Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Eventi

S.Nilo di Grottaferrata Un'isola di grecità in terra latina

L'Abbazia di Santa Maria di Grottaferrata, comunemente nota come Abbazia di San Nilo, è detta Badia Greca perché negli oltre mille anni della sua storia ha conservato, più o meno forte, il legame con la sua radice "greca", ossia bizantina. In passato, infatti, col termine greco era identificato il mondo bizantino che aveva in Costantinopoli la sua capitale.
Questa particolare connotazione dell'Abbazia criptense non appare però immediatamente agli occhi del visitatore, che si trova, infatti, davanti la mole di un imponente castello di fine XV sec. I torrioni massicci, le cortine dei bastioni con le mura coronate da camminamenti merlati, l'alta mole del mastio munito di rivellino e il largo fossato mostrano una organicità di progetto concepito per la difesa da assedi e da attacchi portati sia con le tradizionali armi da lancio sia con le nuove bocche da fuoco. E' questo il sistema difensivo che il cardinale Giuliano della Rovere volle a protezione del monastero: il nome del cardinale appare sul titulus posto sopra il bel portale rinascimentale da cui un tempo si calava il ponte levatoio.
Solo dopo aver varcato l'attuale ampio portale d'ingresso appaiono i primi segni di "grecità". Le piantine di un'aiuola compongono la frase di benvenuto ai visitatori: XAIPETE ENOI; addossata ad un muro una Vergine bizantina (M. Roncaccia, 2004) riproduce la preziosa icona mariana conservata nella chiesa monastica; al centro del piazzale si eleva la severa statua bronzea (R. Zaccagnini, 1904) del fondatore dell'Abbazia San Nilo da Rossano Calabro con il pastorale bizantino sormontato dai due serpenti affrontati (Mt 10,16 : "siate prudenti come i serpenti").
Il Bios (Vita) di S. Nilo, capolavoro della letteratura agiografica italo-bizantina, composto in greco pochi anni dopo la morte del Santo (1004) da un monaco criptense -forse il suo discepolo S. Bartolomeo- narra che Nilo nacque a Rossano, importante città della Calabria, terra che in quel tempo era un tema (provincia) bizantino, quindi sotto il dominio dell'imperatore di Costantinopoli.
Dunque è nel mondo bizantino che il Santo si formò dal punto di vista culturale e religioso; qui maturò la sua vocazione ispirata alle esperienze monastiche orientali e costantinopolitane. Dopo una lunga peregrinazione che lo portò a fermarsi nei pressi di Montecassino prima e a Gaeta poi, all'età di 94 anni raggiunse i nostri colli. Come narra il Bios, Nilo fu un personaggio di rilievo nella sua epoca, conosciuto e stimato anche dai potenti sia in Calabria che nelle terre latine. Perfino l'imperatore Ottone III lo teneva come suo padre spirituale e gli aveva reso omaggio in uno storico incontro a Gaeta. Non deve stupire quindi che il potente conte di Tuscolo Gregorio I abbia offerto in dono al vecchio monaco un terreno, definito akatàskeuos (non predisposto), cioè sprovvisto di qualsiasi struttura necessaria all'insediamento monastico. I monaci però seppero trarre profitto dalla presenza nel sito dei solidi resti di un'antica villa romana che facilitò l'edificazione del Monastero. Inoltre l'acqua abbondante del rivo dell'Acqua Mariana offriva energia per alimentare opifici e mulini.
All'epoca di San Nilo e dei primi ecumeni (abati) criptensi la cristianità era indivisa, cioè le Chiese di Roma e di Costantinopoli erano in comunione, pur seguendo riti diversi. Quando nel 1054 la crisi fra il Patriarcato di Costantinopoli e il Papato portò allo scisma fra Ortodossi e cattolici, i monaci di Grottaferrata, che si trovavano già dalla fondazione nel territorio metropolitano del Papa, rimasero in comunione con la Chiesa di Roma. Tuttavia non abbandonarono la loro tradizione liturgica e spirituale, continuando a cantare "le lodi divine e gli uffici in greco" (da I Commentari di Pio II che visitò l'Abbazia nel 1463), così come è prescritto nel Typikòn liturgico, il libro che nei monasteri bizantini riporta giorno per giorno le preghiere e le istruzioni per il corretto svolgimento delle funzioni religiose. (Nella biblioteca abbaziale si conserva l'antico Typikòn redatto nell 1299-1300).
