Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Pepite

Conversando con Giorgio

Intervista al maestro Giorgio Battistelli, reduce dal concerto tenuto presso la sede dell’Unesco di Parigi dove ha rappresentato l’Italia con la 228sima replica di Experimentum Mundi

Incontro il maestro Giorgio Battistelli nella sede dell'associazione "Archivio di Experimentum Mundi" in un caldo pomeriggio di giugno. Un attimo, un sorriso e l'esclamazione "Maurizio", in un attimo sono tornato indietro di quaranta anni!. Giorgio ed io ci conosciamo dai primi anni Settanta quando, poco più che ventenne, cercavo di terminare gli studi universitari in una facoltà perennemente occupata, e lui era un diciottenne ribelle che faceva uscire magici suoni dalla sua batteria, in fumose discoteche dei Castelli Romani. Il ricordo che ho di quei tempi è di un batterista geniale che era riuscito a nobilitare uno strumento da sempre considerato "servo" delle chitarre elettriche. Si andava con gli amici ad "ascoltare la batteria di Giorgio", piuttosto che il suo complessino "Beat 72". Di lui non ho saputo più nulla, finché un giorno, era l'estate del 2008, leggendo "La Repubblica" scopro che (1)Giorgio Battistelli è considerato dalla critica internazionale uno dei più grandi compositori del mondo. Accademico di Santa Cecilia, direttore della Biennale Musica di Venezia e poi della Fondazione Arena di Verona, insignito dal Ministero della Cultura Francese del prestigioso titolo di Chevalier de l'Ordre des Arts et des Lettres.
Dopo tanti anni di esilio volontario, Giorgio ha deciso di ritornare nel suo paese natio, spinto da un gruppo nutrito di suoi vecchi amici ed estimatori che ha fondato l'associazione "Archivio di Experimentum Mundi" e che sta premendo per un suo coinvolgimento nelle iniziative culturali in fase di pianificazione da parte della nuova amministrazione comunale. Perché, è inutile nasconderlo, per Albano e per tutti i Castelli Romani, Giorgio Battistelli potrebbe essere il punto di riferimento per tanti giovani che amano la musica e il teatro e, quindi, non potevo lasciarmi scappare l'occasione per fare due chiacchiere con lui. (M.B.)

Qual è il rapporto di Giorgio Battistelli con la sua città natale e, più in generale, con i Castelli Romani?
Nei lunghi anni in cui sono stato lontano da qui, prima per motivi di studio e poi per lavoro, ho sempre desiderato, un giorno, di ritornare a vivere qui. I valori della cultura contadina e la dimensione della provincia non mi hanno mai abbandonato. Quei valori che all'inizio, nelle grandi città come Berlino, Parigi e New York, sembravano quasi essere di ostacolo alla mia formazione culturale, sono stati poi quella forza che avevo in più degli altri e che mi hanno permesso di essere, dal punto di vista professionale, quello che sono oggi. È l'atto che ha sancito l'amore e il mio attaccamento ad Albano è stato poi Experimentum Mundi che ho scritto nel 1981 quando avevo 28 anni.


Come nasce l'idea di scrivere questa opera che ti ha dato tanta fama e che ha fatto conoscere la nostra città in tutto il mondo?
Un giorno camminando per Piazza Pia, mi sono accorto che il ciabattino, Pietro, batteva sui chiodi seguendo un ritmo "musicale" e, nel contempo, capivo che questo mondo fatto di piccole botteghe artigianali stava scomparendo. Da qui l'idea di ritagliarne una parte per metterla in scena e farla vivere ancora, per renderla immortale. Quindi, cercare di avere, di questo mondo, non un ricordo statico come in un museo, ma un ricordo dinamico fatto di musica e di teatro.

Ti sei mai chiesto il motivo per cui questa opera è così apprezzata dal Ghota della musica internazionale e perché così tante richieste di repliche in tutte le parti del mondo che in quasi trent'anni non sono mai cessate?
Penso che sia una risposta alle tante domande dell'avanguardia artistica, la relazione tra il movimento e la musica e poi, certamente, la verità che viene fuori da Experimentum Mundi. L'opera è un puro esempio di action music, non è una rappresentazione di una realtà, non è un'azione coreografica, ma è proprio realtà. Il bottaio, il falegname, il ciabattino, il fabbro, l'arrotino, il pasticcere, non simulano la loro attività ma realizzano, durante l'esecuzione musicale, la loro opera artigianale. È questo che ha affascinato il pubblico di tutto il mondo. Dai cinesi, ai maori, dai canadesi agli africani.


Un'opera eseguita in tutto il mondo e mai ad Albano, perché?
Perché ritengo che per apprezzare Experimentum Mundi ci sia bisogno di una decontestualizzazione tra chi la esegue ed il pubblico che l'ascolta. Ad Albano si perderebbe il fascino della scoperta di valori e di suoni lontani dalla realtà in cui si vive.


In 29 anni cosa è cambiato nel gruppo di artigiani che ti hanno accompagnato in giro per il mondo?
Io ho iniziato con i nonni degli attuali artigiani. Per esempio, all'inizio il bottaio era Fernando Sannibale, poi è subentrato il figlio, Alfredo, e adesso c'è il nipote, Mario. E così è anche per gli altri mestieri, vengono tramandati come fosse una vera e propria tradizione famigliare.


C'è un aneddoto, in particolare, che ricordi del rapporto tra questi artigiani e il mondo della musica?
Mi è rimasta impressa una dichiarazione che Fernando fece al giornalista di Le Monde dopo un'esibizione al prestigioso Beaubourg di Parigi. Fernando disse che era rimasto meravigliato nel vedere tutte quelle persone applaudire, quando, normalmente, lui a Piazza Pia doveva sempre discutere con i vicini per il rumore che faceva quando costruiva le sue botti. In questi anni, gli artigiani che hanno collaborato con me hanno una profonda consapevolezza del loro lavoro. Persone che, in qualche modo, si sentivano emarginate perché facevano lavori considerati umili, hanno acquisito la colpevolezza del loro valore e sono diventati più sicuri, più forti.


Qual è la tua visione dei Castelli Romani di oggi?
Vivo un'immagine che è fortemente interiorizzata e che spesso non corrisponde alla realtà perché è un mix tra i Castelli dei miei vent'anni e i Castelli che vorrei. Secondo me, in questo territorio ci sono ancora dei luoghi magici, ricchi di storia e di cultura ancora inesplorata. C'è bisogno, però, di un progetto, di un'idea, sulla quale lavorare, magari con un gruppo di persone, come quelle che erano qui, oggi.


Quale sono le iniziative che ha in programma l'associazione culturale Experimentum Mundi?
Sicuramente inizieremo organizzando alcuni incontri con noti esponenti della cultura italiana e poi in autunno abbiamo in programma una serie di incontri nelle scuole di Albano per parlare di musica e di vecchi mestieri. L'idea è di prendere Experimentum Mundi con pretesto per ragionare sulla musica di oggi e sui valori della nostra tradizione


Giorgio, qual è il consiglio che ti sentiresti di dare ai nostri amministratori?
Cercare in tutti i modi di far riemerge l'orgoglio di appartenere a questi luoghi, orgoglio che si è affievolito e disaggregato. Recuperare la nostra identità attraverso una serie di operazioni culturali. Pasolini diceva "le parole sono come pietre", ebbene proprio dalla cultura è possibile "edificare" città diverse da quelle che sono oggi, città aperte verso il mondo ma gelose e orgogliose della loro cultura e delle loro tradizioni.(Mario Fioravanti)

Per la rubrica Pepite - Numero 93 luglio 2010