RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Primo piano

Ho dovuto imparare, ricercare le sfumature che cambiano le cose…

Intervista a Paola Di Mauro proprietaria di un'azienda vitivinicola famosa in tutto il mondo per la produzione dei vini di Colle Picchione località Frattocchie Marino.

Qual è stata per te la motivazione a fare impresa?

Ho cambiato lavoro a 53 anni. Ho inteso raccogliere una sfida ricercando sul territorio zone che potessero dare vini eccelsi. Ho cercato fin dall'inizio qualcosa in più.Poi mi sono sentita moralmente impegnata a continuare questo percorso. Il problema era che tutto nasceva dal niente e ho dovuto lavorare anche con sacrificio fisico per produrre vino.

Come la dimensione femminile connota il settore di cui ti occupi?

C' è da dire subito che per una donna è necessario sobbarcarsi il doppio dello sforzo rispetto agli uomini. Ho cominciato a lavorare all'età di 20 anni, in un settore tipicamente maschile. L'azienda di famiglia praticava commercio di ferramenta per l'edilizia all'ingrosso. La donna che fa impresa deve essere doppiamente brava. Il nuovo settore mi ha imposto uno studio attento, ma richiedeva anche la capacità di conservare il mio ruolo di madre. L'azienda comporta grosse responsabilità finanziarie, della precedente attività potevo portare poco in quanto non ho potuto avvalermi di un'esperienza pregressa. Ho dovuto imparare, ricercare le sfumature che cambiano le cose. Ho avuto un processo di autoformazione perseguito con impegno, umiltà, lavoro e studio..

Quanto ha inciso il territorio di appartenenza?

Il territorio qui è splendido, solo che da noi cera un peccato d'origine: la vicinanza con Roma.
Vi era la consuetudine di portare a Roma il vino, veniva venduto tutto e stava bene così. Non si sentiva la necessità di imbottigliare, creare un marchio, una rete commerciale, non ci si accorgeva che altri territori avrebbero fatto concorrenza e avrebbero superato i nostri vini.
Ma questo nostro territorio è splendido e valido e penso di averlo dimostrato.

Ci sono innovazioni su cui hai puntato per la crescita della tua attività e quanto ha contato in questo la rivoluzione tecnologica?

La prima innovazione sta proprio nella “innovazione” manuale, nel ritorno alle antiche pratiche.
Ad es. nel nostro territorio, fino a poco tempo fa, c'era la pratica di raccogliere l'uva pigiandola nei bigonci in grosse quantità in modo da risparmiare nel trasporto. Tuttavia, questo produce una fermentazione anomala che destabilizza il vino. In realtà il vino nasce in vigna grazie alla composizione del terreno, al microclima adatto per la vicinanza del mare e la sufficiente ventilazione, tutte caratteristiche eccellenti di questi terreni che veramente sono benedetti da Dio.
Ancora, l'uso del tendone, adatto su terreni a clima molto caldo, introdotto nei nostri territori, è stato un errore enorme perché ha soppresso l'antica pratica del cordone speronato più utile nelle nostre zone. A tale proposito, anni fa Luigi Volpicelli dedicò un articolo al rosso di Marino, che è particolarmente pregiato in quanto siamo su terreni collinari e vulcanici. In quel tempo il rosso era ancora poco praticato in quanto meno produttivo. Per rispondere circa l'importanza dell'innovazione tecnologica nel mio settore, certo l'ausilio dei macchinari è stato utilissimo, pensiamo alla pressa soffice e a quanto la tecnologia può favorire nelle diverse fasi della filiera del vino. Io parlo di un tempo ormai lontano. Oggi si sta risalendo la china, sono sorte numerose aziende che lavorano bene. Ma la concorrenza è feroce, la manodopera incide molto sugli oneri. Inoltre, è faticoso modificare la percezione consolidata rispetto ad un determinato prodotto. E ancora a proposito delle innovazioni, io penso che queste vadano accettate e sperimentate ma non dobbiamo distruggere quello che fa parte della tradizione esattamente come avviene con la cucina, dove cambiano le abitudini, si confrontano culture diverse, ma l'arte del mangiar bene e sano e con il cuore non è ancora tramontata.

Per la rubrica Primo piano - Numero 50 marzo 2006