Si deve considerare che la presenza di monaci greci a Roma e nei suoi dintorni era diffusa. E' documentata l'esistenza in età medievale di numerosi monasteri di rito non latino in città (es. S. Saba sull'Aventino) e nel suburbio (es. SS. Anastasio e Vincenzo alle Tre Fontane) dove confluivano religiosi provenienti da regioni orientali ma anche dall'Italia meridionale e dalla Sicilia. Dopo lo Scisma d'Oriente (1054) e a seguito della dominazione normanna nel sud d'Italia, cominciò il declino del monachesimo greco a Roma. Grottaferrata è sopravvissuta grazie ad una serie di circostanze favorevoli quali la protezione dei Papi, un patrimonio consolidato, il contatto con quelle realtà religiose cattoliche della Calabria e della Sicilia che avevano mantenuto il rito bizantino e che sono state fonte viva di vocazioni.
La comunità monastica di Grottaferrata segue dunque il rito bizantino-greco. Questo esige che gli spazi destinati alla liturgia abbiano particolari caratteristiche. Ecco perché al centro del piazzale davanti alla chiesa si trova una fontana zampillante: è la Fontana Liturgica, attorno alla quale il 6 gennaio si svolge la suggestiva cerimonia della Benedizione delle Acque (megas haghiasmos). La basilica di S. Maria, affiancata da un campanile romanico in laterizio a sei ordini di trifore, è un edificio romanico-gotico caratterizzato all'esterno da una bella sequenza di archetti pensili e lesene appartenenti alla fase romanica, e da bifore e rosone gotici pertinenti ad una successiva goticizzazione. Il portico colonnato (pronao) non immette direttamente all'interno della chiesa, come nelle coeve chiese di rito latino, ma si apre sul nartece, un vestibolo necessario allo svolgimento di particolari liturgie monastiche. Si entra in chiesa attraverso la porta speciosa, mirabilmente ornata da un'incorniciatura marmorea decorata con cornici classicheggianti e con un bellissimo fregio a girali abitati (XI-XII sec.). Sotto la cimasa del portale corre un'iscrizione greca che riporta versi del grande monaco costantinopolitano S. Teodoro Studita (IX sec.) :" Voi che state per entrare nella casa di Dio lasciate fuori l'ebbrezza delle sollecitudini terrene, affinché troviate dentro propizio il Giudice". E proprio il Cristo Giudice benedicente, con la Vergine e il Battista ai lati, è rappresentato nel sovrastante mosaico della Deesis (Supplica), secondo un'iconografia molto diffusa nel mondo bizantino.
L'interno della chiesa può suscitare un iniziale sconcerto per l'eterogeneità stilistica delle opere d'arte e della decorazione, ma ad una lettura più approfondita risulta di grande intreresse poter considerare le diverse testimonianze artistiche che sono il prodotto della complessa storia millenaria del Monastero. Al periodo medievale risale lo splendido mosaico della Pentecoste sull'arco absidale (inizio XIII sec.), ritenuto opera di mosaicisti già attivi nel duomo siciliano di Monreale. Al centro della composizione è il trono vuoto (Etimasia) e non è forse casuale che ai lati del trono siano raffigurati, primi fra gli Apostoli, S. Pietro, fondatore della Chiesa di Roma, e S. Andrea, fondatore della Chiesa di Costantinopoli. Sopra il mosaico sono visibili affreschi del XIII secolo con la rappresentazione della Trinità secondo il modello costantinopolitano detto "della Paternità". Nel pavimento della navata centrale si conserva ancora la grande rota porfiretica e un ampio riquadro "cosmatesco" che costituisce l'antico pavimento della schola cantorum medievale.
Il lungo periodo della commenda (1462-1816), ossia quando l'Abbazia era guidata, su nomina pontificia, da alti prelati (abati commendatari), ha lasciato notevoli testimonianze fra cui il soffitto a lacunari (committenza del cardinale Alessandro Farnese, 1577) e la monumentale struttura barocca (committente il cardinale Francesco Barberini, 1665) che oggi costituisce l'iconostasi, la quale divide l'area dei fedeli dalla zona (vima) in cui si trova l'altare, secondo le norme della liturgia bizantina. Inoltre risale al 1754 la decorazione tardo-barocca con scene della vita della Vergine negli ovali in stucco.
La presenza delle icone, in particolare quella dell'antica icona della Theotòkos (Madre di Dio) rappresentata nel tipo della Odighitria (che indica la Via) incastonata nell'iconostasi, sottolinea l'importanza delle immagini sacre nella spiritualità bizantina.
Sulla navatella destra si apre la celeberrima cappella dei Santi Fondatori Nilo e Bartolomeo, affrescata dal Domenichino (1610), commissionata dal cardinale Odoardo Farnese.

