RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Sistema Territorio

La città dei castelli: città nella città

sguardo strategico d’insieme

In questi ultimi anni è evidente un deciso ritorno della pianificazione strategica. La nostra regione, ma anche il livello nazionale, quello Comunitario (UE) , per il nuovo settennio 2007-2013, tengono dietro a questa tendenza in atto. Questi attori istituzionali mettono a disposizione finanziamenti, invitano a definire delle priorità per lo sviluppo e degli strumenti innovativi per la gestione territoriale, promuovono studi di settore atti a definire le priorità nazionali e locali, in definitiva, chiedono ai territori di individuare un disegno che li orienti nel prendere le decisione e nell’allocare efficacemente ed efficientemente i fondi strutturali a disposizione, i quali, tuttavia, ordinariamente non riescono ad innescare processi di sviluppo e divengono mera ridistribuzione.
Molti territori si trovano a ragionare e a cercar di dar risposta a tutte queste sollecitazioni, ma spesso, e specialmente in Italia, non si ha verso la programmazione un atteggiamento pro-active, sovente ci troviamo a rispondere a delle emergenze, ad essere re-active. Questo ritornar in voga del pensare al governo del territorio in senso strategico invita gli attori (istituzionali e non) e i soggetti (pubblici e privati) territoriali, gli stakeholders, il terzo settore e gli abitanti a gettare uno sguardo verso il futuro dei luoghi in cui vivono, e a porsi un interrogativo: qual è la capacità ad affrontare il futuro che hanno i luoghi in cui viviamo?
Esistono diversi strumenti afferenti al mondo del planning che possono aiutare ad organizzare una programmazione strategica per il proprio territorio. Ognuno di questi ha diverse ambizioni e diverse potenzialità. La pianificazione strategica aiuta a definire delle ipotesi di futuro, non è la predizione di ciò che accadrà su un territorio, ma orienta verso delle prospettive, delle proiezioni territoriali.
In risposta al riconoscimento da parte della Regione Lazio per il finanziamento dell’Area Integrata dei Castelli Romani, e del Consorzio SBCR come proponente, si sta iniziando a ragionare di pianificazione strategica in questo sistema territoriale. Un piano strategico d’area vasta (ben 17 Comuni coinvolti) scandito e declinato da un’Agenda Strategica in fieri, costituiscono un ottimo punto di partenza per tornare a ragionare sul “senso del territorio” nei Castelli Romani. Queste opportunità sono l’occasione per porsi delle domande e per cercare di individuare criticità e potenzialità dell’area, ma soprattutto per capire cosa sta esprimendo e cosa sta producendo questo contesto intercomunale che ha una lunga storia dietro di sé.
Il territorio dei Castelli Romani è il paradigma ideale di quei territori che hanno raggiunto nel contesto italiano, ma anche europeo, un elevato livello di ricchezza. Ricchezza economica non è sinonimo di benessere e qualità della vita, anche se l’unicità che caratterizza i Castelli Romani si fonda proprio su qualità paesistico-territoriali, culturali, architettoniche, storiche e su una radicata propensione a collaborare attraverso approcci di tipo cooperativistico. Non si può dire che non ci sia qualità della vita nei Castelli, ma i quesiti sono:
Quanto è equamente distribuita tra gli abitanti?
Quanto margine produce la ricchezza prodotta nei Castelli Romani?
L’area dei Castelli Romani soffre di un male che travaglia tutta l’area metropolitana romana, di cui essi fanno integralmente parte. Questa macro-area, decisamente Roma-centrica, soggetta a periurbanizzazione, caratterizzata da altissima produzione in tutti i settori, brucia anche molta della ricchezza prodotta: un motore urbano ad alta potenza (qui si produce quasi il 70% della ricchezza laziale), ma ad alto consumo e, quindi, alto grado di inefficienza e notevoli impatti negativi sull’ambiente. Il piano strategico territoriale non può prescindere da tali considerazioni e l’Agenda strategica approvata dai Sindaci sta dentro tale contesto

