RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

A come artisti

Giovanna Marini: la musica, i Castelli, la Torre di Babele

E’ da pochissimo che la nostra redazione ha saputo della presenza di Giovanna Marini ai Castelli. Grave mancanza! Ma si è subito rimediato: la siamo andati a trovare a Monte Porzio Catone nella sua casa che ha il suo stile, inconfondibile, fatto di cordialità, disponibilità al racconto anche personale, grande cultura, insomma la signora Marini ci piace, come ci è sempre piaciuta la sua musica, la sua voce inconfondibile e conoscerla dal vivo non ha fatto che rafforzare la nostra ammirazione.
In un numero di Marzo dedicato alla donna e alla sua festa, abbiamo voluto contraddistinguerlo, con una bella voce femminile, una voce importante e …questa è l’intervista che ci ha rilasciato, più che un’intervista una piacevolissima chiacchierata, certamente piena di spunti per noi e ci auguriamo anche per i nostri lettori.

Qual è il suo rapporto con il territorio dei Castelli Romani?

Mio nonno nel 1937 comprò un terreno a Monteporzio e nel 1939 vi costruì questa casa nella quale vivo tuttora. Sosteneva, con circa 70 anni d’anticipo, che Roma con tutte le automobili era inquinata e rumorosa e allora ci portava qui a passare l’estate. Quelli erano veri e propri viaggi: venivamo con il trenino da Roma e poi ci venivano a prendere con i buoi e i birocci. Nell’estate del 1942 dovevamo prendere l’ultimo treno per Roma di quel terribile anno, ma mio fratello (in seguito sacerdote ad Ariccia N.d.R.) si fissò che doveva arrivare alla stazione facendo il passo dell’alpino, non ci fu verso di convincerlo e perdemmo l’ultima possibilità di tornare a Roma. Passammo tutto l’inverno qua a Monteporzio e, nonostante la guerra, conservo di quella stagione un bellissimo ricordo.
Ritornare a vivere qua nel 1993 è stata una scelta d’amore. Vivo accanto ad una famiglia di siciliani alla quale diede rifugio mio nonno proprio in quel periodo. Stare accanto a loro e in questo paese nel quale ancora non si avverte la dispersione della metropoli mi fa stare meglio. A Roma in fondo si ha molta più gente attorno ma si sta molto più soli.
Ritengo sia molto importante che i Castelli mantengano la loro identità. Purtroppo però molta gente sta scappando dalla capitale e questo territorio non so se sarà mai pronto ad affrontare un’espansione così travolgente.
L’autostrada e il treno ci rendono molto vicini a Roma, ma ci consentono di vivere bene qua, certo io proporrei agli amministratori di progettare un’ultima corsa di treno dalla Capitale, un trenino della mezzanotte che faccia ritornare ai Castelli chi si è andato a godere, o nel mio caso a condurre, uno spettacolo teatrale, di cinema ecc..

Cosa le evoca sentir parlare di Distretto Culturale dei Castelli Romani?

Mi fa venire in mente i tempi di Roma, del Circolo Culturale di Centocelle che ha animato dagli anni ’60 alla metà degli ani’80, una periferia, vera, viva. Ma mi fa venire in mente anche le iniziative che con “Ruota Libera” abbiamo organizzato a Frascati e a Nemi, con l’unico concorso nazionale per autori musicali nel quale il vincitore sentiva eseguita la propria opera. E mi fa venire in mente spazi ampi, molto belli, eccezionali per fare cultura come il Parco Borghese. Serve nei Castelli Romani una sorta di cabina di regia, una nave pilota. In Francia Malraux, quando era ministro per la cultura ha fatto nascere in ogni dove le “Case della Cultura”, laddove nel 1979 col Quartetto vocale abbiamo iniziato un viaggio che ancora continua. In Germania e talvolta anche in Italia, all’Italsider di Bagnoli per esempio, c’erano dei dopolavori che assolvevano questo compito, ma la trasformazione dell’economia e la chiusura delle fabbriche stanno eliminando anche queste occasioni. Mi ricordo con molto piacere “Ci ragiono e canto” uno spettacolo con Dario Fo fatto proprio a Bagnoli.
Ritornando al Distretto Culturale ritengo che gli Amministratori dei nostri Comuni dovrebbero ristrutturare e riutilizzare meglio i loro edifici storici.

