RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Editoriale

Un destino inevitabile

Sembra un destino inevitabile: quella particolare fase dello sviluppo di un individuo che va sotto il nome di adolescenza e i cui confini temporali sono quanto meno fluidi (12 –16 anni? 14-20? 16 24 -30?) evoca disagi, difficoltà, pericoli; una fase di passaggio che non si è affatto sicuri possa essere superata con successo entrando finalmente nel mondo adulto “ben attrezzati” con un bagaglio valoriale certo, punti di riferimento saldi, affettività consolidate.
Tutti gli adulti che guardano al mondo giovanile, pur se da diverse angolazioni e con livelli di analisi più o meno approfonditi concordano nel ritenere che l’adolescenza in quanto fase dello sviluppo di natura ribelle ed eversiva merita attenzioni particolari e va incontro a possibili manifestazioni estreme sulle quali gli adulti ( famiglie, scuola società)hanno la necessità/ dovere di intervenire.
Negli ultimi mesi i media hanno dedicato moltissimo spazio al fenomeno, non ultimo il cinema che ci propone nelle sale storie in cui i giovanissimi sono protagonisti, dando vita ad un dibattito a più voci dove di fronte ad alcune manifestazioni estreme e spesso tragiche, si assiste a tentativi di analisi sociologiche, psicologiche, antropologiche destinate a mettere in evidenza colpe, responsabilità scelte errate compiute dagli adulti e ricerca di soluzioni che vanno da proposte normative, fino ai consigli utili per chi quotidianamente ha a che fare con i giovani e i giovanissimi.
Dalle stragi del sabato sera, che ci raccontano di un popolo di sballati pronto a rischiare a cuor leggero la vita propria e degli altri, agli adolescenti che si autoescludono, i neets come li chiamano a Londra, quelli che abbandonano la scuola, non cercano lavoro e spesso compiono piccoli crimini, agli studenti dal cellulare facile, il cui uso e abuso è comunque centrale in un modello di vita in connessione permanente, dal grido di allarme di chi si “sente soffocato dal nulla” e incolpa di questo una scuola che sembrerebbe ormai svuotata di ogni contenuto e su cui una buona fetta di opinione pubblica è pronta a riversare la colpa della cattiva riuscita dei propri figli, alle “bacchettate” lanciate da più di un opinionista contro i genitori che appaiono mollare, abdicare al proprio mestiere, l’elenco degli accadimenti negativi si allunga giorno per giorno e spesso rischia di deformare il quadro reale dell’esistente pur avendo comunque il merito di dare una scossa a chi volesse illudersi di poter dormire sonni tranquilli: il disagio e le drammatiche sorti di tanti giovani ci inducono certamente a ripensare complessivamente il nostro modo di vivere, di relazionarci , di pensare e progettare il futuro.
La verità come sempre è molto più complessa di quanto facili sociologismi ci indurrebbero a credere e non esistono soluzioni in pillole per curare il male, e tanto meno azioni singolari. Crediamo comunque che occorra uscire dall’immobilismo, che sia possibile agire ognuno per la propria parte mettendosi in discussione, prima di tutto imparando ad ascoltare quello che si muove in quel mondo che spesso ci sembra così lontano ma che forse se ci mettessimo un po’ d’attenzione potremmo pure capire meglio…e poi agendo con cautela e contemporaneamente fermezza, con il coraggio delle scelte, anche difendendone la validità quando impopolari…e tra tutti i soggetti interessati e coinvolti sentiamo che ci possono essere anche le biblioteche, nonostante esse non siano certo luoghi privilegiati dai giovanissimi, nonostante sia risaputo quanto poco la lettura entri nell’universo delle attività adolescenziali e nonostante le biblioteche abbiano già fatto grandi sforzi per cambiare il proprio look per lo meno dal punto di vista delle raccolte e siano sempre più mediateche, con una massiccia presenza di nuove tecnologie e con la possibilità per l’utente di connettersi, navigare ricercare in rete. Eppure sappiamo di non essere attraenti per i giovanissimi, sappiamo che tra l’infanzia, presente nelle nostre sedi, e gli adulti c’è una fascia resistente ad entrare in biblioteca, per la quale probabilmente ancora non abbiamo studiato i modi e le forme attraverso cui riuscire a includere senza ingabbiare i nostri adolescenti. Non è neanche detto che la biblioteca ci possa riuscire, potrebbe anche darsi che sia fisiologico un passaggio della vita in cui si legge meno o non si legge affatto e che magari in un futuro, ammesso che ci siano le precondizioni, si torni a leggere…ma la biblioteca pubblica il problema se lo pone comunque, tanto più che sappiamo quanto un libro, che arrivi al momento giusto, possa fare dentro le teste e i cuori…senza ambizioni dunque con molti dubbi e poche certezze le biblioteche si pongono in ascolto e si propongono di cambiare anche dentro la propria organizzazione consolidata, pensando e attivando strumenti di mediazione utili per coinvolgere senza soffocare. L’iniziativa del 29,30,31 maggio, che si svolgerà a Frascati, Re-azioni. Biblioteca e culture giovanili, evento ricorrente nell’attività del Consorzio SBCR che sotto il titolo Lo scaffale delle meraviglie faceva il punto su quanto l’editoria offre ai giovani e giovanissimi lettori, si è trasformata in tale contesto, in un evento di tre giorni dedicato agli adolescenti: una riflessione tra adulti per capire le logiche dell’offerta culturale e dei consumi, l’allestimento di una mostra su quanto le nostre biblioteche raccolgono per questa fascia di lettori reali e potenziali, un allestimento che cerca di dialogare con i visitatori e che in nuce inserisce alcuni elementi di mediazione che si stanno studiando per il pubblico dei giovani. Una specie di prova, di test su alcune idee maturate dentro l’Assemblea dei bibliotecari e su cui Lucia Onorati, direttore del Vivavoce, ha intervistato il Direttore del Consorzio Diego Cesaroni.
Per la rubrica Editoriale - Numero 62 maggio 2007