RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Beni culturali

Dal “mosaico” di fiori della Basilica Vaticana all’Infiorata di Genzano

L’Infiorata a Genzano, prima ancora di vederla, si annuncia con il suo profumo.
È un biglietto da visita all'essenza di ginestra, garofano e finocchio, unico e inconfondibile. Presto ai profumi si uniranno i colori ed ancora una volta, come accade da più di duecento anni, mani attente ed esperte daranno vita alla scenografica ed imponente decorazione floreale realizzata per offrire uno straordinario tributo al passaggio processionale del Sacramento dell'Eucarestia celebrato nella ricorrenza del Corpus Domini.
Sull’Infiorata di Genzano è stato scritto molto; studiosi ed appassionati di storia locale ci hanno restituito quasi integralmente la sua storia. Pochi cenni, invece, si trovano riguardo le composizioni realizzate con petali di fiori, precedenti la nostra Infiorata, che costituiscono, fin’ora, il riferimento più diretto ed attendibile riguardo l'origine dell'usanza di disporre petali colorati in modo tale da formare una precisa figura.
Della prima realizzazione di un “mosaico di fiori” abbiamo un'ampia descrizione nel trattato De Florum Cultura scritto dal padre gesuita Giovan Battista Ferrari nel 1633. Il Ferrari, nel suo scritto, si propone di insegnare la cultura dei fiori presentando diverse varietà floreali, dando consigli sulla loro coltivazione ed indicando come realizzare con essi decorazioni, aiuole e giardini.
Il padre gesuita indica il soprastante alla Floreria Apostolica Vaticana, Benedetto Drei e suo figlio Pietro Paolo, quali autori di questa prima “infiorata”, realizzata nella Basilica Vaticana in occasione della festa dei Santi Pietro e Paolo, il 29 giugno 1620 (e non nel 1625, come si legge in testi recenti che riferiscono l'avvenimento).
Nel libro è accuratamente riportata la sequenza del lavoro eseguito dal Drei che presenta una straordinaria analogia con il procedimento esecutivo in uso nell’Infiorata di Genzano. Il Ferrari prosegue descrivendo alcune delle immagini realizzate in quella ricorrenza e negli anni successivi: le figure dei due Apostoli proposte in pose e situazioni diverse e gli strumenti del loro martirio.
L’“infiorata” del Drei, o il “mosaico di fiori” come lo indica il Ferrari, consisteva in un'unica composizione realizzata con petali di fiori adagiati su una tela precedentemente disegnata. L'immagine, così realizzata, veniva posta sul pavimento della Confessione.
Una curiosità: negli inventari della Floreria Apostolica Vaticana, riferiti agli anni compresi tra il 1612 e il 1655, compare, nell'elenco degli oggetti nominati, anche un'immagine di San Pietro realizzata in penne di pavone. L’“emplumado” fu sicuramente notato dal Drei che svolgeva la propria attività anche in quegli ambienti ed in anni che rientrano nell'arco di tempo sopra indicato. Non è improbabile che l'immagine di San Pietro, realizzata con un materiale così inconsueto, possa aver suggerito motivi di riflessione all'autore del primo mosaico composto da petali di fiori.
Il Ferrari prosegue con la descrizione di un'altra composizione eseguita non solo con petali di fiori ma anche con fronde di lauro e cera modellata, a formare grosse api, rappresentante lo stemma della famiglia Barberini. Il padre gesuita nomina Stefano Speranza, giovane scultore allievo del Bernini, quale autore dell'originale realizzazione floreale composta sempre per la ricorrenza celebrativa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. Riferimento iconografico per questa composizione era stata, con molta probabilità, una stampa tratta da un’incisione di Mattäeus Greuter del 1626. Numerosi, in essa, i particolari grafici che trovano un richiamo quasi speculare con la narrazione minuziosa del Ferrari quando, nel suo libro, espone meravigliato quanto aveva egli stesso ammirato nella Basilica Vaticana.
L’immagine, una Melissographia (rappresentazione grafica dell'ape produttrice di miele), univa lo studio e l’osservazione scientifica degli insetti, osservati per la prima volta al microscopio, alla celebrazione del Papa Barberini, come elegantemente espresso nelle iscrizioni che compaiono su due cartigli.
Quanto riferito dal Ferrari, riguardo le composizioni floreali ammirate nella Basilica Vaticana, sembra essere l’ultima testimonianza riguardo l’usanza di realizzare “mosaici di fiori” perché, in seguito, non se ne trova più traccia anche se il padre gesuita parla di composizioni ripetute annualmente. In realtà Gaetano Moroni, autore a metà dell’800 di un ponderoso Dizionario di Erudizione Storico-Ecclesiastica, descrivendo le decorazioni consuetamente realizzate nella Basilica Vaticana in occasione della festività dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, parla di fiori disposti come un tappeto a coprire “il piano della confessione (...) vagamente”. L'espressione usata dal Moroni è di particolare interesse perché permette di avanzare l’ipotesi che, nel tempo, l'allestimento di composizioni floreali, nella Basilica Vaticana, sia proseguito oltre il XVII secolo ed almeno fino alla metà del XIX. Sempre il Moroni nomina nel suo Dizionario, ma in altro contesto, l’Infiorata di Genzano, realizzata in occasione della celebrazione del Corpus Domini, descrivendola come una manifestazione ormai nota e di una certa importanza.
