RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Cibo per la mente

La zampetta. Uso, abuso e soppressione

Roberto Zaccagnini sforna un nuovo pane caldo e croccante della serie, ormai lunga, delle sue pubblicazioni di interesse locale. E lo fa con la sua ricetta. Si tratta, come dice l’autore nella prefazione, di superare il concetto della “Storia” con la “S” maiuscola, ma di redigere “sensate monografie” che ricostruiscano aspetti particolari della vita dei decenni e dei secoli passati.
Storie con la “s” minuscola, insomma, ma documentate e saporite al punto giusto. Da questo atteggiamento “storiografico” la memoria locale e in particolare quella di Velletri, ma non solo, avrà tutto da guadagnare.
La storia della zampetta può divenire quindi, nella sua apparente semplicità, un caso emblematico. Ma che cos’era la zampetta? Era un tubo di pelle (della zampa di capra o pecora) conciata, usata normalmente per la svinatura. A questo primo uso nel tempo se ne affiancò un altro, quello di sostituire la cupella, cioè un barilotto di vino che veniva dato per consuetudine (oltre al compenso stabilito) dal produttore di vino al carrettiere che lo trasportava a Roma.
L’autore passa in rassegna una serie di editti e documenti dal ‘500 all’inizio del ‘900 che testimoniano l’alternarsi delle alterne vicende di astuzie e contromisure dei trasportatori e dei produttori, gli uni per cucire zampette dalle dimensioni più capienti di quelle accettate e gli altri per cercare di non rifornirli di questo vino non pagato.
La vicenda termina, secondo la ricostruzione di Zaccagnini, nel 1927 con la soppressione della zampetta da parte del podestà di Velletri, Stanislao Mammucari. La tradizione ha sempre spiegato il fatto con un misto di motivazioni di ordine sanitario e “politico” (un oppositore del regime avrebbe, secondo quanto riportato, paragonato pubblicamente la testa di Mussolini con la zampetta).
Ma Roberto Zaccagnini, facendosi forte di una testimonianza tratta da un inedito epistolario privato, sembra far luce sulle “vere” motivazioni della soppressione.
Il libricino si conclude con la gustosa presentazione del testo integrale di una poesia in dialetto, sempre tratta dall’epistolario prima citato, un vero e proprio elogio della zampetta, versi non privi di spirito, ma anche di una circostanziata spiegazione del suo uso originario e delle furbizie ad esso legate.

Roberto Zaccagnini, “La zampetta. Uso, abuso e soppressione”, Velletri, Scorpius, 2007

Per la rubrica Cibo per la mente - Numero 61 aprile 2007