RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Biblioteca di Trimalcione

Delitto al casìn dei nobili

Un giallo condito di ironia e di molteplici appetitose ricette

Ambientato nella Venezia della seconda metà del Cinquecento, il romanzo opera prima della scrittrice Alda Monico, è un affresco ricco di colori e di sapori che si dipana tra i palazzi, le osterie, le calli, immergendo a poco a poco il lettore nelle atmosfere di una città magica, famosa per i suoi commerci di spezie orientali, del sale e delle stoffe. Un racconto dal ritmo incalzante, in cui gli elementi storici si amalgamano perfettamente con la creazione letteraria, ma anche un giallo raffinato condito con un pizzico di ironia e molteplici appetitose ricette. Il romanzo è inoltre corredato da un’appendice di ricette veneziane.

[…] E spuntò il sole di un nuovo giorno, sui tetti di Venezia. Era una mattinata limpida e i molteplici colori della città splendevano nell’aria trasparente come vetro di Murano. Le facciate policrome dei palazzi si riflettevano capovolte nell’acqua tranquilla dei canali, e i voli dei colombi vi tracciavano riflessi di traiettorie capricciose. Al passaggio di una barca, sulle piccole onde sollevate dal remo, i raggi del sole si rifrangevano con barbagli di luce dorata. Lucieta salì in altana con una cesta di biancheria da stendere e restò per un momento immagata a guardare le cime delle montagne all’orizzonte: sembravano vicine, nell’aria chiara del mattino, come se spuntassero dalla laguna a far corona alla città. Le cime più alte erano ancora scintillanti di candida neve al sole, poi i boschi scendevano e si confondevano con i colori tenui dei colli e della campagna fino a sfumare nell’azzurro della laguna. […] Una voce la chiamò dal basso, e la ragazza si affrettò a stendere la biancheria bagnata sui fili tesi tra l’intelaiatura dell’altana e a scendere le scale. […] La Paola puliva gli articiochi, in cucina, brontolando tra sé: “Io non voglio nemmeno vedere quello che combinano; questa stramba di figlia, non c’è verso di farla ragionare, di farle cambiare opinione, quando si è ficcata in testa qualcosa, ma stavolta è proprio una mattana, peggio di qualsiasi altra”, e intanto toglieva le foglie dure tutto intorno a ogni carciofo, tagliava la punta spinosa e scortecciava il gambo e la base, con rabbia, come se avesse tra le mani il suo nemico, il perfido poeta che aveva avuto l’ardire di sbertucciare in quel modo la sua preziosa figliola. Poi ripassava ogni carciofo con mezzo limone e lo gettava nella pentola di coccio. Le veniva da piangere, se pensava al pericolo in cui si stava mettendo la sua bella figlia e alla determinazione maniacale con cui Veronica si era preparata a questa pazzia del duello, dal far cucire i vestiti da uomo per lei e per Lucieta, allo scritturare il miglior maestro d’arme di Venezia. Lei, intanto, con ostinazione, continuava a fare i gesti di tutti i giorni, tritava l’aglio e il prezzemolo, ne introduceva un pizzico, insieme al sale, in ogni carciofo, li disponeva nella teglia con acqua e olio, la copriva e la metteva sul focolare, mentre la sua mente continuava a lavorare per trovare qualche soluzione possibile, che potesse appagare la sdegnata Veronica e insieme allontanare da Venezia il colpevole. Forse accusarlo di cospirazione contro la Repubblica e di tradimento? Ma le denunce anonime non venivano prese in considerazione dal Consiglio dei Dieci, e poi, anche volendo scoprirsi, cosa che non desiderava affatto, ci voleva qualcosa su cui basare le accuse. Il fellone riservava i suoi strali a chi non poteva difendersi, non li indirizzava certo al Doge o a qualche alta autorità della Serenissima…

ARTICIOCHI IN TECIA (Carciofi in tegame)

Ingredienti: Articiochi, olio, prezzemolo, aglio, acqua, sale e pepe.
Preparazione: I carciofi (articiochi in veneziano) che vengono coltivati nelle isole della laguna sono piccoli, violacei, con un sapore caratteristico, intenso e amarognolo.
Si tolgono le foglie esterne e si tagliano le punte ai carciofi, poi si farciscono con un trito di aglio, prezzemolo, sale e pepe. Si dispongono, ben allineati con la punta in su, in un tegame (tecia) e si condiscono con olio abbondante.
Si aggiunge un mestolo d’acqua, poi si mettono a cuocere i carciofi con il coperchio, finché l’acqua non è tutta assorbita.

Alda Monico, "Delitto al casìn dei nobili", Milano, Corbaccio, 2005