Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Cultura & Impresa

L’editoria locale per un’inversione di tendenza

Sono molte le case editrici che lavorano e operano sul nostro territorio. Offrono cultura, progetti e idee ma troppo spesso sono soffocate dalla grande distribuzione collegata alle multinazionali dell'editoria e all'industria del libro. Abbiamo intervistato Pietro Farro della Effepi Libri che ci ha raccontato la sua esperienza e un'idea per salvaguardare gli spazi culturali dei Castelli Romani.

Ci parla della sua casa editrice e con quali obiettivi è nata?
Effepi Libri è nata nel 2005 con l'obiettivo, puro e semplice, di fare dei buoni libri. In particolare, della buona saggistica, visto che è quello il genere che pubblichiamo: dall'attualità allo sport, dal costume allo spettacolo. Ci proviamo, speriamo di riuscirci.

Che cosa significa essere editore ai Castelli Romani?
In realtà, non pubblicando libri legati alle realtà locali, la cosa non ha particolare importanza. Sia detto col massimo rispetto per i colleghi specializzati nel fare libri riguardanti il territorio, ma abbiamo l'ambizione di pubblicare testi che abbiano un "respiro" un po' più ampio.

Come scegliete i libri da pubblicare?
Inizialmente, per farci conoscere, abbiamo fatto molte traduzioni. In perdita, purtroppo, ma erano necessarie per cominciare a costruire un catalogo decente. Oggi riceviamo numerose proposte, anche via email, e più di qualcuna è diventata libro. Poi ci sono autori con cui si è creato un rapporto grazie al quale ci hanno fatto l'onore di pubblicare con noi più di un libro. Insomma, non sono certo le proposte a mancare.

Quante persone lavorano per Effepi Libri?
In pratica siamo quasi una One man company, nel senso che il sottoscritto è titolare e unico redattore (quasi) tuttofare. L'unico collaboratore è un grafico freelance - l'ottimo Paolo Alberti, ci tengo a nominarlo - che si occupa di impaginare e fare le copertine. Ricevo numerosissimi cv di persone che si offrono di collaborare (o addirittura sognano di essere assunte), ma al momento non siamo in grado di avviare alcuna nuova collaborazione. Una volta una ragazza ci scrisse dicendo che le avrebbe fatto piacere entrare a far parte del nostro «gruppo editoriale». Le risposi che quella definizione potevo prenderla come un augurio, ma che in realtà eravamo solo una minuscola casa editrice.

Sappiamo che la pluralità è democrazia, ma oggi il mercato funziona al contrario: grandi gruppi si assicurano un fatturato altissimo schiacciando di fatto le piccole e medie imprese. È ancora possibile arrivare a una inversione di tendenza?
Un'inversione di tendenza non so se sia possibile, ma sarebbe certamente auspicabile. Quello che servirebbe è una legge sul conflitto d'interessi che stabilisse che nessun soggetto possa fare contemporaneamente l'editore, il distributore e il libraio. Si aprirebbero spazi immensi, ma dubito che si farà mai.

Ogni anno a Roma si organizza "Più libri più liberi" - la Fiera della piccola e media editoria, anche voi partecipate?
Ci piacerebbe, ma finora non è stato possibile. I costi di partecipazione sono troppo elevati per le nostre attuali possibilità.

L'articolo 21 della Costituzione italiana recita: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Ma quando si tolgono le possibilità economiche di esercitare tali diritti, cosa ne resta della libertà?
Ovviamente, ne resterebbe poco. Ma credo che Internet da questo punto di vista rappresenti un immenso spazio di democrazia. Davvero chiunque oggi può esprimere la propria opinione su tutto. Talvolta, forse, senza neanche la necessaria cognizione di causa.

Pensa che gli organi istituzionali dei Castelli Romani dovrebbero fare qualcosa di più per salvaguardare il patrimonio culturale del nostro territorio?
Andando sul concreto, per tornare alla domanda su Più libri più liberi, non sarebbe una cattiva idea se i Comuni della zona prendessero uno stand da affidare collettivamente agli editori dei Castelli. Credo che per loro sarebbe una spesa sostenibile.

Per la rubrica Cultura & Impresa - Numero 126 luglio 2015