RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Sistema Territorio

Un’agenda strategica per i Castelli Romani

Quando si parla di distretto culturale, di politiche orientate alla cultura o ancora di sviluppo fondato sull’allargamento delle libertà reali oltre che sulla crescita del PIL, troppo spesso si coglie negli occhi dell’interlocutore incredulità e scetticismo. Delusioni e mancanza di grandi progetti hanno creato nel paese un radicato disincanto che, unito alla fitta trama di interessi reali, si traduce, di fatto, in un clima denso di diffidenza, un clima in cui il pragmatismo viene invocato e praticato come ripetizione all’infinito dell’esistente, il già fatto, il già visto.
In questo clima concepire nuove idee, perseguire progetti di cambiamento, provare a districare la matassa intricata della vita quotidiana nei nostri luoghi, suona come un inno all’astrazione concepito da “anime belle” che non praticano il mondo reale, così nel nostro paese creatività e innovazione vivono una vita grama come emerge da tutti gli osservatori nazionali e internazionali.
In realtà teorie e pratiche sempre più solide, diffuse e riconosciute, confermano la praticabilità delle logiche di sistema fondate sul patrimonio materiale e immateriale dei popoli e sedimentato nel territorio; ugualmente da tempo si impongono ovunque parametri di valutazione che guardano, con un processo irreversibile, a entità territoriali allargate. Non pura astrazione dunque, ma strade percorribili per uno sviluppo che non cannibalizzi i luoghi e con essi il benessere di ciascuno.
I Castelli Romani sembrano aver decisamente imboccato questa strada favorendo e attuando piani strategici di ampio respiro che coinvolgono tutti i comuni tradizionalmente compresi nell’area: di fronte ad un mondo in cui una miriade di nuovi soggetti si affaccia alla ribalta e si relaziona al di la dei confini tradizionali, bisogna serrare le fila non per chiudersi ma per poter disegnare un proprio riconoscibile profilo.
Far convergere priorità e scelte operative su una visione non settoriale è obiettivo ambizioso, tanto più nella nostra cultura storicamente fondata più sulle individualità che sulla forza delle istituzioni; è dunque importante che si costituisca progressivamente un’affidabilità dell’intero sistema attraverso un percorso dichiarato di azioni visibili e risultati misurabili: a questo fine risponde l’agenda strategica.
L’idea ha iniziato a radicarsi attraverso alcuni strumenti di programmazione integrata come, per esempio, il patto territoriale Colline Romane, ma ha assunto forma compiuta con la relazione di pre fattibilità sul Distretto culturale dei Castelli Romani svolta su incarico dell’Ass. alla Cultura della Provincia di Roma, dal Consorzio SBCR insieme ad alcuni esperti. Sulla relazione e sulle problematiche connesse alle esperienze di distretto è stato organizzato dalla Provincia un convegno tenuto nell’aprile del 2006 all’Auditorium di Roma, dove per la prima volta si è dato ampio risalto alla possibilità di dar corso alla realizzazione di un distretto culturale comprendente i 17 comuni che compongono tradizionalmente l’area.
Al convegno hanno partecipato oltre 400 persone e sui contenuti discussi è stato poi pubblicato dall’editore Franco Angeli un volume destinato ad una notevole diffusione in tutta la comunità degli operatori culturali e degli enti locali che segue con attenzione le esperienze di sviluppo sostenibile fondato su politiche orientate alla cultura.
I Castelli sono già oggi un modello di riferimento per i processi che avviano un sistema territoriale.
A seguito del riconoscimento di area integrata da parte della Regione Lazio (legge 40/99) su candidatura presentata dal Consorzio SBCR, soggetto istituzionale costituito dai comuni dell’area, si è già pervenuti ad una ipotesi di agenda strategica, approvata dall’assemblea dei soci (i Sindaci dei 17 comuni) e pubblicata in allegato alla rivista Alla stesura dell’Agenda hanno collaborato esperti di urbanistica (Manuela Ricci, Università “La Sapienza”), di governance dell’Amministrazione (Marco Meneguzzo, Università di “Tor Vergata”), di produzione e organizzazione di cultura (Madel Crasta, Consorzio BAICR Sistema Cultura).
Si tratta di un documento che individua le linee d’azione su cui investire nei prossimi anni, a partire da un progetto esecutivo finanziato dalla stessa Regione Lazio. Nelle linee individuate si esprime l’impegno a trasformare la visione strategica in realizzazioni coerenti e al tempo stesso vantaggiose anche per i singoli poli del sistema. Fare rete infatti non significa in alcun modo schiacciare le singole fisionomie locali né i legittimi interessi che esse esprimono, ma piuttosto moltiplicare le potenzialità di ciascuno attraverso un bacino di investimenti e di consumi molto più ampio. Altrimenti i comuni più grandi per abitanti, economie e attività potrebbero non aderire ad una logica di rete di cui sembrano non aver bisogno.
