Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Cultura & Turismo

Feriae Latinae

Un’emozione che dura da tremila anni

Soltanto chi è salito sul Mons Albanus (odierno Monte Cavo) ed ha osservato dall'alto il territorio che lo circonda sino al mar Tirreno, può comprendere perché proprio in questi luoghi sia nata la "madre di Roma". Qui, almeno dall'età protostorica, i popoli del Lazio salivano in processione al tempio del dio della montagna per celebrare i sacri riti. Iuppiter Latiaris (Giove Latino) in questa occasione elargiva il potere al dictator della Lega Latina, e continuerà a legittimare anche i consoli quando più tardi, con la sua ascesa, Roma assumerà la presidenza della celebrazione.

Ma quando i Latini avevano trascurato tale usanza, le acque del lago Albano si erano inspiegabilmente elevate e per comprendere la causa di questo "prodigio" fu inviata una delegazione per consultare l'oracolo di Apollo a Delfi. Il responso del dio era stato questo: i Latini dovevano riprendere la celebrazione delle sacre cerimonie secondo il rito dei padri. Inoltre, sappiamo dallo storico Tito Livio che, tra il V e il IV sec. a.C., sempre in seguito alla mancata celebrazione dei riti, ci furono episodi di piogge di pietre che "come spessi chicchi di grandine" si erano abbattute sulla campagna romana. Bisognava anche in questo caso ripristinare l'obbligo che i consoli, una volta eletti, indicessero le Feriae Latinae e sul medesimo tracciato, ottenuta la vittoria in guerra, celebrassero sino al mons Albanus anche il trionfo.

La processione verso la sede del dio procedeva lenta e silenziosa, in costante salita lungo il Clivus Albanus che aveva il suo inizio nella Valle di Ariccia, staccandosi da quel tracciato che in epoca romana diverrà la Via Appia Antica. Percorreva l'attuale corso Garibaldi attraversando l'acropoli dell'antica Aricia, per inoltrarsi poi, una volta lasciata la città, nel nemus Aricinum (bosco ariccino) e raggiungere la cima.

Lungo il percorso ognuno portava le offerte frutto del proprio lavoro di pastore, pescatore o agricoltore: agnelli, formaggio, latte, pesce e focacce. Ma il momento culminante era quello dell'offerta in sacrificio del toro bianco, la cui carne arrostita veniva divisa per la sua consumazione tra tutti i rappresentanti dei populi del Lazio antico che partecipavano al banchetto comunitario. In questi giorni di festa cessava qualunque ostilità e si rinsaldava il "patto", a garanzia del quale si pensava intervenisse lo stesso dio, in veste di commensale. La celebrazione aveva un grande valore sociale e politico.
Tra le testimonianze del mondo antico che ci sono pervenute a riguardo troviamo quella, pregna di fascinans, di Marco Tullio Cicerone, console nel 63 a.C., che celebrò le Feriae Latinae "con copioso latte" sulle alture albane innevate, in una notte senza luna e "cosparsa di stelle".

I Castelli Romani, gioielli preziosi alle porte di Roma, offrono ancora oggi quello scenario di incomparabile bellezza cui si associavano nell'antichità riti e culti che possono essere rievocati grazie al fatto che il paesaggio e gli stessi luoghi del mito sono ancora in parte preservati, venendo a costituire un vero e proprio teatro naturale ancora recuperabile, e in cui operare per valorizzare al meglio l'ambiente e le vestigia del passato.

Le Feriae Latinae rilanciano in proposito il loro storico messaggio, più che mai attuale: quello di non prescindere, nella necessità di sottoscrivere un rinnovato "patto" tra noi e ciò che ci circonda, dai valori della pace e della collaborazione sociale. La loro riproposizione può offrire oggi - ai rievocatori che si calano nei panni dei nostri antenati e ai partecipanti tutti - oltre all'incanto e all'emozione di ripercorrere il passato e i suoi valori, anche un ampio spazio per riflettere, in particolare, su cosa possiamo fare di più per il nostro territorio nell'ambito di un inderogabile sviluppo sostenibile. Non a caso cresce oggi la ricerca e la riscoperta degli antichi "cammini" e di conseguenza il desiderio di riappropriarsene.

Giunta lo scorso anno alla IV edizione, la manifestazione è nata dall'idea di tre associazioni: Archeoclub Aricino-Nemorense, Legio Secunda Parthica e Associazione Tyrrhenum. In questi anni ha visto un crescente interesse di pubblico con un sempre maggiore coinvolgimento delle associazioni del territorio, dei comuni dei Castelli Romani e degli enti regionali. Partita inizialmente come rievocazione storica in costume romano, della durata di una sola giornata domenicale, è divenuta una festa novendiale che contiene vari eventi a tema che spaziano dall'archeologia all'enogastronomia.

Per la rubrica Cultura & Turismo - Numero 132 novembre 2016
Alberto Silvestri |
Per la rubrica Cultura & Turismo - Numero 132 novembre 2016