Con che spettacolo sarà impegnata all’Eliseo?

Dal 22 febbraio al 6 marzo saremo col quartetto impegnate all’Eliseo con “La Torre di Babele”, cantata per 4 voci. Io scrivo in partitura i pezzi per il Quartetto, in parte inventati da me, in parte riscritti e rielaborati dalla tradizione popolare. Sono cantate monotematiche, la “Torre di Babele” è la settima della mia carriera, mentre la primissima fu ”Correvano coi cani” del 1976. In queste opere la musica è intramezzata dai racconti: io parlo, racconto e poi cantiamo, una sorta di moderni cantastorie. Si può parlare di musica allo stesso tempo etnica e classica. Io, partendo dalla tradizione, trascrivo il pezzo così come lo ascolto, poi evidenzio le parti specifiche che non esistono nella musica “normale”. La musica più è antica e ne evidenzio le parti inesplorate dalle conoscenze musicali odierne più sembra d’avanguardia. Sembra un paradosso ma è così.

Sta seguendo altri progetti in questo momento?

Sto lavorando con Stelluccia, marinese storica, che mi sta consegnando una serie di ricordi, testimonianze, canzoni storiche di inestimabile valore. Marino ha sempre avuto una vocazione speciale, era un centro anarchico. Pensate che passeggiando per le sue strade un giorno incontro un “giovane cinquantenne”, un alternativo, giacca di pelle e borchie che cantava le storie di Sante Caseario il giovane anarchico condannato alla ghigliottina per aver pugnalato il 24 giugno 1894 il presidente della repubblica francese Sadi Carnot, e entrato a far parte del mondo del canto popolare grazie anche all'atteggiamento fermo e coraggioso tenuto durante il processo.
Inoltre sto lavorando con Umberto Orsini a Il carcere di Reading e al De profundis di Oscar Wilde.

Si definisce un’artista politica?

No perché in fondo l’arte stessa è politica. Oscar Wilde sarebbe inorridito di fronte all’ipotesi di essere letto come un artista politico eppure fu un rivoluzionario, un antesignano dei pensatori moderni. “L’uomo uccide perché ama”: che c’è di più eversivo? Incontrando Pasolini e poi gli artisti del Nuovo Canzoniere mi sono ritrovata a fare musica eversiva. L’altro giorno in televisione hanno fatto rivedere un nostro spettacolo, nel quale Luigi Nono, superando la sua timidezza, si scagliava verbalmente contro il pubblico incitandolo a rispettare comunque il lavoro altrui. Erano spettacoli complessi nei quali si ascoltavano le mie canzoni, i pezzi di Luigi Nono, i canti delle mondine. Ho passato dieci anni a cantare politica, dieci anni nei quali ho dovuto controllare il mio sarcasmo nei confronti di Autonomia Operaia e Potere Operaio, di quell’estremismo che non ho mai particolarmente apprezzato. Così come non apprezzo ora le riletture storiche che si stanno facendo in questo momento nel nostro paese. C’è un grande superficialità nel descrivere il movimento di protesta solo come antenato e complice del terrorismo, quando fu il suo esatto contrario. Mi sembra non ci sia la voglia di andare a fondo: sulla tragedia delle foibe, per esempio, c’è stata propaganda non indagine storica, è stata fatta una fiction tv e ci si è fermati lì.

Perché da quegli anni è nato un filone artistico-musicale di grandissimo spessore culturale mentre dalle proteste di oggi ci si ferma ai documentari di Moore?

