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- Numero 51 aprile 2006
Lavoro ed Imprenditoria = Cultura a pieno titolo
Riflessioni su Per niente facili: incontri per chi fa impresa
Nell' Antico Casale di Colle Ionci a Velletri mi è capitato di assistere ad una delle cinque conferenze organizzate dalle biblioteche dei Castelli Romani sul tema della leadership, quella volta dedicata alla vicenda esemplare di Vatel, maestro di cerimonia del principe di Condè al tempo del Re Sole, ripercorsa attraverso un film nell'interpretazione magistrale di Gerad Depardieu. E'stata intanto una bella sorpresa che fossero le biblioteche a prendere un'iniziativa di questo tipo, mostrando che parlare di lavoro e di imprenditoria è cultura a tutto titolo, perché è proprio nel lavoro che una società mostra la propria cultura di vita. In quanto alla conferenza, il dr. Andrea Abbatelli dell'ISDA l'ha svolta con grande perizia leggendo la figura di Vatel come quella tipica di un manager intermedio, schiacciato tra il dovere di realizzare l'obiettivo (riappacificare il Principe di Condè con suo nipote, il Re Sole, attraverso la riuscita di una straordinaria ospitalità per tutta l'immensa corte reale) e le difficoltà di rapporto con il Potere, rappresentato dai tanti potenti che entrano nel gioco e lo rendono assai difficile: Vatel si destreggia con grande abilità e soprattutto riesce a realizzare una cerimonia superba tenendo in pugno tutti i propri collaboratori uniti in una squadra perfettamente funzionante. L'esito è però drammatico perché Vatel, gravemente umiliato al tavolo dei potenti, si suicida: il dr Abbatelli interpreta questo esito come una sconfitta, segno di un'insufficiente intelligenza sociale che avrebbe dovuto sostenerlo nelle complesse relazioni con la capricciosa e pericolosa corte di Versailles. Al contrario trovo lecite altre due chiavi di interpretazione.Vatel è il preludio di un mondo nuovo, tant'è che la sua etica è quella del lavoro ben fatto e poggia sul rispetto della dignità dei propri dipendenti: e finisce per uccidersi proprio quando capisce che non c'è la possibilità di cambiare; si sente un "cittadino" e viene invece giocato al tavolo del Re come un suddito, come fosse “un segugio”; Vatel ha la stessa morale de La chiave a stella di Primo Levi. Vatel è anche il tipico dirigente che vuole trasformare la realtà, migliorarla, ma per quanta "intelligenza sociale" ci metta non può vincere un mondo estraneo del tutto alla propria etica. Nemmeno 100 anni dopo ci sarà la Rivoluzione francese ed oggi Vatel viene ancora ricordato mentre dei personaggi della corte del Re Sole s'è persa memoria, se non per gli studiosi. Mi pare che invece nella lettura del dr. Abbatelli prevalga un'interpretazione del ruolo del manager volto a realizzare l'obiettivo adattando le relazioni con i vari “giocatori” alle loro inclinazioni e al loro peso di potere. Certo in questo modo si raggiunge il successo, ma c'è un limite: cos'è il successo? Il riconoscimento sociale o il risultato? I creativi hanno sempre vita difficile con l'entourage, ma allora cosa consigliare? Adattarsi o insistere? Sono per la seconda via, perché il mondo è andato sempre avanti per mano di chi ha forzato le idee correnti magari a proprio scapito ma segnando la storia.