Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Musica

Il pianoforte racconta i Castelli Romani

Feste

Bacchanalia, festa ("giorni festivi"), triumphi, otia ("ozi") et ludi e poi la cristiana dizione in die festivitatis sono le generalizzanti categorie che possono comprendere quanto di "festivale" avvenne, avveniva ed avviene nei Romani Castelli procedendo in senso diacronico. La fertile campagna, gli ubertosi colli coltivati soprattutto a vite ed i sacri boschi montani che apparivano lungo la via Appia, poco dopo Roma, «infrascati» e segreti luoghi, furono ed erano proclivi a celebranti avvenimenti anche per la vulcanicità della termica terra e dei submovimentati laghi; avvenimenti ed eventi che furono acclusi dalla sopraggiunta civiltà cristiana ad inizio dell' Evo Medio, reinterpretandoli e trasformandoli.

A partire dall'inizio seminativo-autunnale dell'anno contadino, le immediatamente successive Novena, feste di Natale, di Capodanno e di Epifania, qui rammentiamo, ricorrevano nella romana antichità come feste intorno al solstizio d' inverno: astronomico appuntamento che giungeva fatidico per le previsioni crono-metereologiche, utili allo scandire della vita agro-bosco-pastorale (e nel caso dei Castelli Romani, anche lacuale) andando verso gli incipienti, successivi periodi fioritivo e fruttativo. E solamente secoli dopo la diffusione della religione cristiana nell'italica penisola, la data di nascita di Cristo venne stabilita intorno al solstizio d' inverno: fu papa Liberio che nel 354 d.C. la introdusse nel giorno che cadeva di 25 di dicembre.

Giungendo ai secoli XIX e XX d.C., per ritrovare e testimoniare qualcosa di quanto di sonoro succedeva nella Romana Campagna, nei Romani Castelli, per colli e monti in festa, ancora una volta il ringraziamento va a quei «baldi» francesi, vincitori o no del Grand Prix de Rome come compositori di musica, i quali camminarono fervidi e percettivi osservarono per Roma e suoi dintorni, anche muovendosi durante il poco più rigido periodo stagionale (rispetto a Roma ed al suo piano ager), quello di fine autunno e primo inverno, e magari proprio a Natale, Capodanno ed Epifania.