Quello dei Castelli, lo credo da persona che ci è nata e ci vive, per la sua storia e per la sua specifica connotazione è un territorio su cui si possono fondare progetti ambiziosi e innovativi, c’è la possibilità di entrare nel novero delle regioni europee in cui cresce la creative economy (o creative industries), che è una forma di economia che, per la natura dei prodotti/servizi generati e per le professionalità richieste e soprattutto per le attitudini che quest’ultime devono avere, necessita di un background sociale, economico e culturale di notevole spessore qualitativo. Quando si ragiona di distretto culturale si va proprio nella direzione dell’economia creativa: arti, audiovisivo, multimedialità, fashion designs oppure invenzione di nuovi servizi legati alla comunicazione e produzione di contenuti, o servizi B2B (business to business) tra diversi settori produttivi avanzati. Ma tutto questo richiede un “ambiente” e delle condizioni al contorno che favoriscano l’insediamento di capitale culturale, umano e finanziario che possano sostenere queste forme di economie avanzate e competitive Creare dunque le condizioni per essere attrattivi, condizioni che potenzialmente esistono, ma si devono ridurre le attuali inefficienze e soprattutto ridefinire il rapporto con Roma dal punto di vista infrastrutturale. Nessuno investe in un territorio in cui si è costretti ad impiegare più di un’ora per percorrere 30 km (abitualmente spostandosi in auto si raggiungono medie di 3 min./km), mentre in altri territori nazionali ed europei “concorrenti” i tempi di spostamento sono pari a meno della metà. Si tratta dunque di intervenire su una mobilità che ormai rischia di collassare e rallentare le dinamiche territoriali, quelle che consentono di offrire qualità nei prodotti e nei servizi, mantenendo costi appropriati. La difficoltà a muoversi costa tempo e denaro, e questo non ce lo si può permettere, se si vuole competere restando nelle serie A dei territori. Il problema di fondo è che la pianificazione fatta a Roma a partire dagli anni ’50, ha sempre più ridimensionato i collegamenti su ferro tra la capitale e il suo Umland , mentre contemporaneamente il fenomeno della periurbanizzazione, soprattutto verso sud-est, si è incrementato (circa 25.000 edifici costruiti ad uso abitativo negli ultimi 15 anni): la situazione è fuori controllo e soprattutto fuori equilibrio, un piano strategico non può non partire da questo punto per avere solidità e validità. Anche lo stesso “mercato interno” dei Castelli, rischia di ridimensionarsi se non viene risolto il nodo mobilità/accessibilità. Infatti, quest’area di 17 comuni vive già da tempo le logiche della città diffusa, molti cittadini dei Castelli Romani lavorano a Roma, fanno la spesa a Genzano, vanno al cinema a Frascati, hanno i figli a scuola a Velletri, fanno sport a Castel Gandolfo, i Castelli sono una città nella grande area metropolitana romana, ma la pianificazione fatta a Roma sembra non accorgersi di questa realtà, la pianificazione di Roma (il nuovo PRG in primis) non ha affrontato il problema di gestione dei flussi tra la città consolidata e il suo Umland.
E’ proprio questo invece uno dei punti su cui soffermare l’attenzione, perché foriero di notevoli inefficienze a scala urbana e metropolitana. L’opportunità allora di un Piano strategico dei Castelli è proprio nel saper pianificare tenendo conto di Roma, un piano che consideri:

- le dinamiche interne alla città diffusa “La città dei Castelli”
- il rapporto tra l’area dei Castelli e Roma (focus mobilità)
- la collocazione dell’insieme Roma/Castelli nelle logiche di un mercato che è sempre più globale, mutevole, ma che soprattutto investe in quei territori che offrono qualità e competenze.

Il piano strategico per i Castelli deve iniziare mettendo in luce quello che la pianificazione fatta a Roma ha ingiustificatamente lasciato in ombra: capovolgere il punto di vista sull’importanza del collegamento tra centro (Roma) e Suburbio (una realtà policentrica diffusa, consolidata ed economicamente avanzata, ma che paga a caro prezzo le inefficienze infrastrutturali).

Per la rubrica Sistema Territorio - Numero 62 maggio 2007