Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Biblioteca di Trimalcione

Ode al limone

Questa volta non proponiamo una ricetta ma sicuramente qualcosa di letterario legato agli alimenti; si tratta di un frutto, il limone, che usato come condimento in tantissime ricette e nelle cucine di tutte il mondo, diventa materia di poesia tra le mani di un poeta come Pablo Neruda.
Anzi egli ne fa un'ode alla quale non possiamo sottrarci, leggendola, di dare il nostro assenso ed ecco l'innocuo limone impreziosirsi della sua materia comune e acquistare sensualità terrena con l'immaginazione, tutti i versi giocano su un forte potere analogico.
Pablo Neruda (Paral 1904- Santiago 1973), scrisse ben quattro libri di odi che egli chiamò "elementales", sono una sorta d'inventario poetico di quelli che il poeta chiama gli "elementi".
L'aggettivo "elementare" può essere inteso sia come modo di scrittura che come tematica: gli alimenti terrestri sono appunto una di queste.
Non sempre esiste nelle sue odi la positività perché il mondo è fatto di contrari: allegria e tristezza, inquietudine e tranquillità, solitudine e solidarietà.
Ci piace ricordare che ai primi di gennaio del 1951, Pablo Neruda abbia fatto una "gita ai Castelli romani" di cui restano testimonianze anche fotografiche.
L'ode che vi proponiamo è tratta dal Tercer libro de las odas (1957) e si intitola Oda al limòn.

ODE AL LIMONE
Da quelle zagare
disfatte
dal lume della luna,
da quell'effluvio di un amore
esasperato,
affondato in fragranza,
uscì,
dall'albero il giallo,
dal loro planetario
scesero a terra i limoni.
Tenera mercanzia!
Si gremirono rive, mercati,
di luce, d'oro
silvestre,
e aprimmo le due metà
del miracolo,
acido congelato
che stillava
dagli emisferi
di una stella,
e il liquore più profondo
della natura,
intrasferibile, vivo,
irriducibile,
nacque dalla freschezza
del limone,
dalla sua casa fragrante,
dalla sua agra, segreta simmetria.
Nel limone divisero
i coltelli
una piccola
cattedrale,
l'abside nascosta
aprì alla luce le acide vetrate
e in gocce
scivolarono i topazi,
gli altari,
la fresca architettura.
Così, quando la tua mano
strizza l'emisfero
del tagliato
limone sul tuo piatto,
un universo d'oro
tu spargi,
un
giallo calice
di miracoli,
uno dei capezzoli odorosi
del petto della terra, raggio di luce convertito in frutto,
il minuscolo fuoco di un pianeta.

[tratto da Poesie (1924-1964) di Pablo Neruda, Milano, Rizzoli, 1998].