Brani riferibili ai Bacchanalia sono le due Danse des vendangeuses (Danza delle vendemmiatrici) e Danse des vendangeurs (Danza dei vendemmiatori) che irrompono in Promenades dans Rome, divertissement choréographique en un acte et quatre tableaux, musica di Marcel Samuel-Rousseau (Prix de Rome 1905), coreografia di Serge Lifar, opus «a ballo» che abbiamo già fatto affiorare nel N.95 di VIVAVOCE, ottobre 2010. Vedi scritto sui Balli nei Castelli Romani.
Jules Emile Frédéric Massenet per aver vinto l' ambito concorso soggiornò in Roma dal 1863 al 1869 e, salendo verso i monti dei Castelli Romani, riporterà in data "Nuit de Noël 1864" un breve ma commovente brano di pagine 4 per pianoforte e pur nell' organico di petite orchestre, dal titolo Devant la Madone, Souvenir de la Campagne de Rome, edizioni Heugel a Paris: una zampognata-pifferata, dai temi musicali struggenti ed in vero insoliti e sconosciuti ma ... attendibili come referenza di una scena di vita lì vissuta. Infatti, quasi a voler confermare la fedeltà ripropositiva, all' inizio dell' ultima pagina, interrompe la pastorale armonia per far ascoltare, improvvisamente, senza misura ritmica "Très au loin: les cloches des Eglises de Rome" ("Molto in lontananza: le campane delle Chiese di Roma"): assai riuscita, identificabile onomatopea sonora. Riprende subito dopo le misure in 9/8 della zampognata-pifferata fino alla evanescente, flebile sonorità finale. E qui vogliamoci pur ricordare che fra i 36 opéra composti da Massenet compaiono Rome, opéra tragique (1912, l' ultimo anno della sua vita) ed Esclarmonde, di un caratteristico genere chiamato opéra romanesque.
Paul Marie Théodore Vincent d' Indy, decenni dopo, percorrendo anch' egli la via Appia e strade da essa diramatisi, si imbatte in un pifferaro ed in uno zampognaro, "devant la Madone des Tre Capannelle (Campagne romaine)", riportato come sottotitolo in Aubade, sesto souvenir de voyage nella sua raccolta Sept Chants de Terroir pour PIANO à 4 mains sur des Thèmes Populaires de divers pays Op.73 (1918). (Sette Canti di Terra per PIANOFORTE a 4 mani su dei Temi Popolari di diversi paesi). E d'Indy, ancora non contento delle documentarie precisazioni, specifica pure ad inizio di pentagrammi musicali in prima pagina, in alto a destra, "Zampognari". Il referente brano propone, come da Novena per il Natale, il Tu scendi dalle stelle di S. Alfonso Maria de' Liguori, ma ... nello stile esattamente ascoltato e fedelmente riproposto, così come avvenne in quel luogo, in quell' Avvento, quel Natale, quel Capodanno e quell' Epifania di quell'anno: è una pastorale pifferata-zampognata di devozione davanti ad una edicola mariana di culto, una delle tante che scandiscono la via Appia a partire da Roma e lungo le strade circondariali. L' armonia modale che «zampognariamente» compresenzia e fa gravitare intorno al suono basso fondamentale la conosciuta, popolare nenia natalizia è quella che ancor oggi noi ascoltiamo e riconosciamo nei suoi cardini sonori, dal d'Indy arricchita con ricercati movimenti nelle parti e nella polifonica risultante fra di esse, quasi volesse imitare con moderna, novecentesca disinvoltura quelle arcaiche, transeunti, a volte occasionali dissonanze di stile popolare; uno stile scevro da regole severe di scuola musicale compositiva.
Da rilevare che il primo titolo di questo souvenir natalizio dai Castelli Romani, Aubade (Albata o Canto all' alba), rimanda sia ad una forma musicale vocale e/o strumentale omonima praticata e tramandata per iscritto nel Medioevo, che appunto celebrava l' alba, sia e soprattutto ad una praticata, folclorica, mediterranea forma, in questo caso più conosciuta col nome di mattinata.

A questo punto vien spontanea la domanda: c' erano pifferari ("biferari") e zampognari locali, ovvero "de li Castelli"? o erano itineranti dalla vicina Ciociaria, o dal Molise o dagli Abruzzi? Un raro repertorio dalla minuziosa iconografia a disegno, a stampa, a dipinto sulla vita popolare nei Castelli Romani sulle boscherecce danze ci indirizza: come, ad esempio, la stampa ad inchiostro nero del tedesco Johann Christian Reinhart titolata Aricia, che ritrae una scena di coppia di danzatori proprio in quel bosco, con tanto di giovane capraio e gregge di capre che se ne va sullo sfondo a destra, anno 1793! Zampogna e zampognaro non si vedono, ma la caprina «materia prima» per l' otre dello strumento c' è!
Le originarie civiltà agro-bosco-pastorali dunque praticavano la musica su strumenti a fiato a canna e a canne con otre ovino o caprino; le tracce oggi come oggi si sono perse lungo le generazioni autoctone. Ci incoraggi come espressiva scena e come data la stupenda stampa a colori in data 1890 circa che il N.866 del Münchener Bilderbogen riprodusse in folio, dedicato Zur Geschichte des Kostüme (Per una storia del costume), dove spiccano Genzano (due donne) e Pifferario (neapolit. Appenninen), che qui visivamente riproponiamo. È opportuno ricordare che allora alcune carte geografiche indicavano le alture da Roma in giù come appartenenti all'Appennino Napolitano.
Nel 1895 circa Giuseppe Primoli operò una rarissima foto sul ponte di Ariccia, dal titolo La famiglia dello zampognaro, che immortala zampognaro e suo caratteristico strumento laziale, con famiglia: documento approfonditamente studiato da Leonardo Casale, attuale, coraggioso zampognaro aricino.