In effetti è legittimo chiedersi perché una municipalità che riesce da sola a raggiungere un evidente risultato di crescita dovrebbe condividere questo risultato con comuni limitrofi con differenti indici di sviluppo. La risposta può essere scontata da un punto di vista valoriale, di responsabilità civile nei confronti di una collettività più ampia dei confini amministrativi, in realtà una risposta affermativa è già fortemente motivata dai limiti dello sviluppo che da soli si è in grado di imprimere ad una porzione limitata del territorio.
L’area dei Castelli Romani possiede un patrimonio culturale ampio e stratificato, paesaggio, tradizioni agricole, e produttive, una popolazione con alto indice di istruzione e buone capacità di spesa, ma ha anche annosi problemi che rischiano di compromettere seriamente le potenzialità o che, peggio ancora, consentono solo quel tipo di sviluppo tumultuoso e aggressivo a cui la comunità, nel suo insieme, paga un prezzo spesso intollerabile. Segno riconoscibile di questo prezzo è la perdita graduale del senso di appartenenza ad una comunità, il distacco dei giovani dal proprio ambiente. Spostarsi da un comune all’altro, per godere di un’offerta più ricca e differenziata, produce un traffico sempre più soffocante e d’altra parte capita regolarmente di non conoscere ciò che succede a pochi chilometri di distanza.
Sono gli stessi abitanti dei Castelli che meritano il distretto- territorio che si fa sistema- perché per loro prima ancora che per i turisti, può cambiare concretamente il modo di vivere, il lavoro e il tempo libero.
Aspetti nodali come la qualità della vita, dell’ambiente, dei trasporti, lo sviluppo produttivo e la valorizzazione dei prodotti tipici, non possono affrontarsi in modo frammentato e settoriale, hanno bisogno al contrario di strumenti di intervento intersettoriali rivolti ad una porzione allargata del territorio, le città e la campagna percepiti anche dall’esterno come un insieme coeso con una sua denominazione ed una sua identità. Questa identità è stata riconosciuta ai Castelli Romani insieme ad un prezioso potenziale di crescita fondato sulla continuità/discontinuità con l’area metropolitana e sulla riqualificazione di vocazioni storiche, gradualmente scivolate in una routine ripetitiva e, spesso, priva di qualità.
Riprendere il filo del racconto, da tempo frammentato, sul territorio - laghi, ville, luoghi storici, cultura del cibo, prodotti della terra e saperi sedimentati nel lavoro e nei commerci attraverso i secoli - richiede un forte impegno collettivo teso a far emergere il capitale sommerso attraverso una programmazione coordinata che non separa ma connette le diverse espressioni della società. Così ambiente, archeologia, arte, cibo diventano fonte di creatività e di idee se si intrecciano ad un nuovo disegno dei trasporti, della viabilità esterna e della ristorazione.
Il restauro e la produzione di materiali per il marketing del territorio diventano fonte di occupazione e di reddito. Il recupero di antichi palazzi e dei centri storici crea luoghi dedicati all’incontro con tradizioni non cristallizzate in un passato ideale, ma vive e reinterpretate alla luce della contemporaneità.
Attingere alla memoria significa dar valore e visibilità a tutto ciò che ha disegnato l’identità di un popolo ma significa ugualmente trarne ispirazione per progettare il futuro. Non solo turismo dunque o non il turismo come scopo ultimo dell’intera progettazione, ma il viaggio, da fuori e all’interno dell’area come espressione di una conoscenza ritrovata, di un intreccio positivo delle diversità che animano il territorio. Non è un caso che proprio il Consorzio delle Biblioteche si sia trovato nelle condizioni di promuovere il distretto, ha infatti l’essenziale strumento di governance (l’assemblea dei sindaci) e la visione che gli viene dal lavorare proprio sulla trasmissione dei contenuti in una società definita appunto società della conoscenza.
Si tratta di una scommessa che i Castelli possono vincere ma ha bisogno di partecipazione, è necessario che gli amministratori abbiano intorno a sé un forte consenso da una pluralità di attori sociali e non solo di alcuni come avviene in molti tentativi di programmazione integrata. In tutti i processi riusciti di distrettualizzazione si è messo in moto un meccanismo di rapporti fra le diverse istanze che ha garantito partecipazione, informazione e comunicazione: strumenti senza i quali il delicato equilibrio dei rapporti si inceppa e non produce scelte condivise. Comunicare significa far sì che la visione strategica sia largamente condivisa, significa fondare le scelte operative su logiche aperte. Il distretto culturale non sarà una ennesima istituzione o nuove cariche da aggiungere a quelle esistenti o, ancora, una nuova sede da inaugurare, ma più luoghi con più vocazioni, un modo diverso di operare e di governare, un modo che, molto concretamente, da più idee e più forza per operare.
Per la rubrica Sistema Territorio - Numero 60 marzo 2007