La diffusione, nei paesi circostanti la Capitale, di questa particolare forma di decorazione floreale e la sua evoluzione nel tempo, suggeriscono alcune ipotesi: la semplice trasmissione di conoscenze per mezzo di persone che avevano modo di vedere e sapere quanto veniva realizzato nella Basilica Vaticana; l'interesse e le motivazioni di un singolo individuo o della piccola comunità; infine la partecipazione alle idee e al gusto decorativo da parte di chi era più attento e sensibile alle novità ed al pensiero del proprio tempo.
L’Infiorata di Genzano, fin da quando se ne ha memoria, è stata realizzata per rendere più solenne la celebrazione della festività del Corpus Domini, ricorrenza religiosa di particolare importanza per la Chiesa e maggiormente sentita da tutto il mondo cristiano. Forse è proprio questo il motivo che determina il passaggio o l’estensione dell'originale tributo floreale da un contesto celebrativo, la festa dei Santi Pietro e Paolo, ad un altro: la celebrazione del Corpus Domini (decorazioni con fiori e fronde, peraltro, erano consuete nella ricorrenza della festa del Sacramento dell’Eucarestia fin dalla sua istituzione, avvenuta nel 1264).
L’Infiorata di Genzano, oltre ad essere fra le più antiche, si distingue per una particolare sintesi di elementi, formali e di contenuto, che ne fanno un significativo esempio di memoria trasmessa e rappresentazione rinnovata di quelle prime composizioni realizzate con petali di fiori nella Basilica Vaticana.
Il tappeto floreale allestito sull'antica Via Livia però ci racconta molto di più. In una recente ricerca ho potuto verificare una sorprendente analogia fra i disegni dei tappeti dell’Infiorata realizzati con motivi geometrici ed i giardini ad aiuole del XVII secolo, progettati con estrema perizia e coltivati con fiori rari e pregiati.
La passione per la coltivazione di fiori si era diffusa rapidamente fin dall’inizio del Seicento contemporaneamente a trattati sulla loro coltura. Il De Florum Cultura del Ferrari è uno fra i primi testi nel quale si parla diffusamente dell'argomento. Il libro era dedicato al Cardinale Francesco Barberini appassionato di coltura di fiori a bulbo e di agrumi. Il Palazzo Barberini, a Roma, ospitava un “giardin grande” di rappresentanza ed un “giardin piccolo de’fiori rari” (giardini così venivano chiamati “segreti” perché di dimensioni più ridotte e di uso privato).
Un manoscritto inedito del XVII secolo, conservato nella Biblioteca Vaticana, ha rivelato un piccolo tesoro: il progetto per un “giardinetto secreto”, ideato per il Cardinale Antonio Barberini, contenente un disegno di giardino ad aiuole (probabilmente concepito sempre per l’imponente dimora romana della famiglia) e l'elenco minuzioso di tutti i fiori che avrebbero dovuto trovare posto, secondo il colore, nei regolari spazi geometrici loro assegnati.
Ad Ariccia, presso il Santuario della Madonna di Galloro, ancora in costruzione, si pensava di realizzare un giardino ad aiuole, come dimostra un progetto anch’esso conservato nella Biblioteca Vaticana.
Francesco Caetani, duca di Sermoneta, amava progettare da sé le aiuole per il proprio giardino: una raccolta di questi disegni colorati ad acquarello, mostra uno studio attento delle geometriche simmetrie di forme e colori.1
Una raccolta di stampe, da incisioni di Giovan Battista Falda, presenta giardini romani del XVII secolo: Li Giardini di Roma offrono un’ampia panoramica delle diverse interpretazioni degli spazi fioriti nelle più prestigiose ville romane.
L’ipotesi di un collegamento tra i disegni delle aiuole fiorite dei giardini e i tappeti floreali con motivi geometrici dell’Infiorata sembra trovare conferma soprattutto nelle immagini dei giardini del Granduca di Toscana sul Monte Pincio, del Duca di Parma sul Monte Palatino e del Cardinale Paolo Savelli Peretti (poi del Cardinale Montalto), già di Sisto V. Ed è la duplice immagine di quest’ultimo giardino che ha suggerito ulteriori riflessioni. Il tracciato dei viali e delle aiuole richiama in modo notevole il sistema viario di Genzano nel progetto di ampliamento voluto da Giuliano II Cesarini del 1643, cioè di poco successivo al giardino appartenuto a SistoV. Osservando l'immagine si possono notare le analogie con gli assi viari delle strade olmate ed un “tridente” che richiama quello, ormai famoso, di Genzano.
Possibile che Giuliano II abbia voluto fare un esplicito richiamo? Genzano come un grande giardino? Anche la nota incisione del Tomasini, del 1664, sembra voler confermare l'ipotesi: le strade olmate raffigurate ripartiscono spazi regolari, gli olmi fitti ed ordinati hanno sembianza di siepe che borda e racchiude. Ed allora non sembra neanche lontana l'idea di una strada ricoperta di fiori che simula una successione di colorate e multiformi aiuole.
I Cesarini, a Genzano, possedevano non solo il grande parco, ancora oggi visibile, ma anche un “giardino segreto”; recenti studi ne hanno accertata l’esistenza ed individuata l'ubicazione.
Possiamo immaginare questo giardino concepito e coltivato ad aiuole di fiori rari e pregiati così come dettava la nuova passione dei nobili e degli intellettuali del XVII secolo. Disegni di aiuole, come quelle attribuite al Caetani, potevano circolare e diffondere le ultime novità in fatto di colture giardiniere ed anche, aggiungerei, suggerire composizioni floreali da realizzare in sequenza: sarà nata così la scenografica Infiorata di Genzano?
1 I. Belli Barsali, Il giardino storico italiano, Siena, 1978.
Per la rubrica Beni culturali - Numero 63 giugno 2007