Vivavoce - Rivista d'area dei Castelli Romani

RIVISTA D'AREA DEI CASTELLI ROMANI

Architettura

Ugo Luccichenti architetto nei Castelli Romani

l’edificio polifunzionale della galleria Vittorio Emanuele a Frascati

Nato nel 1899 a Isola Liri, in Ciociaria, Ugo Luccichenti - destinato a diventare una delle figure più notevoli nella vicenda architettonica del Novecento romano - trascorre gran parte dell'adolescenza e della giovinezza a Grottaferrata, città natale del padre. Nel 1928 si laurea in Ingegneria a Roma e, dopo una breve parentesi lavorativa presso lo studio dell'architetto Rovelli di Genova, inizia la sua attività professionale nella Capitale, dove stabilisce la sua residenza e inizia la sua lunga e intensa attività professionale, mantenendo sempre un saldo contatto con i Castelli Romani dove svolge incarichi professionali, sia pubblici, sia privati. Non risulta che abbia mai collaborato con il fratello minore Amedeo, architetto, di otto anni più giovane, anch'egli protagonista (in società con Vincenzo Monaco) della scena romana ma più decisamente orientato verso opzioni linguistiche moderne e di matrice internazionale.
Tra le sue primissime opere risalenti agli inizi degli anni Trenta si annoverano il Monumento funebre per il cardinal Aurelio Galli nella cattedrale di Frascati (1930) e la decorazione delle sedi dei circoli più esclusivi di Grottaferrata come il Circolo Bianco e Nero e il Circolo Cobalto, così denominati dai colori utilizzati da Luccichenti per le decorazioni delle rispettive sale da ballo. Tra il 1936 e il 1938, progetta alcuni villini per la famiglia Pisani sempre a Grottaferrata.
Nel 1936 realizza la sua prima casa romana in via Panama, cui seguono le palazzine in via G. B. De Rossi e in via Giovanni da Procida del 1938; è del 1940 un'altra realizzazione significativa, la palazzina in via delle Muse, interessante esempio della sua raggiunta maturità compositiva.
Ma è con la ripresa del dopoguerra che prende il via la fase più intensa dell'attività professionale di Luccichenti - contraddistinta contemporaneamente da un continuo sperimentalismo e da un rigore della costruzione da lui approfondita fino al minimo dettaglio nel progetto - che lo porterà a lasciare nel tessuto urbano romano testimonianze rilevanti come la palazzina in via Fratelli Ruspoli (1949), l'intensivo in via Libia (1953-1954) e la palazzina in largo N. Spinelli (1954), solo per citare alcune delle sue realizzazioni più riuscite.
Tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta Ugo Luccichenti collabora con la Società Generale Immobiliare, partecipando, come scrive Giorgio Muratore, «con tanti altri intellettuali di valore, basterebbe fare i nomi di Pifferi e di Moretti per darne conto, alla elaborazione delle strategie tecniche e nella definizione della vera e propria immagine della Società» e realizzando per essa alcuni degli esempi più significativi dell'edilizia residenziale romana del Novecento.

 

 