I monaci di Grottaferrata appartengono alla Congregazione d'Italia dei Monaci Brasiliani. La sua istituzione risale al 1579 quando, per volontà di Gregorio XIII, i monasteri di rito bizantino furono riuniti in un unico Ordine, sotto la regola di S.Basilio. Oggi Grottaferrata è l'unico rimasto.
Dal 1937 il Monastero è esarchico, cioè immediatamente soggetto alla S. Sede e dunque non dipendente dal Vescovo locale. La cura episcopale del monastero è affidata all'egumeno in carica che ha il titolo di Archimandrita Esarca.
La proprietà di tutto il complesso architettonico, chiesa, convento, biblioteca,... è statale. Infatti nel 1874 l'Abbazia, incamerata dallo Stato Italiano, è stata dichiarata Monumento Nazionale e la sua custodia affidata ai monaci. Ancora oggi i monaci di Grottaferrata assolvono al compito di custodi del monumento, consapevoli di aver ereditato dai loro padri uno scrigno di opere d'arte e un prezioso patrimonio librario. Infatti nel Monastero è conservato un fondo di manoscritti greci il cui nucleo più antico è costituito dai codici portati dalla Calabria dallo stesso S. Nilo. Successivamente la raccolta iniziale si è arricchita con volumi prodotti a Grottaferrata, donazioni e acquisizioni, soprattutto quelle degli antichi codici greci provenienti dai monasteri italo-greci che andavano scomparendo.

Ancora oggi a distanza di mille anni l'Abbazia è un centro di cultura e di spiritualità che testimonia la vitalità di questa singolare "isola di grecità in terra latina".

 



Il GRUPPO ARCHEOLOGICO LATINO (GAL) - Colli Albani "Bruno Martellotta" è un'associazione volontaristica (ONLUS) che opera da oltre 30 anni per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico-archeologico locale.
Il gruppo è nato e si è sviluppato grazie all'opera di BRUNO MARTELLOTTA (Lugano 1915-Grottaferrata 2002), personalità di vasta cultura, profondo conoscitore della storia locale e appassionato divulgatore.
L'Associazione rende fruibili al pubblico due importanti monumenti: la Catacomba "Ad Decimum" e l'Abbazia di S. Maria di Grottaferrata

INFO
3409619736 settore Abbazia
3484066708 settore Catacomba
www.gruppoarcheologicolatino.org

Per la rubrica Eventi - Numero 80 aprile 2009