I tempi sono cambiati. Quello era il grano cresciuto sulla tragedia della seconda guerra mondiale. Ci fu un movimento studentesco e popolare che prese quella spinta che veniva da quella immane tragedia e seppe trasformarla in arte. Ora c’è solo un movimento, quello NoGlobal che però non ha grandi espressioni artistiche. Anche se forse siamo poco informati di ciò che avviene negli Stati Uniti. C’è un grande fermento artistico – culturale in America. Fahrenheit 9/11 è qualcosa che in Italia non avrebbero mai né concepito, né prodotto.
Nel mondo è in atto, a mio parere, un grande tentativo di restaurazione economico e sociale. Ho visto recentemente “The Corporations” un bel film nel quale si denuncia il tentativo delle multinazionali di decretare lo sviluppo globale. Pier Paolo Pasolini, col quale ho collaborato, lo diceva trent’anni fa: “Esalteranno Dio, patria e famiglia per vendere lavatrici!”.

Infine un libro e un film che lei consiglia ai lettori del Viv@voce

Vi invito a vedere assolutamente “Private” il bellissimo film di Saverio Costanzo: tratta di una famiglia palestinese ostaggio di soldati israeliani. Un film senza sangue ma intenso emozionante e interpretato da attori eccezionali.
Non posso poi non consigliare di leggere “L’ultimo giro di giostra” di Tiziano Terzani interessante, istruttivo, l’ultimo contributo di una grande figura del nostro Paese.
E infine un consiglio per la vostra rubrica. Dovreste intervistare Ascanio Celestini, un grande artista di Ciampino, uno dei massimi personaggi del teatro italiano contemporaneo.


BIOGRAFIA

Nata a Roma in una famiglia di musicisti, Giovanna Marini si diploma in chitarra classica al Conservatorio di Santa Cecilia nel 1959 e si perfeziona con Andres Segovia. Di seguito suona per qualche anno il liuto con il “Concentus Antiqui” del Maestro Quaranta. All’inizio degli anni Sessanta incontra un gruppo di intellettuali come Pier Paolo Pasolini, Italo Calvino, Roberto Leydi, Gianni Bosio e Diego Carpitella e scopre il canto sociale e la storia orale cantata. Partecipa allora alla storia del “Nuovo Canzoniere Italiano” cantando con i gruppi formati per l’occasione da cantautori politici come Ivan Della Mea, Gualtiero Bertelli, Paolo Pietrangeli, ma anche cantanti contadini. Con l’Istituto Ernesto De Martino, Giovanna Marini porta avanti la raccolta di canti di tradizione orale e il loro studio e trascrizione, inventando a questo scopo un sistema di notazione musicale. Questo suo lavoro di trascrizione e poi d’arrangiamento le permetterà in seguito di trasportare la memoria cantata sul palcoscenico. Continuando la ricerca musicale e il suo impegno negli spettacoli e iniziative del “Nuovo Canzoniere” come per il “Ci ragiono e canto” di cui Dario Fo cura la regia, cresce il suo gusto del teatro, dell’affabulazione teatrale, dello stare in scena. Nel 1974, con un gruppo di musicisti anch’essi provenienti da percorsi non tradizionali, fonda la Scuola Popolare di Testaccio a Roma. Inoltre Giovanna Marini ha coltivato l’insegnamento dell’etnomusicologia applicata al canto di tradizione orale italiano presso la SPMT e presso l’Università di Paris VIII – Saint Denis, oltre che in numerosi seminari in Italia e all’estero.
Nel 1976 crea il Quartetto Vocale per il quale compone da allora le “Cantate” e con il quale si esibisce in concerti e tournées.
Dagli inizi della sua carriera inoltre compone per il teatro e per il cinema.
La discografia e altre informazioni sulle numerosissime opere di Giovanna Marini le potete trovare sul suo sito www.giovannamarini.it del quale ci siamo serviti per ripercorrere brevemente la sua biografia.

Per la rubrica A come artisti - Numero 40 marzo 2005
Giacomo Tortorici |
Per la rubrica A come artisti - Numero 40 marzo 2005