Su incarico della Società progetta a Frascati, tra il 1947 e il 1949, il complesso comprendente la galleria Vittorio Emanuele II e il Supercinema, sull'area risultante dalla distruzione bellica della sede del seminario vescovile e compresa tra la piazza del Gesù e l'adiacente testata della piazza S. Pietro da un lato e via Paola dall'altro. Come molti degli edifici costruiti in Italia nel dopoguerra in sostituzione di porzioni di isolati distrutti dai bombardamenti bellici, la struttura è caratterizzata dalla compresenza di più funzioni: essa comprende venticinque locali per attività commerciali, nove ambienti per uffici, ventisei appartamenti e una sala cinematografica capace di 400 posti.
Il progetto del Supercinema è pubblicato sul numero nove di «Rassegna Critica di Architettura» del 1949, nell'ambito di una rassegna di recenti e recentissime sale cinematografiche: «Le pareti della sala sono a stucco bianco liscio e aggettato leggermente su di uno zoccolo di travertino compatto lucido. Questo, verso il proscenio si risolve in due ali che, riprendendo il filo della pensilina sovrastante il boccascena, definiscono esteticamente il vano. Ciò ha consentito al progettista di risolvere brillantemente l'attacco fra zoccolatura e proscenio sempre di altezze differenti. Il pavimento è in grigio, le poltrone in ciliegio rosato, il velario in velluto garanza, il fondale della platea in sughero naturale. La galleria e la platea sono concepite come ambienti a sé. Partendo dalla considerazione che l'altezza del soffitto è proporzionata alla vastità della sala e non a quella della galleria il progettista ha voluto fare della galleria un ambiente distinto affacciante sulla sala con un'ampia finestra a capote ».
Alla sala cinematografica (recentemente ristrutturata come multisala) si accede anche dalla galleria Vittorio Emanuele II sulla quale si affacciano i negozi. La galleria - coperta da una serie di telai in cemento armato alternati a grandi lucernari in vetrocemento - mette in comunicazione via Paola con piazza del Gesù.
Il volume ben si rapporta con gli edifici intorno: da un lato la facciata della chiesa del Gesù, dall'altro uno dei pochi edifici del tessuto edilizio frascatano sopravvissuti al bombardamento, che conclude l'isolato con le sue testate su piazza S. Pietro e su via Paola (nonché con il fronte longitudinale sull'interposta via Matteotti). L'andamento dinamico della facciata curva su via Paola contrasta con l'opulenza della struttura muraria, ancor più enfatizzata dall'uso di un materiale fortemente connotato come la pietra sperone che riveste l'edificio per l'altezza del piano terreno e riquadra le finestre, coassiali alle campate dei negozi. L'uso della pietra locale attenua, inoltre, il difficile confronto con la fontana seicentesca sulla testata di piazza S. Pietro, caratterizzata dalla presenza dello stesso materiale lapideo (in alternanza al travertino), cui l'edificio si trova a fare da sfondo.
Il ritmo serrato dei pilastrini dell'ultimo piano meglio evidenzia la zona del coronamento creando un contrasto chiaroscurale con la parete di fondo che, sul lato di piazza del Gesù, arretra decisamente lasciando lo spazio per un loggiato continuo.
Assai diverso il linguaggio architettonico adoperato nei quattro edifici INA Casa progettati sempre a Frascati e sempre nel 1949 in via Telegono, dalla cui analisi - svolta nell'ambito della tesi di dottorato su "L'edilizia residenziale pubblica della ricostruzione a Frascati" in corso presso il Dipartimento di Ingegneria Civile dell'Ateneo di Tor Vergata - ha avuto origine l'interesse di chi scrive per questa significativa figura di progettista. In questo caso, infatti, la dimensione "quasi rurale" dell'intervento richiede e consente un lessico vicino alla tradizione artigiana assolutamente lontano dalla ricerca e dalla sicurezza compositiva espresse, ad esempio, nella coeva palazzina realizzata in via Fratelli Ruspoli a Roma.
Luccichenti compie una seconda e ultima esperienza per l'INA Casa circa dieci anni dopo realizzando alcuni complessi edilizi in provincia di Foggia (1957-1960).
Ancora a Frascati Luccichenti realizza, negli anni Cinquanta, la sistemazione del parco di villa Torlonia (appena acquisito dal comune e destinato a parco pubblico) e firma nel 1961 il Piano Regolatore Generale con L. Giovannini, G. Guerrieri e L. Lapis.
Tra il 1961 e il 1963 guida il complesso e controverso intervento dell'Albergo Hilton a Monte Mario.
Proprio nell'area dei Castelli si chiude la lunga e operosa attività professionale di Ugo Luccichenti con alcune residenze a schiera per Cooperative d'abitazione a Castel Gandolfo (1972-73) e l'ampliamento e la ristrutturazione - nel 1976 - di casa Japoce, nella campagna di Frascati.

 

Per la rubrica Architettura - Numero 80 aprile 2009