentì decisamente considerandola una data legata alla religiosità pagana?
Il 25 dicembre era una data festeggiata da molti popoli dell'Impero Romano; i seguaci di Dioniso consacravano in quel giorno le acque dei fiumi; gli Egizi commemoravano ad Alessandria la nascita del dio Aion da una vergine; ritenevano, inoltre, che le acque del Nilo si trasformassero in vino e che nascesse anche il dio-Sole partorito da una dea-vergine.
Prima che l'imperatore Teodosio promulgasse l'editto che vietava tutti i culti tradizionali dell'Impero, imponendo di fatto la conversione forzata alla religione cristiana, dal 17 al 23 dicembre nell'antica Roma si festeggiavano i Saturnali. In quei giorni e solo in quei giorni agli schiavi era concessa la libertà: la società subiva una sorte di rovesciamento dei ruoli al fine di ricreare un non-tempo con il quale si ricordava l'età dell'Oro, che aveva visto il regnare congiuntamente sui Latini il dio Giano e il dio Saturno. Per concludere citiamo i Celti che festeggiavano il Solstizio d'inverno.
Fu proprio il solstizio d'inverno, cioè il giorno più corto dell'anno, l'evento astronomico che diede vita a tutte le ricorrenze sopra riportate: il Sole, nel suo moto annuo lungo l'eclittica, al momento del solstizio invernale (attorno al 22 dicembre) viene a trovarsi alla sua minima declinazione e sembra che voglia allontanarsi pericolosamente dalla Terra. È un momento di passaggio ciclico considerato nell'antichità magico e critico: i giorni diventano sempre più corti e bui, l'oscurità prende il sopravvento sulla luce, la notte è più lunga del giorno. La natura attende la rinascita del Sole, divinità portatrice di calore e di vita. Ma, superato il punto critico, il solstizio, la luce torna di nuovo e le giornate iniziano ad allungarsi, segno della vittoria definitiva delle forze del bene sulle forze dell'oscurità.
Poiché la data del solstizio d'inverno può variare di anno in anno, nel 274 d.C. l'imperatore Aureliano decise che il Natale del Sole Invitto si festeggiasse il 25 dicembre. E' da queste origini che risale il nome Natale e la tradizione del ceppo natalizio, ceppo che nelle case doveva bruciare per 12 giorni consecutivi e doveva essere preferibilmente di quercia, un legno propiziatorio. Il ceppo natalizio nei nostri giorni si è trasformato nelle luci e nelle candele che addobbano case, alberi, e strade.
La consuetudine, però, di scambiarsi strenne risale ai Romani; anzi, si può affermare che furono i nostri antenati Latini e Sabini a dare origine a una usanza diffusasi nel corso dei secoli in tutto il mondo. Sembra che il re dei Sabini, Tazio, usasse offrire agli amici un mazzo di rami raccolto nel bosco della dea Strenua o Strenia, sul monte Velia, dal nome della dea deriva la parola "strenna" per indicare il dono natalizio. La consuetudine colpì Romolo che istituì la ripetizione di questo gesto ogni anno. I Romani usavano scambiarsi le strenne il primo dell'anno, regalando rami d'alloro e di ulivo, piante sacre, ornati con fichi e mele, per augurare un anno nuovo dal sapore di quei frutti.
Col tempo, il nome Strenia si trasformò in strenna e, alloro, ulivo, mele e fichi divennero doni di altro tipo, da scambiarsi il giorno di Natale.
Nelle relazioni interpersonali il dono può assumere diversi significati. Sul dare e ricevere si instaurano tra gli individui rapporti di comunione, di conoscenza e valutazione; il dono sancisce rapporti di uguaglianza, di superiorità o di inferiorità di un uomo sull'altro o, più semplicemente, relazioni sentimentali disinteressate.
Il vero dono è un atto che si compie senza tornaconto, il che significa cedere definitivamente qualcosa senza altro in contraccambio (valga come esempio la relazione genitore-discendente o la donazione di organi ad uno sconosciuto).
In casi come questi l'atto di donare esprime una esigenza di relazioni solidali, una specie di "rapporto di buon vicinato" che permette di produrre un sentimento di amicizia tra le due persone interessate. Nelle culture tradizionali, poiché anche gli oggetti sono permeati da una sottile energia, regalare qualcosa a qualcuno significa regalare qualcosa di se stessi e, viceversa, accettare un dono da qualcuno significa accettare qualcosa della sua essenza spirituale.
In alcune culture il dono obbliga il donatario a ricambiare attraverso un controdono, dando luogo ad un serie di offerte compensative. Dall'alternanza di questi passaggi si origina lo scambio; uno scambio esteso che non si limita al rapporto tra i singoli individui, ma apre ad una relazione più vasta che interessa l'intera società.
Con l'avvento dei tempi moderni il dono, da forma di relazione sociale, si è ridotto ad esaltare solo la parte più materiale dei suoi significati, come quella dell'utilità e dell'interesse. Ciò ha generato un processo che ha visto gradualmente trasformare il dono in mercanzia. In questo modo l'imposizione dell'ordine economico su quello sociale ha generato una condizione di prevalenza della funzione economica del dono rispetto alla funzione primaria di costruzione del legame sociale.
E' evidente che il dono può essere oggetto di innumerevoli riflessioni. La sua funzione nella cultura assume significati diversi e mutevoli; tuttavia, ci piace pensare che il senso più profondo del dono, nelle culture di tutti i tempi e tutti i popoli, sia quello che leggiamo negli occhi meravigliati e felici dei nostri bambini il giorno del Natale.

Per la rubrica Folklore - Numero 67 dicembre 2007