Procedendo con l' anno solare, giungiamo alla festa cristiana del Corpus Domini nella quale fu concepita l' Infiorata di Genzano, almeno a partire a partire dall' anno 1782, se non prima. Sempre nel numero 95 di questa rivista, mese di ottobre 2010, alla trattazione dei Balli nei Castelli Romani abbiamo riportato Blomsterfesten i Genzano (La Festa dei fiori a Genzano), balletto creato da August Bournonville nel 1858 con musica di Edvard Mads Abbe Helsted e di Holger Simon Palli, tutti danesi, musica lungo la quale irrompe uno stupefacente Saltarello. È opportuno qui menzionare quelle scene musicali del balletto che furono estrapolate per una apposita, coeva edizione pianistica Wilhelm Hansen in Kjøbenhavn, quasi a ricordarci il susseguirsi delle fasi salienti della reinterpretazione di tal festa: Vals, Saltarello, Processions Marsch.

Una festa riconosciuta sia in pubblico che in privato è la domenica, giorno del Signore, come da civiltà cristiana. Le Dimanche dans une osteria per pianoforte di Jeanne Leleu (Prix de Rome nel 1923), brano e compositrice che abbiamo già ricordato ancora nel numero 95 di VIVAVOCE, mese di ottobre del corrente anno, sempre nel breve saggio sui Balli, celebra l' ebbrezza da vino in quella mezza giornata settimanale di riposo e svago, anche rituali, che i contadini, abitanti e viandanti (non solo dei Castelli Romani) avevano. Come viene riprodotta in musica? Con un ritmo che «cammina male», poiché zoppica su un ritmo doppio 3/4 + 4/4, così come si muoverebbe un bevitore «bevuto», in transe da vino. Lo stesso brano viene vivificato a sorpresa da due squarci musicali di danza a bolero; conclude la fortemente corale, ritmicamente irregolare ebbrezza del trascinante finale in progressivo, estatico svanendo. Questo riferitissimo brano è il 7° nella pianistica raccolta En Italie dix pièces pour piano (Paris 1928), che Leleu scrisse esplorando il Lazio e regioni limitrofe.
Nel 1883, il laico progetto in vista di una festa-ricordo de e per gli abitanti in Albano al loro conterraneo musico Luigi Antonio Sabbatini (Albano 1739 - Padova 1809) fece sì che rimanesse una musica a stampa «servibile anche per pianoforte», dal titolo Per un monumento ... ! [da erigersi in Albano Laziale al celebre Maestro di Musica/ Luigi Antonio Sabatini (sic!)], editore in loco R. Sannibale.

Alcune horae del giorno, alcuni giorni della settimana, alcune settimane dei mesi, alcuni mesi delle stagioni, e le stagioni dell' anno erano occasione di festa, secondo le sedimentate tradizioni luogo per luogo: nei Castelli Romani anche il pianoforte ci ha ricordato che si festeggiavano l' alba del giorno, la domenica della settimana, le settimane dei mesi di Novena, le Ottobrate di vendemmia in autunno ed il compimento della primavera in fiore prima del solstizio d' estate nell' anno solare .... insieme ad altre molteplici e varie occasioni a cui musicisti viaggiatori e/o semplicemente testimoni assistettero, magari coinvolti: occasioni descritte e riesperite sui due pentagrammi di pianistici pezzi, sparsi per il mondo e al mondo ... quasi ad estendere complici "partecipazioni" ad esse feste.

 

Per la rubrica Musica - Numero 97 dicembre 2010